di TERESA MENGANI
La Calabria torna a votare. Ancora una volta. La cosa, di per sé, non dovrebbe sorprendere: in una democrazia matura le urne sono un passaggio fisiologico. Eppure, in questa regione, le elezioni hanno sempre il sapore di una rifondazione, come se a ogni consultazione si ricominciasse daccapo, con la stessa enfasi di un “anno zero” che puntualmente diventa “anno meno uno”.
Il presidente uscente, Roberto Occhiuto, ha interpretato la sua parte con un certo stile, consapevole che governare la Calabria non significa solo amministrare una regione, ma convivere con una sorta di destino teatrale. La sua esperienza, a ben vedere, non è molto diversa da quella dei predecessori: un misto di progetti annunciati, riforme abbozzate e il continuo esercizio di diplomazia con Roma, che per la Calabria è sempre madre assente e matrigna premurosa a giorni alterni.
Ma ridurre la vicenda al solo Occhiuto sarebbe ingeneroso. La storia dei presidenti calabresi è una galleria che oscilla tra l’epico e il grottesco: governi brevi come un temporale estivo, promesse più resistenti delle opere pubbliche, commissariamenti che arrivano puntuali come i treni… del Nord. E intanto, tra una giunta e l’altra, i cittadini hanno coltivato un talento speciale: quello della resilienza, che qui non è virtù poetica, ma pratica quotidiana.
Ora si apre una nuova fase. Il prossimo presidente, chiunque sia, riceverà in dote non solo i problemi storici della regione (sanità, trasporti, lavoro), ma anche un capitale simbolico pesantissimo: l’aspettativa che, stavolta, qualcosa cambi davvero. È un fardello regale, e ogni candidato lo indossa come una corona che pesa più dell’oro. D’altronde, in Calabria, il presidente regionale somiglia più a un sovrano di passaggio che a un amministratore stabile: un regnante senza eredi, destinato a essere ricordato più per le promesse fatte che per i risultati ottenuti.
L’ironia della storia è che ogni nuovo “principe” si presenta come innovatore, e finisce per assomigliare terribilmente ai predecessori. Non per malafede, ma perché la Calabria è, in fondo, una regione che resiste a ogni tentativo di semplificazione. È terra di bellezza disarmante e di complessità strutturale: chi la governa deve misurarsi con la forza di un territorio che non ama essere addomesticato. Facciamo quindi i nostri auguri alla Calabria, alla vigilia di questa nuova stagione elettorale. Che sia l’occasione non per cambiare volto ogni pochi anni, ma per dare finalmente continuità a una visione politica. E auguri anche al futuro presidente, chiunque egli sia: che abbia l’umiltà di non sentirsi un sovrano, ma la determinazione di non diventare soltanto un altro nome nella lunga lista dei “già stati”.
Perché il vero lusso, per questa terra, non è avere un nuovo inizio ogni volta, ma riuscire, almeno una volta, a non ricominciare sempre da capo.Facciamo quindi gli auguri alla Calabria: che questo nuovo compleanno democratico porti finalmente un regalo utile, non il solito soprammobile elettorale.
Buona fortuna Calabria! Ne avrai bisogno…
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736