Coronavirus. Carnevale, il calabrese che protegge Papa Francesco: "Il nostro compito oggi è ancora di più quello di lavorare per la sicurezza di tutti"

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images Coronavirus. Carnevale, il calabrese che protegge Papa Francesco: "Il nostro compito oggi è ancora di più quello di lavorare per la sicurezza di tutti"
Luigi Carnevale
  11 aprile 2020 21:52

di PAOLO CRISTOFARO

In questa fase emergenziale dettata dalla pandemia di Covid-19, anche i luoghi di solito più frequentati, al centro dell’attenzione mondiale, hanno dovuto cambiare regole. Uno di questi luoghi, sicuramente, è il Vaticano. E a capo dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza del Vaticano – nonché dei servizi di protezione di Papa Francesco – c’è un calabrese, Luigi Carnevale, padre di Squillace (CZ) e madre di Bivongi (RC). Una carriera iniziata proprio in Calabria, come Questore, poi alla Dia di Reggio e comandante della Squadra Mobile di Cosenza. Sua l’indagine “Garden”, colpo durissimo per le cosche che addirittura, negli anni ’90, preparavano un attentato contro la sua persona. Ma è stato anche vicecomandante della Squadra Mobile di Roma, Capo dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza della Camera dei Deputati e Dirigente Nazionale della Polizia Scientifica. Ci ha raccontato come sta svolgendo il suo delicato compito in piena emergenza Coronavirus, a Roma e probabilmente in uno dei suoi punti più delicati: il Vaticano.

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Il suo è un ruolo particolare e delicato. Cosa è cambiato con questa emergenza?

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"Inizialmente Piazza San Pietro era rimasta aperta, ma data l’affluenza di tutti i turisti che trovavano chiusi gli altri posti a Roma, si è deciso immediatamente di aderire alle indicazioni del governo e a chiudere anche quella. La piazza vuota – il luogo dove operiamo più spesso – appare tristemente suggestiva. Sotto il profilo della quotidiana presenza di turisti siamo fermi totalmente. È una situazione inedita. Le cerimonie ora sono rarefatte. Le poche volte che il Papa presiede funzioni lo fa nella basilica. La Via Crucis solita è stata spostata in Piazza San Pietro. Niente Colosseo".

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Avete dovuto apportare adattamenti al vostro solito dispositivo di sicurezza?

"La guardia rimane sempre alta e il controllo è attivo 24 ore al giorno. Ma l’adattabilità è una dote che chi fa sicurezza deve possedere e impiegare a piene mani. Questi giorni lasceranno strascichi nella lenta ripresa che ci sarà, occorrerà anche da parte nostra pensare a una rivisitazione dei servizi. Capacità di capire qual è l’emergenza attuare. Attualmente le regole per tutelare la salute della comunità hanno la priorità, anche l’emergenza sociale e occupazionale. Nelle nostre operazioni di controllo chiaramente è cambiato molto. Fin dall’inizio siamo stati muniti di dispositivi di protezione individuale. In piazza siamo avvantaggiati dalle distanze, data l’assenza di gente. Le autovetture prima si muovevano con due operatori, ora ognuno sale su una vettura. Ci sono degli accorgimenti in più che vanno rispettati, ma il nostro compito non può venire meno".

Tra voi poliziotti, in particolare tra i suoi uomini, ci sono stati contagiati?

"C’è stato qualche caso di contatto tra qualche operatore e rispettivi congiunti risultati positivi, ma tutte le procedure di sicurezza sono state seguite dall’inizio, quindi non vi sono stati problemi particolari. Chiaramente siamo uomini, viviamo le paure e l’incertezza del momento come tutti. Bisogna stare attenti a non farsi del male e a non farlo agli altri".

Come cambierà, in vista anche di una prossima eventuale riapertura degli spazi, la gestione della sicurezza?

"È chiaro intanto che la cosa avverrà in maniera graduale. Non possiamo pensare di rivedere subito quegli assembramenti in piazza, quella folla, le lunghe code per le attese. Bisognerà ripensare anche a questo, a come gestire la situazione limitando il sovraffollamento e ripensando il tutto con nuovi criteri, almeno per il momento".

Dato il suo ruolo, come vive questo momento e cosa pensa?

"C’è da dire che questi sono luoghi particolari e privilegiati, maggiormente in queste circostanze. Si vive e si sente molto anche la dimensione religiosa. La consapevolezza della nostra debolezza e della possibilità di essere sconfitti da un qualcosa che non avremmo mai immaginato di affrontare. Si percepisce l’idea di impotenza. Ciò spinge anche ad una riflessione sulla religiosità e su alcuni valori: generosità, solidarietà, capacità di dare al prossimo. Il Papa sta dando segni concreti di riferimento in tutta la comunità internazionale, per tenere viva la speranza. Obbligatoriamente ci si rifugia anche nel proprio io, si riflette su tante cose che di solito non abbiamo il tempo di elaborare. Il nostro ruolo poi consiste in questo e soprattutto adesso: dare agli altri, lavorare per la collettività e la sicurezza di tutti".

Siamo in periodo pasquale, ma anche a pochi giorni di distanza dal 168° anniversario della Polizia di Stato. Che rapporto sta avendo in questi giorni col suo personale e come ha vissuto questo anniversario in un momento così particolare?

"Di solito ci facciamo gli auguri di Pasqua, insieme, abbracciandoci, con l’augurio anche per la festa della Polizia. Tutto ora assume forme diverse. Però il momento ha un maggiore carico di affetto per l’operato quotidiano e per la situazione particolare. Fa riflettere, come dicevo, questo periodo di grande sofferenza di tutti. I poliziotti non mettono da parte i propri tratti umani. In qualità di Presidente dell’Associazione Funzionari della Polizia di Stato (ANFP), le dico anche che abbiamo deciso di devolvere una somma di 50 mila euro per l’acquisto di strumentazioni sanitarie per alcune strutture ospedaliere sul territorio, come segno della nostra partecipazione. Viviamo il momento come tutti, ma continuiamo ad esserci sempre".

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