Franco Cimino: "È morto Cantisani, un grande prete, un vescovo illuminato, un uomo immenso, un catanzarese autentico, il mio amico vero..."

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images Franco Cimino: "È morto Cantisani, un grande prete, un vescovo illuminato, un uomo immenso, un catanzarese autentico, il mio amico vero..."
Franco Cimino
  01 luglio 2021 21:44

di FRANCO CIMINO

Alle nove e cinquantasette, dopo le preghiere del passaggio e le ultime parole di chi gli stava accanto in quel momento:” padre si lasci andare. Vada incontro a Gesù e dimori felice nella Chiesa del Cielo.” ha consegnato al cielo della Città il suo ultimo respiro. È morto dove è più lungamente vissuto. Dove più intensamente ha lavorato da prete nato vescovo ovvero da vescovo che non ha mai smesso di essere prete, per quella sua altezza morale unita alla dottrina, alla profonda cultura e alla sua innata capacità di guida nella chiesa e per la chiesa. Del popolo di Dio. E del popolo "civile”, perché Lui, Cantisani Antonio di Lauria, è stato un uomo grande nel pensiero e profondo nella fede. Da qui, quella Sua visione integrale dell’uomo e della società intesa quale comunità del vivere insieme.

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Una visione che gli ha sempre consentito di rifuggire da ogni integralismo e da quel cieco confessionalismo, che spesso hanno chiuso la Chiesa al confronto vivificante e costruttivo di cose nuove e belle. Uomo del Concilio, pienamente dentro il Concilio di cui non ha mai smesso di di studiarne i documenti, ha saputo mettere insieme, strettamente unendoli nel suo cuore, i due papi della Chiesa del cambiamento, interpretandoli, pur nella loro spiccata diversità-il Papa Buono e il Papa del rigore morale e della accesa cultura, il pastore semplice e il teologo illuminato-nella sua fatica dei sessantatré anni successivi. Anche per questo, è stato l’uomo delle grandi aperture mentali e degli sguardi lunghi sulla vita e sul mondo. Un uomo anche dalle grandi intuizioni politiche. E della Politica, quella vera. Quella bella. Quella educata ed educante, che mette al centro l’uomo e le sue battaglie per la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, quasi che il Vangelo sia la più grande consegna agli uomini per liberarsi e per liberare. Se stessi e gli altri. Una Politica ispirata e una Fede illuminata, le Sue, dalle incontenibili spinte profetiche. Basta per tutte la Sua antica missione per i migranti, che è andata oltre lo stesso ruolo di presidente della Commissione per i migranti, che gli era stata per lungo tempo affidata da Roma.

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Basterebbe rileggere le sue numerose relazioni, i documenti da lui preparati e gli studi che ha svolto su questo tema quando ancora il fenomeno non aveva raggiunto le drammatiche attuali dimensioni, per capire, sul piano morale prima e su quello culturale e politico poi, come il mondo avrebbe potuto già da tempo essere più libero e più giusto, anche nella concezione, tutta cristiana, che esso sia la terra di tutti, elemento del Creato, casa di ogni essere umano, nessuno escluso. Cantisani non ha mai smesso, neppure per un giorno, di essere il comunicatore della Parola, il maestro della Bellezza, lo stimolatore della ricerca della stessa in ogni persona Persona e in ogni angolo della Natura in cui trionfa la Vita e la vita dell’uomo. Incantevole il suo parlare, attrattivo il modo semplice con cui si portava, attraverso le cose profonde che diceva, al cuore di chi aveva la fortuna di ascoltarlo. Specialmente nelle omelie, sempre più inquiete e rassicuranti ancor più che passassero i suoi anni. Come facesse a invecchiare senza invecchiare mai, a crescere nel pensiero e nel sentire l’anima del mondo, a tenere quegli occhi di bambino sempre aperti sulla realtà, me lo sono sempre domandato trovando immediata risposta in lui stesso. E in quella sua fisicità frenetica quanto esile e piccola. E in quella intelligenza sempre pronta e in quello sorriso sempre aperto all’ottimismo e all’allegrezza. Soprattutto, mi sono domandato dove trovasse il tempo di scrivere tutti quei libri, così spessi in volumi di centinaia di pagine e per i quali sentivi tremarti le gambi solo a scorrere rapidamente la bibliografia. Bibliografia, che per lui non era soltanto un lungo elenco di titoli, ma libri in carta e inchiostro veri, che aveva letto e studiato.

