di FRANCO CIMINO
Sulla ripetuta controversia Regione-Tar sul problema - Scuola-Covid, tornata alla ribalta con l’ultimo decreto del presidente del Tribunale Amministrativo, riconosciute le capacità professionali degli avvocati ricorrenti e la serietà, nella competenza elevata, dei giudici chiamati alla decisione odierna, e contestato nuovamente l’eccesso di protagonismo di Nino Spirlì, il presidente facente funzioni, nonché le strumentalizzazioni politicamente miserevoli che intorno a questa e ad altre vicende regionali vengono portate a solo scopo elettoralistico, io la penso così come segue: non sempre, ma forse soltanto nei casi limite, un giudice può intervenire su atti politici conseguenti a valutazioni, giuste o sbagliate che siano, di carattere squisitamente politico. Valutazioni che possono e debbono essere giudicate, con possibilità di annullamento o modificazione, dagli organi istituzionali di vigilanza e di controllo.
È per questo che la Democrazia, specialmente quella italiana, “impone”, nello stesso organo istituzionale (l’Assemblea elettiva), la presenza, e con eguale peso e dignità, dell’esecutivo e del legislativo, ovvero la giunta e il Consiglio, nel quale ciascuno dei due livelli eserciti il potere della decisione complessiva.
Nel caso della pronuncia del TAR avverso l’ordinanza del Presidente ff con cui si ordinava la chiusura delle scuole per due settimane e il rinvio delle attività alla didattica a distanza, ritengo sia facoltà della Regione, come, nelle rispettive competenze, dei comuni e del Governo, di intervenire, nella propria autonomia, anche sul tema della sicurezza sanitaria e della gestione delle emergenze conseguenti alla pandemia in atto. Questa posizione viene rafforzata dal fatto, per me incontestabile, che sulla decisione politica intervengono valutazioni altre rispetto a quelle strettamente tecniche, numeriche e statistiche. Valutazioni che, se lette e valutate sul terreno più ampio, comprensivo anche della prevenzione di un avvertito imminente pericolo, possono acquisire un peso diverso da quello registrabile in altre sedi. Se così non fosse, idealmente la stessa “contestabilità” di un atto politico di governo, ancorché non concepibile sul piano giuridico, dovrebbe valere per tutte le decisioni assunte dal governo precedente e da quelle che starebbe per assumere la compagine presieduta da Mario Draghi, di cui si attende, ad ore, il famigerato DPCM. La decisione politica, invero, contiene il peso di una responsabilità enorme, su cui grava il carico di un giudizio di pari portata, qual è il sentimento e l’opinione dei cittadini e del popolo.
È per questo binomio inscindibile decisione-responsabilità che, proprio in queste settimane di fuoco per la Calabria, ci stiamo tutti lamentando dei ritardi e delle lentezze che, nel disordine e nella precarietà da terzo mondo, stanno gravemente condizionando la campagna di vaccinazione nella regione. Delle sofferenze e dei dolori (ricoveri e decessi compresi)provocati da tale assurda situazione, è evidente che saranno chiamati a risponderne su ogni terreno le diverse autorità su cui grava l’onore delle decisioni. Infine, una parola sulla scuola. La dico da padre e da uomo di scuola.
Basta con queste tensioni intorno alla istituzione formativa più importante. Intorno a sterili questioni di principio si sta giocando troppo sulla pelle dei ragazzi. Questo continuo tira e molla, apri e chiudi, da chiunque prodotto, e questo ripetersi di conflitti “ istituzionali”, su cui registrare vittorie e sconfitte personali o politiche, non giovano affatto alla didattica e neppure alla formazione culturale e morale dei nostri giovani.
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