di ENNIO CURCIO
Tra le tante iniziative della festa piccante, che non commento per questioni di gusti, una ha fatto riflettere, per l'ironia ed il sarcasmo. Un mini "funerale" la cui bara portava impresso il nome del "defunto".
A morire, si fa per dire, era stato niente meno che "u lamentu", quella sorta di insoddisfazione perenne per
quello che si fa nella città di Catanzaro e, più in generale, in Calabria. Il "funerale", con al seguito maschere e figuranti, nel contesto carnascialesco della "festa piccante" era, probabilmente, anche un inno alla bontà dell'iniziativa, che non lasciava spazi a critiche o commenti.In altre parole, si è voluto "uccidere", il pensiero critico.Questo lo trovo "simpaticamente" pericoloso perché presta il fianco ad una sorta di delegittimazione del dissenso. Come a voler dire: se la pensi diversamente da noi, non stai esercitando un tuo diritto civico oltre che Costituzionale, ma invece ti "lamenti", cioè disturbi, quasi irriti.
Ora, a ben guardare, questo ha un comune denominatore con quell'atteggiamento di chi, stando al governo, non si sottopone al controllo della pubblica opinione evitando le conferenze stampa, perché i giornalisti si "lamentano" quando incalzano il potere. La "matrice" di pensiero è la stessa, anche se si chiama in ausilio il paradosso della satira.
Non si può essere democratici a fasi "variabili", perché altrimenti il prossimo funerale sarà alla libertà di pensiero. E questo è il lutto più grave per una comunità cittadina, la cui vera crescita sta nel confronto e nel dibattito. Attenti a derubricare come "molestatori" i dissenzienti perché l'alternativa è il pensiero "unico", quello che comunemente la sinistra contesta alla destra politica.
Ogni "regime" inizia con il ridicolizzare e poi finisce con il sopprimere il dissenso. Ma, naturalmente, siamo quasi sicuri, che la " festa piccante" non aveva questa finalità perché, alla fine, è soltanto una sagra organizzata bene da un imprenditore
molto capace ed a cui auguriamo la migliore fortuna, anche mangiando il morzello tra le vie di una città che,mai dimenticarlo, ricevette l'aquila reale nel suo stemma, perché difese strenuamente la sua libertá di pensiero.
E non saranno certo gli effluvi del vino, a farcelo dimenticare.
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