Ho letto con particolare attenzione l’appello di Giuseppe Brugnano nato dalle parole di denuncia, dal grido alla città da parte di Padre Rocco Predoti. Non si può che condividere l’apprensione e la preoccupazione per il disagio giovanile che si manifesta in particolare nel quartiere marinaro della città. Una riflessione che deve essere quindi raccolta con attenzione e responsabilità anche da Confindustria dall’intero mondo imprenditoriale.
È evidente a tutti — e lo è anzitutto a chi, come le Forze dell’Ordine, è chiamato quotidianamente a gestire le ricadute più visibili del fenomeno — che la sicurezza non si costruisce alla fine della catena, ma all’inizio, attraverso un investimento serio e strutturale sulla formazione, sulla cultura, sul lavoro, sul senso di comunità da contrapporre all’isolamento sociale indotto dai tempi che viviamo e dall’individualismo che li caratterizza.
Un fenomeno che non può essere ricondotto alla sola responsabilità educativa delle famiglie, ma che chiama in causa l’intera comunità: istituzioni, scuole, associazioni, realtà produttive. L’apertura di un tavolo di confronto pubblico sul disagio giovanile trova nel in Confindustria ampio accoglimento: siamo, ovviamente, disponibili a fare la nostra parte.
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