La scuola di Vico dei Mercanti, il modello del Maestro Marziano: il ricordo di Lidia Elia

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images La scuola di Vico dei Mercanti, il modello del Maestro Marziano: il ricordo di Lidia Elia

  24 aprile 2023 15:32

di LIDIA ELIA

In città  si  parla  tanto dell’artista catanzarese Giovanni Marziano, scomparso  improvvisamente dopo una brevissima malattia che ha lasciato  nello sconforto  una moltitudine di persone tra cui  gli allievi della sua scuola d’arte , di cui faccio parte,  ancora sbigottiti e increduli  avendo  saputo solo alla sua morte, quanto grave fossero le sue condizioni di salute.

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Appresa la notizia, autorevoli  voci  hanno  testimoniato le doti artistiche del pittore,   l’importanza che la sua tecnica   assume nel panorama artistico-culturale nazionale ed   internazionale, senza dimenticare di delineare  la sua figura di   uomo caritatevole e generoso qual  era, una persona a cui vanno riconosciute straordinarie    doti  umane capaci di attirare su di sé ammirazione e tante amicizie.

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Il mio invece vuole essere un ricordo personale in cui si riconosceranno molti  dei miei compagni di bottega , un pensiero  che  sento di dovergli rivolgere perché   sebbene  fossi ancora  un'apprendista  imberbe, ero molto affascinata da quest’uomo così diverso, avevo l’impressione che fosse  un gradino più in alto di chiunque gli si affiancasse,  ma non per superbia o alterigia, semplicemente perché il suo modo di fare, di approcciarsi, di parlare, il significato delle sue parole, il modo che aveva di guardarti, tutto insomma era ad un  livello superiore,   il suo dire  non era mai banale e globalizzato, ma era  un  colto  linguaggio essenziale, niente fronzoli, niente sovrastrutture, niente ipocrisie, niente luoghi comuni;  rifuggiva le banalità, era una persona vera  dai modo gentili Giovanni e si sa, le due cose non sempre riescono ad  andare  a braccetto.

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Lidia Elia nello studio del Maestro Giovanni Marziano

Questo suo modo di essere si rifletteva nella scelta della sua tecnica pittorica; in un’intervista abbastanza recente aveva dichiarato che la pittura è il luogo dove si ragiona con se stessi. Vespignani era  stato il suo punto di riferimento definitivo, aveva abbracciato la sua arte   “ perché mi sono ritrovato nella sua concezione di pittura,: la pittura come fatto estetico e la pittura come fatto etico… per Vespignani  non c’era possibilità di fare pittura senza raccontare la verità.  Raccontare la verità è un fatto etico, farlo bene è un fatto estetico…

Il Maestro  si ispirava ai grandi della storia dell’arte e si definiva  soprattutto un fanatico di  Caravaggio perchè il grande pittore del seicento,  contemporaneo del nostro grande Mattia Preti,  amava la verità tant’è che i suoi modelli venivano dalla strada, persone vere che  nei suoi dipinti diventavano Apostoli, Madonne e Santi.

 La  pittura realista per Giovanni Marziano  era  l’unico modo per raccontare la verità.

 Nei suoi quadri spesso  appariva la tematica di porte e portoni   “perché i vecchi muri, le vecchie porte  sono come  colonne traiane dove non vengono scolpite le glorie delle gesta eroiche , ma le glorie del tempo che passa quel tempo che consuma  tutto ma non riesce a nascondere la vita che è passata attraverso questi muri, queste porte”.

Quando  qualcuno entrava nello studio   era una festa, chiunque fosse, dal fattorino al magistrato, dal ragazzo del  bar al professore universitario,   ma il suo preferito era il visitatore di passaggio, quello che entrava semplicemente per vedere i suoi quadri. Uno di questi una volta fui io, passai a salutarlo molti anni fa ed appeso ad una parete c’era un quadro grande, molto bello che ritraeva un pastore di spalle con la testa girata  a guardarsi indietro.  Quello sguardo fu per me come una calamita, non riuscivo a staccarmene e ad un certo punto dichiarai che mi girava la testa, era un’esperienza estatica mai provata prima. Lui tra il divertito e il beffardo mi disse “ hai la sindrome di Stendhal?”  era il famoso capogiro che prende davanti a un’opera d’arte per il forte stato emotivo che ti provoca.

Questo era il nostro Maestro pittore che non si smentiva mai neanche nel suo modo di essere uomo . Le sue qualità le percepivamo tutti e ce lo rendevano caro, prezioso, una persona affidabile tant’è che  non poche persone  gli rivelavano gli affanni  più intimi  del loro cuore perché lui  era rispettoso, ascoltava con attenzione  e    rispondeva  con  le parole giuste,  per poi conservare   il tutto  nel suo scrigno segreto e prezioso dell’amicizia che, avevo la sensazione,  portasse sempre in tasca.

