Cesare Battisti scrive dal carcere di Rossano: "La risposta delle strutture di potere dello Stato è stata micidiale"

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L'e terrorista dei Pac scrive dal carcere in Calabria

  15 ottobre 2020 20:02

"Quando presi la decisione di incontrare il Procuratore della Repubblica di Milano per assumere le mie responsabilità politiche e penali pensavo che 41 anni dopo i fatti l'Italia avesse consolidato una buona democrazia garantista e che lo Stato ne fosse un degno amministratore" e "purtroppo, la risposta dello Stato, attraverso le sue strutture di potere, è stata micidiale". Lo scrive Cesare Battisti, detenuto nel carcere di Rossano (Cosenza), in una lettera, inviata al suo legale Davide Steccanella, con la quale l'ex terrorista dei Pac torna ancora a contestare la sua condizione carceraria, da lui ritenuta troppo dura.

"Io ci ho creduto e mi sono assunto più colpe del dovuto - scrive - Non una decisione quindi interessata per ottenere benefici (sic) personali, ma un segno di pace e di compassione per tutte le vittime di un conflitto che ha creato una frattura sociale, qui da noi ma anche altrove. Mi sono fidato così come anche gli avvocati e alcune voci garantiste anche in seno alle istituzioni".

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E, invece, ritiene di essere stato "seppellito prima 20 mesi ad Oristano, e poi, indispettiti dallo sciopero della fame, mi precipitano nell'inferno di Guantanamo Calabro dove mi aspetta un isolamento indefinito, in un regime di gran lunga più feroce". E ancora: "Non si può, è ignobile giudicare oggi con gli occhi del passato. In 41 anni si cresce, non si affronta più la vita allo stesso modo. E lo Stato esiste per osservare e assistere le evoluzioni invece di rigettare ogni speranza nell'oblio". Battisti conclude così: "Io non sono un violento, appena uno scrittore che paga pena. A coloro che proprio non possono farne a meno, consiglio di trovarsi un altro mostro da esibire".

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