AMA Calabria, Catanzaro e Lamezia attendono “Il Caso Jekyll”: parla l’attore Daniele Russo

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  06 maggio 2024 10:53

di CARLO MIGNOLLI

Attesa a Catanzaro e Lamezia per la messa in scena, l’8 e il 9 maggio alle ore 21 presso il Teatro Comunale e il Teatro Grandinetti, dello spettacolo “Il Caso Jekyll", tratto dall'opera di Robert Louis Stevenson e adattato da Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini. 

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Sergio Rubini e Daniele Russo sono i protagonisti dell’opera che esplora il tema del doppio e del confine tra il bene e il male in una Londra cupa e pericolosa. Attraverso un'avvincente narrazione noir, lo spettacolo guida il pubblico in un percorso investigativo che svela misteri e rivela verità nascoste. 

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Con delitti, interrogatori e un'indagine prefreudiana sulla duplicazione delle personalità, gli spettatori si trovano coinvolti in una vera e propria true crime story. Chi è il vero colpevole dietro gli eventi inquietanti che si susseguono? Questa è la domanda che il pubblico è invitato a esplorare, mentre si tuffa nel mondo oscuro e affascinante de "Il Caso Jekyll". Uno dei protagonisti, Daniele Russo, ha raccontato ai nostri microfoni la sua esperienza dietro le quinte e come si è immerso nell’interpretazione del personaggio.

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Sarà a Catanzaro e Lamezia, rispettivamente 8 e 9 maggio per la messa in scena de “Il caso Jekyll”, tratto dal testo di Robert Louis Stevenson. Com’è stato lavorare a questo progetto insieme ad un cast di assoluto livello diretto da Sergio Rubini, anche attore dello spettacolo?

«È stato per me un grande privilegio lavorare con Sergio, grande professionista e bravissimo regista sia di teatro che di cinema. In qualità di attore, ama gli attori e ti mette nelle migliori condizioni per poterti esprimere con passione. Aggiungo che è uno stakanovista e un perfezionista, anche a ridosso delle date cerca sempre delle eventuali modifiche per migliorare il testo. Non spreca un giorno senza stare a ragionare su quello che stiamo facendo e ció che si potrebbe fare».

Qual è stata la sfida più grande nell'interpretare il suo personaggio in un intenso thriller psicologico come questo?

«Si tratta di un personaggio ancora “giovane”, siamo ancora in una piacevole fase di ricerca. La prima sfida interessante è stata cercare i due personaggi, che sono facce della stessa medaglia, ma allo stesso tempo ben distinte. Successivamente, un’ulteriore sfida che mi ha proposto Sergio è stata quella di far permeare l’uno nell’altro, perché sono sì due personaggi, ma che abitano la stessa persona. Questa è stata la sfida più difficile, ma allo stesso tempo divertente, cercare le caratteristiche dell’uno nell’altro tentando di rimanere fedeli ai rispettivi percorsi».

L’adattamento teatrale di Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi è fedele alla versione originale? Quali sono, se ci sono, le differenze?

«Il testo è molto fedele, ma in un punto è stato completamente tradito. Parliamo di un testo di fine 800 e, secondo la visione di Sergio e Carla, anche studiosi della materia psicologica, rappresentava un precursore inconsapevole di quello che saranno tutti gli studi sulla psicanalisi di Freud e Jung, perché ci comincia a parlare del doppio quando ancora non se ne era mai parlato. Per farlo, a quell’epoca, Stevenson si serve di un pò di magia: per liberare Hyde, il dottor Jekyll nel romanzo utilizza una pozione magica. Ecco, in questo caso la loro visione è successiva agli studi di Freud e Jung, quindi non è la pozione a scatenare l’ombra, ma è l’inconscio. Il nostro testo, a mio avviso, è molto più psicanalitico. I due adattatori dunque non hanno stravolto il testo, semplicemente tradito in una parte, nel rispetto delle intenzioni».

È mai stato nella nostra regione? Come pensa possa rispondere il pubblico calabrese allo spettacolo?

«Sono stato in Calabria per lavoro, ma è da molto che non ci vengo. Sono molto curioso perché il teatro è materia viva, cambiano i generi, gli interpreti e gli autori, quindi non saprei a che tipo di teatro si è abituato nel frattempo il pubblico calabrese, dunque sono curioso di scoprire come possa reagire al nostro spettacolo. La Calabria storicamente è una regione che il teatro lo mastica, quindi sono ottimista».

Quanto è importante il teatro nell’educazione dei giovani?

«Karl Valentin scrisse il monologo “Il teatro dell’obbligo”, un pezzo satirico sul concetto di obbligare ad andare a teatro. Io ci credo molto. Al “Bellini” lavoriamo tanto per le scuole  e coinvolgiamo i ragazzi nella regolare vita del teatro. Credo che per i ragazzi il teatro possa avere una potenza che molti altri mezzi non hanno. È fondamentale oggi avvicinarli a questo mondo per la loro crescita personale».

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