Anche l’ironia era una sua caratteristica fondamentale, non quell’ironia pungente che nasconde un giudizio, la sua era a volte goliardica  a volte amara , parlando con lui era facile notare nelle sue espressioni il disincanto tipico di chi è rimasto più volte deluso magari da un amico o da chissà chi o cosa, e questo  inteneriva per la sua  sensibilità di rara bellezza che  non si poteva non cogliere standogli accanto.

Era un maestro rigoroso, come tutti i grandi artisti, “ stai attento alla luce….fai attenzione ai particolari… sei sicuro che l’ombra viene  da questa parte?... non tenere la tavolozza in disordine…pulisci bene il pennello…questo lo devi rifare ”;  quando passeggiava tra di noi io me lo sentivo dietro come il professore di latino ai tempi della scuola, ero ansiosa di sapere come stavo andando e temevo una bocciatura che, quando  arrivava , era sempre lieve, educata, costruttiva.

Che nella sua vita fosse stato maestro di scuola si percepiva in ogni momento del suo insegnamento. Il suo era un metodo  per “tentativi ed errori” ; lui dava le indicazioni e poi dovevi fare da solo perché  doveva essere dura imparare in quanto  “senza rigore  non c’è insegnamento, senza sforzo non c’è  apprendimento”. Lo sapevo bene anch’io  da pedagogista per passione e professione, ed era un metodo che se riuscivi a sopportare il peso dell’errore di popperiana memoria , ne uscivi trionfante perché  con lui quando apprendevi, era per sempre.

Quando se ne va un Maestro così, il dolore diventa una spada che sembra  ti trafigga a tradimento, hai paura  che  tutto vada perduto, che quello che hai fatto fino a quel momento sia stato inutile ora che lui non c’è piu. Anche le parole ti sembrano incapaci di descrivere quello che provi e si sa che quando un’esperienza è troppo forte, non ci sono parole per descriverle efficacemente.

Ma la storia insegna che quando se ne va una grande persona, il patrimonio che lascia è ben più grande di quello che ti ha dato in vita perché diventa ricordo, lì ti accorgi del suo insegnamento, lì cominci a soffermarti sulla grandezza della riconoscenza che gli devi per tutto quello che ti ha dato anche solo standoti accanto.  Ti rimane dentro e ti guida e ti parla e ti conduce in tutte quelle piccole cose della vita, in tutti i momenti  quotidiani che prima ti sembravano banali, scontati  ma che acquistano un senso quando non puoi condividerle più.

In questi giorni tutti noi  allievi della scuola d’arte siamo stati uniti nel dolore, ci siamo   abbracciati  senza a volte esserci mai visti prima, abbiamo avuto tutti i più bei pensieri e le più belle parole che sgorgavano sincere dai nostri cuori feriti.

Non sembrerà strano se  in questi lunghissimi giorni  il  conforto ci è venuto soprattutto stando vicini alla famiglia del Maestro, quella che lui amava tantissimo,  dalla moglie Vittoria e la figlia Valeria che penso fossero, tra l’altro,   le principali ispiratrici delle pietanze succulente  immortalate  sulle tele dal Maestro alla quotidiana presenza dell’altrettanto abilissimo e affermato  pittore e figlio Alessandro,  con il quale era spesso in video chiamata dallo studio di Roma dove il giovane artista vive e lavora.

Mi tornano in mente le volte che nelle pause pranzo ci recavamo a consumare un fugace pasto  rigorosamente di stampo catanzarese ed anche lì era maestro di pietanze e ci offriva ricette originali, di quelle come si facevano una volta e che col tempo e con la pratica  hanno assunto mutazioni che lui, in verità,  non gradiva molto. Se n’è andato un grande catanzarese, una  chiesa gremita di persone comuni, amici vecchi e nuovi che hanno voluto rivolgerti un ultimo saluto in maniera sincera, spontanea. Erano queste le persone che avresti voluto ti salutassero, nessuno più.  

Grazie Giovanni Marziano! Della tua arte hanno già parlato e parleranno sempre più gli esperti come sempre succede alla morte di un grande artista.

 Mi sento di poter affermare a nome di tutti  che ci siamo sentiti, ed  oggi ci sentiamo più che mai, dei   fortunati e privilegiati allievi perché standoti accanto  abbiamo potuto godere appieno  della tua arte e della tua persona.

 Con  te la scuola  è stata quella che dovrebbe essere per tutti:  il luogo della conoscenza ,  dell’amicizia, della  serenità e della attraenza, come la tua anima bella.

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