Per tornare alla Sua Parola e ai suoi racconti di fede nell’uomo e in Dio Padre, spero, avendolo più volte sollecitato presso i suoi più diretti collaboratori, che molti dei suoi interventi e delle sue omelie, di questi ultimi dieci anni almeno, siano stati registrati, in modo da poterne godere quando ne avremo bisogno nei nostri giorni tristi e nel nostro pensare incerto. Ovvero, per facilitare il lavoro degli studiosi quando vorranno scoprire la grandezza culturale e pastorale di un vescovo intelligente e colto, che lascia al futuro una “biblioteca” di studi e saggezza straordinaria e preziosa. Antonio Cantisani ha dato tanto a tutti. Tantissimo alla Chiesa, la sua “ sposa”tanto amata e fedelmente servita fino all’ultimo dei suoi giorni. Ha dato tanto a Catanzaro, più di chiunque altro mai, che fosse catanzarese o cittadino adottivo. Ha dato la Sua lunga e bella fatica di Vescovo, la Sua vicinanza nei momenti più difficili per la Città ( ricordarsi anche dell’omelia tonante pronunciata in Duomo il giorno dei funerali delle vittime dell’alluvione su Soverato e della furia del Beltrame offeso). Ha dato le sue omelie “ politiche e sociali”, le sue denunce dei mali della Città , i suoi ammonimenti severi alle classi dirigenti inadempienti, il suo sprone ai catanzaresi ad amare di più la propria Città e le sue propositive indicazioni per correggere storture sociali e diseguaglianze, le evidenti ingiustizie e quelle sacche di arretratezza in cui si depositano la povertà, le più forti solitudini e le emarginazioni sociali inaccettabili, ed anche il rischio di devianze pericolose per la stessa tenuta sociale e democratica.

Ha dato il Suo amore per Catanzaro e i catanzaresi, la Sua conoscenza, metro per metro, dei tre colli su cui la Città si adagia, ancora resistente nella sua antica bellezza, nonostante le più feroci speculazioni edilizie subite. Ha dato l’esempio di come si possa amare e servire il proprio luogo di appartenenza. E, di più, l’insegnamento per poterlo imitare in questo amore incondizionato. Ha dato, lui maestro di vita, di fede e di pensiero, una lezione permanente di umanità, di curiosità per ogni cosa che riguardi la persona e i luoghi. Una lezione sul rispetto della dignità dei più piccoli, degli uomini semplici, degli sconfitti di questo sistema che emargina chi non accetta di prevalere con i metodi dell’arroganza, dell’egoismo, della bramosia di ogni forma di potere purché sia il prevalere sugli altri, il decidere della vita delle persone, il raccoglier o prendere per sé in danno degli altri, delle cose di tutti e dei beni comuni. Una lezione sui giovani, su come amarli davvero, senza nasconderli nella parola bugiarda, la retorica degli “arrotolatori” di frasi fatte, e nelle tasche delle strumentalizzazioni della loro condizione. Quelle tasche in cui vi è il tentativo di sedurli attraverso la via della loro rassomiglianza, o stimolata imitazione, a quegli adulti che hanno costruito una società che i giovani non comprende e i vecchi abbandona quando, addirittura, non li colpevolizza di essere diventati vecchi desiderando di vivere ancora più a lungo.

I giovani, per Cantisani, devono impegnarsi nella vita sociale e negli studi con spirito di sacrificio, imparando da subito una prima cosa: essere servitori degli altri, amanti della giustizia e cercatori della verità, mai del potere che, privo di etica e di cultura, è fonte di corruzione del loro essere uomini e testimoni puri del loro tempo. Tempo, che è sempre quello dell’avvenire, il futuro per gli altri. Per questi motivi, proprio a luglio del duemilauno( il quattordici prossimo avremmo festeggiato i suoi vent’anni di cittadinanza) ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Catanzaro. Risuonano ancora in quell’aula le sue parole di ringraziamento:” nulla interromperà il mio legame con Catanzaro. Il nostro è un legame d’amore. Da qui non me ne andrò mai, neppure dopo questa vita.” È così è stato. “

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