di FRANCO CIMINO
D’un tratto fu come se il cielo celeste di primavera e caldo come d’estate, sì spense. La bambina, che sognava di arrivare in chiesa con una carrozza trainata da sei cavalli bianchi, fu fatta scendere, invece, da un’auto lunga ed elegante. Ben lucida e pulita. Bianca. Come l’abito da sposa. L’aria divenne rattrappita, come se un bagno nell’acqua sbagliata la riducesse, irrigidendola. Nessun volo di uccelli. Neppure quello della sera del ritorno nei nidi, si udì. Nè si vide. Tutta che era la piazza piena, di gente urlante e acclamante, ammutolì. Nessun rumore, nessuna voce nessuna parola, si levò. Dicono che, invece, c’era chiasso. E rumore e grida e cori e urla da stadio. Ma non è vero. Si saranno sbagliati. La piazza non era quella della bambina che giocava, come fanno tutte le bambine a quell’età, a fare la donna. La donna bella, elegante, curata, qualche tocco di trucco e di rossetto, scarpe a tacco alto, jeans e pantaloni alternati all’abito da sera. Così giocano le bambine, da sempre. Iniziano a giocare a far le mamme. E, poi, cambiano gioco quando, magari, si sentono dentro un corpo che è cresciuto molto più dell’età. Portata sulle spalle da otto cavalieri vestiti di nero, la bambina, come assisa su un trono di principessa, che sta per diventare regina, quando attraversata la navata della chiesa, davanti all’altare incontrerà il suo principe-re. La bambina quel breve cammino fece. E all’altare arrivò. Non c’era nessuno nell’enorme chiesa, più grande di una cattedrale. Non c’erano invitati, non c’erano giornalisti, né curiosi. Solo vuoto e silenzio assoluto. Non c’era neppure il principe ad aspettarla per farsi coppia regale e regnante nel regno dell’amore. Ad accoglierla a braccia aperte c’era solo un uomo, alto, scuro nella pelle e negli occhi. Stasera ancora più scuri del sentimento indicibile, che la principessa accompagnava.. Quasi per mano quel sentimento la bambina portava. Lo porse a quell’uomo troppo bambino e troppo vecchio insieme, oggi. Lo chiamano il prete coperto di rosso. Lui cercò parole per salutarla. E non le trovò. Sfogliò lentamente e rapidamente, quei grandi fogli del libro ancora più grande. E pesante. Non trovò parole. Rovistò nelle tasche. Non le trovò neppure lì. Allungò le lunghe braccia su di lei, come a raccoglierla tutta in un abbraccio. Per farla sentire protetta. Ché nessuno potrebbe più farle male. Ma le sue braccia si persero. Come se le avesse tagliate il vento. E non l’abbracciò. La guardò soltanto, quel vecchio giovane piegato sulle ginocchia da tutto il dolore del mondo. Il dolore, che in quel momento era la bambina. Che silenziosa, guardando i suoi occhi, tutto diceva. Fu in quel momento che quel giovane vecchio, dalla pelle scura e dagli occhi ancora più scuri, neri, pianse. Forte. A singhiozzi soffocanti. Pianse come piangono i bambini quando perdono una cosa importante. Pianse lacrime vere. Lacrime di rabbia e poesia. Di dolore e di speranza. Per questo mondo smarrito che non riesce a ritrovare le luci lungo la via degli esseri umani. Pianse lacrime dure come “chicchi” di grandine improvvisa. Lacrime per questi giovani ingannati e abbandonati da tutti. Ragazzi che sono bambini ancora. Specialmente, quando escono da un sogno sbagliato. Quello di una società irreale. Senza idee disegnata in un paradiso virtuale, che tengono stretto tra mani e occhi, che si rompono, come il tempo nelle mani. Taluni si rifugiano, e non sono più pochi, dentro“ un’idea malata dell’amore“. E lì si giocano la vita, mentre la vita delle principesse massacrano. Quel prete è quella bambina, si presero per gli occhi e andarono lontano, da lì. Lei, la bambina principessa per andare nel regno della Belezza, in cui tutto è Amore e Luce. Lui, il vecchio giovane prete con la mantella rossa sulle spalle, andrà in quel vecchio capannone abbandonato, per incontrare i ragazzi e le ragazze che si vorranno perdonare per quei sogni sbagliati. Nel tempo bruciato ad inseguire al mattino idee ancor più sbagliate. Spero che torni, il prete. E presto. Con al seguito un esercito di giovani-bambini, che inizieranno a camminare, insieme, lungo il sentiero dell’Amore. Quello vero. Che non ha padroni e non si fa padrone. E che libera le donne, non le imprigiona. Le carezza, non le picchia. Le serve, non si fa servire. Vive di loro. E per loro. E l’unica cosa che roba, è il sogno dell’amata. Non per sottrarglielo. Ma per costruirlo insieme.
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