Coronavirus. Cimino: "La Calabria dei colpevoli e quella dei rivoluzionari..."

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images Coronavirus. Cimino: "La Calabria dei colpevoli e quella dei rivoluzionari..."
Franco Cimino
  31 marzo 2020 19:36

di FRANCO CIMINO

Spero finisca davvero presto questa ondata maledetta che sta travolgendo tutto, vite umane e salute, delle persone e dell’economia. Non risiede però solo qui la mia speranza. Ve n’è un’altra di non lieve conto. È quella che in tempi rapidi la restituzione alla vita normale ci faccia tornare tutti normali. Che si recuperi, cioè, in tanti di noi, quell’equilibrio psicologico che la condizione di “prigionieri” di guerra ha visibilmente alterato. Io so cosa faccio a casa mia in questo lungo periodo di quarantena divenuto di quaresima piena senza penitenza e digiuno che non sia quello verso Dio e Gesù. Ma non so cosa facciano gli altri. Il web è impazzito più di noi e a catena interminabile ci invia di tutto. Di tutto e di più di ciascuno di noi. Entra nelle nostre case, sembra spiarci e ci fa parlare dalla finestra planetaria. Noi ci sentiamo giganti e a rete unica parliamo a tutto il mondo mentre le immagini trasmettono un io ingigantito che impressiona.

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Sembra che la storia d’Italia inizi da quando noi ci siamo affacciati da questa finestra e i libri di storia non contengano altro che le nostre dichiarazioni. Siamo chiusi in casa, eppure siamo diventati l’ombelico del mondo. Sembra che nulla si muova senza di noi e quando questo accade provoca disastri inenarrabili. Ogni disastro non solo ci trova assolti , ma inascoltati profeti. “L’avevo detto io”, dice uno. “No, l’ho detto prima io”. Dice l’altro. E poi a seguire quello lì, l’altro ancora, quella associazione e quell’ordine professionale, quel consigliere e deputato e quell’altro che, te lo ricordi? non ha mai parlato. Ci sentiamo tutti in guerra, ma non soldati no, generali. Ci sentiamo tutti generali, incuranti del fatto che la guerra, quella vera, si svolge fuori dalle nostre case. La fanno meno del cinque per cento degli italiani. Sono gli operatori sanitari, della Protezione Civile, delle Forze dell’Ordine, i lavoratori nei servizi necessari, i povericristi che il volontariato lo fanno tutti i giorni e gli altri povericristi, che il volontariato serve nelle strade dei disperati e dei senzatetto.

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Ma gli eroi del web non si rassegnano a un ruolo più modesto. E, allora, si danno alle libere esternazioni della loro indignazione a tempo e alla quotidiana celebrazione di se stessi, i generali dell’avevo detto io. Il proscenio più frequentato è quello della Calabria del giorno dopo. Il giorno dopo le elezioni. Il giorno dopo le alluvioni e le mareggiate. Il giorno dopo la scoperta dei fatti di mafia e delle corruzioni. Il giorno dopo le disgrazie. Il giorno dopo di ...Report e di Non è l’arena. In quest’ultimo collegamento scopriamo, attraverso immagini “esclusive” e “irripetibili”, che in Calabria c’è il brutto, lo sporco, il cattivo. E ci indigniamo. Con forza e rabbia. L’ultima della serie è la figuraccia rimediata dal capo della Protezione Civile regionale. Le sue dimissioni non sono neppure la classica pezza che mettiamo, noi calabresi, per coprire gli squarci enormi sul tessuto regionale. E neppure riparano la nostra immagine in eurovisione. Fuori di qui, chi ha visto Report, avrà detto in coro: "E' la solita Calabria, che non cambia mai.” E cambia canale.

