Maurizio Alfano: "E' il tempo dei falsi profeti"

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Maurizio Alfano
  03 aprile 2021 20:08

di MAURIZIO ALFANO

In mezzo tra la morte e la resurrezione del Cristo, si popola il tempo dei falsi profeti. Demagoghi, capipopolo, capilista, capi corrente, capi bastone, ovvero capi ad ogni costo che si danno battaglia nella retorica suadente di tentare il popolo, le masse, ad esprimersi a loro favore, ad imprimere una croce sul simbolo del loro partito, piuttosto che della loro coalizione, perdendo di vista il significato della croce, e della crocefissione del figlio di Dio, che si ripete ininterrottamente ogni qual volta è, alla demagogia che si da spazio, piuttosto che all’onestà intellettuale dell’agire seppur per tentativi ed errori  in direzione di dare risposte concrete, a chi immerso in una sorta di Via Crucis, da più di un anno, non bastano più proclami, o la facile opposizione del dire che nulla va bene, che si sarebbe potuto fare di più o meglio, se poi dove si governa a livello regionale si nascondono le morti di persone incolpevoli per evitare il protrarsi di chiusure che ora diventano sempre più un Calvario. Nel tempo delle simonie, nei templi dell’agire in maniera trasversale ed obliqua, per rivendicare poi, posizioni rette e corrette, palesa diventa la piaga della doppiezza, dei Ponzio Pilato, che si lavano le mani dai problemi altrui, proclamandosi puri ed esclamando che la colpa è sempre di qualcun altro, e mai riconducibile a qualcosa di tangibile , ovvero a loro riconducibile. Nel tempo dei falsi profeti, che in concorrenza tra loro, nel tentativo di  vendere le loro mercanzie , oramai consunte, caduche, promettono come in una réclame qualsiasi, il raddoppio dei favori o anzi,  come quel Cristo ora deposto dalla croce, che trasformò l’acqua in vino,  di trasformare come profeti, i diritti delle persone in favore, i sogni in incubi, le certezze in insicurezza.

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Attraverso questo alchimia, questa pratica di magia nera, si rinnova il  ruolo dei facili profeti alla quale parte del popolo è oramai in maniera rassegnata, abituata, e peggio parte del mondo della Chiesa, vicina, prossima, perdendo il senso ed il significato dell’essere messi in croce, come il Cristo, o i poveri Cristi, di cui una volta posseduto il consenso possiamo come merce farne l’uso che vogliamo. Ecco la croce alla quale siamo crocefissi. È la croce del tradimento del proprio simile. In questa direzione, l’umanità ha necessità di deporre la sua voracità, la sua corsa di consumare senza alcun raziocinio in dispregio al principio delle pari opportunità  le risorse di un pianeta sempre più caduco, sempre più malato, sempre meno capace di soddisfare la pratica immorale dell’accumulazione di capitali attraverso lo sfruttamento di risorse naturali e umane come se le stesse fossero a privilegio di pochi, nel nome del Dio denaro , dei suoi profeti, ed apostoli. È tempo di una deposizione della nostra supponenza alla quale siamo stati addestrati, che rende l’esistenza un continuo modo di sottrarre alla vita anziché dare, gridare Barabba, piuttosto che Cristo. È tempo di deporre l’essere umano tra le braccia di sua madre, di madre natura, di affidarlo ai suoi ritmi, alle sue cure, a quella premura propria della natura che come ogni madre si prende cura di ognuno, nessuno escluso. È tempo di crocefiggere le condizioni di povertà che creano i poveri. È tempo dunque di scacciare i falsi profeti all’interno di quei pertugi maleodoranti dalla quale sono comparsi.                                                                                                                

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Quel tempo quando la notte è passata, ma non è ancora giorno, che i falsi profeti abitano, è il tempo che dobbiamo riconquistare.

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