L'intervista. Lino Puzzonia fra politica e salute: "Nel Pd lotto contro il notabilato. La medicina del territorio sarebbe la svolta”

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Lino Puzzonia
  03 dicembre 2020 17:21

di ENZO COSENTINO

L’intervista di oggi l’abbiamo realizzata con il dott. Lino Puzzonia, medico ematologo, una esperienza di lungo corso nei tanti anni vissuti in prima linea al “Puglise-Ciaccio” del Capoluogo di Regione dove ha ricoperto incachi delicati, quanto importanti e di cui è stato anche Direttore Sanitario. La medicina, quindi, la sua “mission” professionale. Ma anche l’impegno politico lo ha coinvolto sempre a sinistra. Con il dott. Puzzonia dunque abbiamo parlato di politica e sanità.

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Dott. Puzzonia sembra banale la domanda d’ingresso a questa intervista ma gli e la faccio egualmente: che differenza c’è fra il Covid 19 e il covid della politica?

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“La domanda è molto più impegnativa di quel che sembra e forse dovrebbe essere rivolta a persona di maggiore spessore politico di quanto non sia io. Le rispondo ugualmente: credo nessuna. Il Covid 19 sarà superato nei prossimi mesi. La vita politica italiana non attraversa la più felice delle sue stagioni e tuttavia non è certamente questa la prima “epidemia”  della storia repubblicana dai tentativi autoritari al terrorismo, anche per il populismo, prima o poi, ci sarà un vaccino efficace”.

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Lei è sempre stato un “Pd”, lo è ancora e quanto convintamente?

“Da oltre cinquant’anni sono un militante sostanzialmente di base del PCI, PDS, DS e infine PD nel quale allo stato continuo a militare forse con minore convinzione che ai tempi di Romano Prodi e dell’Ulivo. Purtroppo allo stato non vedo una seria alternativa come potrebbe essere il nascere di una forza di sinistra che superi ogni settarismo e sia capace di dialogare con i progressisti di centro mantenendo la propria identità”.

Bussano alle porte nuove elezioni regionali e si acuiscono i conflitti interni negli schieramenti e nei partiti nessuno escluso. Le chiedo qual è il vero punto di crisi nel suo Partito?

“Quello che vado sostenendo da tanto tempo, perlomeno per quanto riguarda il PD calabrese, è che esso sia diventato un “partito  degli eletti” al potere locale: presidenti di giunta, consiglieri regionali, assessori, sindaci. Questo non è più un partito di militanza, di idee, di partecipazione ma di preferenze che spesso non sono basate sulla considerazione del candidato ma su meno significativi motivi. In questi casi è venuta meno la qualità degli eletti e dell’azione politica. Si è determinato quello che in qualche occasione ho chiamato “neonotabilitato di provincia”.

Catanzaro è una bella Città o lo era?

“Catanzaro con lo stretto di Palazzo Serravalle, e magari con Porta Marina e il Teatro comunale e poi con il bar Ascenti a Piazza Grimaldi con L’Imperiale in gran spolvero,  e con il “fruscio sul corso”, vera antesignana “movida”  era una bella città. Si è fatto di tutto in una sorta di pulsione auto distruttiva per privarla della sua storia ma andate al Carmine, a via Carbone alla Filanda e la troverete ancora la Catanzaro bella e colta”.

Il Pd per il Capoluogo sta pensando a come affrontare il “dopo Abramo” ma con una evidente debolezza quale potrebbe essere la chiave giusta per una svolta nella governance di Palazzo de Nobili?

“Il problema è lo stesso di qualche domanda fa. Da quando c’è l’elezione diretta del Sindaco essa si è risolta sempre nella individuazione di un personaggio significativo che dopo una approssimativa scelta ha provveduto a stilare una paginetta di programma come impone la legge elettorale. Bisogna invertire le cose. E’ necessario preparare un dettagliato programma che chiamerei 10 cose da fare per Catanzaro e solo poi individuare un candidato che si identifichi in quel programma e che sia  realmente in grado di portarlo avanti. Oramai da molti mesi i circoli catanzaresi stanno lavorando alla costruzione di quel programma e spero che i frutti si vedano presto. Insomma anche qui non bisogna indulgere al notabilato”.

C’è una potenziale nuova classe preparata a subentrare al centrodestra?

“Perché non dovrebbe esserci? Ci sono a Catanzaro tanti giovani e un po’ meno giovani, intendo tanti cinquantenni, volenterosi, capaci che hanno già ruoli nelle professioni e nelle istituzioni e  che sono vicini al PD e altri che vanno intercettati”.

Lei nella sua qualità professionale di medico ha vissuto anche da incarichi di primo piano momenti felici della sanità catanzarese oggi invece la salute dei cittadini è esposta a grossi rischi. Si risolleverà la situazione e cosa si attende dal prossimo decreto Calabria?

“Il discorso è complesso e personalmente ne ho parlato e continuo a parlarne anche nel dettaglio .Una analisi articolata è apparsa sui social qualche giorno fa a firma di Ida Domijanni. Io la condivido completamente. In buona sostanza c’è tra le tante cose una affermazione forte che il problema Sanità non può essere ridotto in Calabria alla sola  ripresa della legalità”.

Il Pd ha un progetto, si una idea da mettere in discussione fra la gente?

“Su questo e anche altri temi potrebbe averlo se decidesse di aprire un confronto fra eventuali posizioni diverse. Io ritengo che la Medicina di prossimità di cui abbiamo parlato di recente con il direttore di SVIMEZ sia un progetto ambizioso ma potente. Si tratta di riportare la Medicina (uso il termine non a caso al posto di Sanità) vicino alla casa dei cittadini  finanche dentro le loro case in strutture del territorio (ogni 25-30000 abitanti riconvertendo i tanti ospedali dismessi e da dismettere oltre ad altre strutture perlopiù già patrimonio del SSR). Qui devono essere svolte tutte le attività specialistiche e diagnostiche anche strumentali (radiologia, endoscopia dialisi cardiologia). Sarebbero prestazioni mai viste sul territorio ma purtroppo la maggior parte dei sindaci, anche di recente, continua chiedere di riaprire o mantenere ospedali pennacchio inutili e qualche volta pericolosi. Inoltre una organizzazione del genere consentirebbe ad alcuni pochi ma importanti ospedali accoglienti e qualificati di avviare un processo di riscatto dalla emigrazione sanitaria e anche un elemento di sviluppo complessivo della regione”.

Secondo lei – e il Covid c’entra poco- perché sulla unificazione delle aziende ospedaliere di Catanzaro si è accumulato tanto ritardo. Forse perché in fondo non è gradita a nessuno?

“Principalmente per questo ma è un errore. L’Unificazione è indispensabile se vogliamo che Catanzaro e la sua Azienda ospedaliero-universitaria siano, come è logico per tradizione e competenza, al vertice della piramide della rete di ospedali qualificati di cui le dicevo. Il mondo ospedaliero deve integrarsi virtuosamente in quello accademico che dovrebbe, a mio avviso, rinunciare ad alcune peculiarità introdotte dal Rettore Venuta e poi proseguite per adeguarsi alle altre Facoltà di Medicina recenti e di dimensioni analoghe- Penso a Udine, ad Ancona, a Chieti.”

Covid : chi ha fatto tanto? E chi poco e male?

“Il Covid 19 era un nemico sconosciuto. Il problema non è chi ha fatto tanto o poco o bene o male, Sono state fatte tante cose alcune giuste alcune sbagliate, Il problema è invece che anche da noi c’è chi , su questa tragedia, ha cercato e cerca di speculare. Questa è la cosa più avvilente”.

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