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Noi, invece, amiamo soffrire dei nostri mali e per ripararcene compiamo un capolavoro della psicologia, quello del transfert. Ci sdoppiamo e vediamo nell’altro, quello in TV, il nemico, il colpevole, ieri il povero malcapitato, in passato e in futuro il politico. Nessuno che ricordi che l’ingegnere Domenico Pallaria da anni ricopre all’interno della Regione molti incarichi di estrema importanza per il funzionamento della macchina regionale. Incarichi che non ha ricevuto dal cielo che glieli avrebbe benedetti, ma, se non ricordo male, da ben tre presidenti della giunta, l’ultimo compreso. Dieci, quindi anni, sono molti per non accorgersi, tra i politici “contestatori” e i ribelli d’ogni stagione, che Pallaria, e moltissimi altri come lui, esistevano e operavano molto prima di essere “scoperti” dai media. Come da tempo esiste il malaffare e la malapolitica, la brutta imprenditoria che al malaffare e alla brutta politica si lega. Da tempo esistono le mafie e la ‘ndrangheta, il clientelismo becero e il voto di scambio. Da più tempo ancora esistono la devastazione delle coste e la consumazione del territorio, lo sventramento delle nostre piccole montagne e l’avvelenamento delle nostre acque. Da tempo, esiste la sottovalutazione del nostro patrimonio culturale e la mancata valorizzazione delle nostre risorse ambientali.

E, però, ci scandalizza, ci indigna, ci ribella l’animo innocente, solo l’ignoranza e la sciocca presunzione di qualcuno che viene “pizzicato” in castagna. Dove eravamo tutti gli indignati quando la Calabria “franava” e la terra moriva? Dove eravamo quando i pochi l’hanno stuprata, ingannata derubata, abbandonata? Cosa abbiamo detto quando i soliti pochi, in maniera trasversale, si sono alleati per mantenere prebende e privilegi per se stessi e i propri compari? Dove eravamo, soprattutto, durante gli anni in cui la politica ha perso ogni dignità e onore e, sempre più in serie, ha fabbricato piccoli uomini che l’hanno rappresentata? Cosa abbiamo fatto durante il tempo che separa una elezione dall’altra? Cosa abbiamo fatto per costruire nuove proposte politiche, prima dentro i partiti e poi, quando, a causa nostra, i partiti li hanno trasformati in comitati elettorali personali, fuori dagli stessi, in un associazionismo autentico, pulito, aperto e non strumentale? E ancora, visto che in due anni abbiamo votato per il Parlamento e la Regione, come abbiamo votato e per chi? Quali liste di rinnovamento abbiamo promosso o sostenuto? Paradossale è oggi, davanti al disordine organizzativo e alla impreparazione che accompagna questa nuova emergenza sanitaria, la voce forte che reclama il ritorno di Carlo Tanzi al comando della protezione civile. Ma Tanzi non è la stessa persona che per cambiare la Calabria, dopo aver rotto con il sistema che la padroneggia, si è presentato alle recenti elezioni? I risultati elettorali lo hanno tenuto fuori dal Consiglio per poco più di mille voti. Non sarebbe stato meglio offrirglieli? Gli sarebbero bastati, pare, per portarne dentro altri due consiglieri di “opposizione” dura e pura.

Se poi fossero stati quattro-cinquemila, mica un numero alto, altri suoi eletti avrebbero potuto impedire, anche dalla minoranza, l’ingresso in assemblea di qualche trasversalista ed opportunista del mercatino di questa brutta politica, cellule malate di quel male non minore, la questione morale, che da tempo insiste su questa realtà ferita. Nella brutta stagione in corso, in questi giorni bui, sembra che la Calabria, la meno temuta dal virus, tenga bene. Ci sta proteggendo la buona sorte, l’educazione dei cittadini, e di certo il buon Dio. Solo questo? Restiamo in silenzio, allora. E preghi chi vuol pregare. E pensi chi vuol pensare. Questa emergenza passerà e dalle nostre case dobbiamo uscirne tutti sani. Di cuore e di mente. E con una coscienza nuova. E, soprattutto, con una buona memoria che ci ricordi bene da quale responsabilità civile, morale e politica, dobbiamo ripartire. 

 

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