Catanzaro, giovedì in scena per AMA Calabria “Le Bal”. Parla l’attrice Sara Valerio

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images Catanzaro, giovedì in scena per AMA Calabria “Le Bal”. Parla l’attrice Sara Valerio

  09 gennaio 2024 16:41

di CARLO MIGNOLLI

Sara Valerio e Giancarlo Fares sono i protagonisti dello spettacolo “Le bal – L’Italia che balla dal 1940 al 2001”, promosso da AMA Calabria, che andrà in scena al Teatro Comunale di Catanzaro l’11 gennaio alle ore 21.

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Il racconto, nato dall’idea di Jean-Claude Penchenat, si svolge in una sala da ballo frequentata da persone anziane e offre un’affascinante viaggio nel tempo attraverso la musica. Le coppie ballano, abbandonando gradualmente i loro vestiti grigi per ritornare ai magnifici anni '40. I sessant'anni di storia sono raccontati da 12 attori/danzatori, che cercano di trasmettere la forza comunicativa della musica, delle azioni e dei gesti. Dalla Seconda Guerra Mondiale alla liberazione, dal boom economico alle lotte di classe, dalla corruzione alle droghe, dal degrado alla paura dell'undici settembre e infine alla riconquista dei valori, il racconto esplode in energia, colori e poesia con cambi continui di atmosfera e costumi, accompagnato da note che hanno fatto la storia della musica.

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Sara Valerio si è raccontata, attraverso una breve intervista, ai microfoni della nostra redazione.

Sarà a Catanzaro l’11 gennaio per la messa in scena dello spettacolo “Le bal – L’Italia che balla dal 1940 al 2001”. Com’è stato lavorare a questo progetto insieme a suo marito Giancarlo Fares e Ilaria Amaldi?

«Lo spettacolo racconta la storia d’Italia dal 1940 al 2001 e prende spunto dal canovaccio di Jean-Claude Penchenat, da cui Ettore Scola trasse il film “Ballando ballando”. È un format rappresentato in tutto il mondo e ogni paese lo declina sulla storia della propria nazione. Siamo l’unica edizione al mondo autorizzata dall’autore ad arrivare fino al 2001 e si tratta di un lavoro molto particolare perché siamo dodici attori in scena, all’interno di una balera. La drammaturgia è affidata alla scelta musicale e noi in scena seguiamo la musica agendo con il corpo. Per quanto riguarda le collaborazioni, stiamo parlando di due professionisti assoluti con i quali è stato molto stimolante ed entusiasmante lavorare. È un privilegio per me lavorare con Giancarlo, mio marito da qualche mese e padre di mia figlia».

In cosa si differenzia il vostro spettacolo da quello originale di Jean-Claude Penchenat? Ci sono delle novità?

«La differenza sostanziale è che il nostro racconta la storia dell’Italia a differenza dell’originale che racconta quella francese. C’è inoltre una grande differenza sulle scelte musicali: Giancarlo ha fatto una selezione di brani di tradizione fortemente italiana con alcuni interventi di brani stranieri, a sottolineare alcuni momenti in cui il nostro paese è stato fortemente influenzato dall’estero. Ultimo elemento che differenzia il nostro spettacolo da quello originale è che il nostro, nel primo atto, dal 1940 fino alla liberazione propone una narrazione storica dei fatti. Il tutto è narrato sempre con ironia e leggerezza. I miei colleghi e colleghe sono straordinari nel raccontare un qualcosa che nessuno ha mai vissuto in prima persona».

Era mai stata in Calabria per la messa in scena di un suo spettacolo? Come pensa possa rispondere il pubblico?

«Siamo stati più volte in Calabria. Recentemente abbiamo collaborato con il “Calabria Jazz Festival” e devo ammettere che l’accoglienza è stata sempre molto bella e calorosa. Ci auguriamo che anche questa volta la Calabria confermerà la sua partecipazione allo spettacolo».

Quanto pensa sia importante, al giorno d’oggi, avvicinare i giovani al mondo della recitazione?

«Credo che sia molto importante perché stiamo vivendo un momento di grande difficoltà. Tutti i problemi che stiamo affrontando, come il femminicidio e altri atti di violenza, vanno a mio avviso affrontati attraverso l’educazione e non la punizione. In questo il teatro è una forma di crescita e conoscenza. Trovo interessante che si sia parlato di inserire il teatro come materia scolastica e mi auguro che ci sia l’affidamento a persone competenti».

Quali sono i consigli che darebbe proprio a dei giovani che decidono di intraprendere questa strada?

«Quello che mi sento di dire è di non fare affidamento solo sul successo effimero della nostra epoca. È un lavoro che ha bisogno di dedizione, sacrificio, studio e impegno e solo così si potranno ottenere dei risultati a lungo termine».

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