Dimissioni e istituzioni, politica e democrazia in Calabria

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Franco Cimino
  29 giugno 2020 20:36

Proprio ieri, da queste colonne, ho parlato di Democrazia, Politica e Istituzioni, (tutte scritte con la maiuscola), sottolineando che questa triade cammina insieme senza potersi separare. Insieme ed unita, immutevole sta o muore, come triade e come singoli elementi che la compongono. C’è un collante che le lega.

Lo ripeto senza stancarmi, perché ho bisogno di ricordarlo a me stesso. Si chiama responsabilità. E servizio oblativo, forma essenziale dell’amore quando nel donare ci si dona e nel farlo non si chiede e non ci si attende nulla. Responsabilità è semplicemente assumersi il peso di ciò che si compie dovendone sempre dar conto alle ragioni, agli ideali, agli obiettivi, ai progetti, per i quali si assume un compito, che, in politica è sempre una missione. Se la responsabilità, generalmente intesa, risponde a questi riferimenti, nel particolare del ruolo politico, essa deve dar conto alla gente sempre e agli elettori quando ci si presenta alle elezioni. Nel momento in cui si è eletti, in quella sede e in quel ruolo si smette di appartenere a se stessi o alla parte esterna da cui si proviene. Si è delle istituzioni, nelle quali si porta “ la promessa”, cioè l’impegno morale prima che politico, assunto con i cittadini, uno per uno e non solo collettivamente intesi.

Un cittadino quando vota sceglie e nel mentre lo fa si affida. Affida le sue speranze alle tue promesse. Affida il suo dolore alla tua fatica. Affida i suoi sogni al tuo disegno immaginifico. Affida la sua antica pigrizia, impotenza, talvolta anche piccola vigliaccheria, al tuo coraggio. La sua voglia di riscatto alla tua volontà di farcela. Affida la terra dei padri, al tuo esserti dichiarato padre e madre. Ti affida i figli, nella paura di non poterli proteggere come avrebbe voluto. Chi vota, anche se è il più inconsapevole dell’importanza del voto, il più ignorante del suo valore costituzionale, il più lontano dalla sensibilità politica, vota sempre due volte. Una sola scheda, un solo segno di matita, e almeno due motivazioni. Vota perché tu vinca. Vota perché tu potresti perdere. A volte, come nelle ultime elezioni regionali, vota sapendo che di certo perderai. In quella scheda c’è, nell’attesa dello scrutinio, una sola richiesta: rappresentami! Sia che tu vada al governo sia che tu vada all’opposizione, rappresentami! E fallo con coerenza rispetto alle cose che mi hai detto. Hai detto a me, mentre parlavi a una folla più o meno numerosa.

A me, come una sola unità delle migliaia di singole unità. È quando sarai nelle istituzioni, perché io ti ci ho mandato, che mi farai sentire popolo o gente di Calabria. E lo farai attraverso la Politica, che è la forza di mettere insieme migliaia di individualità in un soggetto corale. È la tua forza morale e politica. La mia forza e quella di tantissimi come me. Chi vota è certo che il suo prescelto, anche se dalle condizioni date dalla miseria di questa politica gli venisse imposto, resterà inchiodato su quello scranno o chiuso nelle diverse stanze, a faticare da mattina e sera per lui. Nonostante la grave crisi della politica in Italia e in Calabria maggiormente, ed anzi proprio in conseguenza di questa, al cittadino è rimasta forse almeno una cosa. Una possibilità. Quella di potersi affidare a qualcuno delle istituzioni. Così, senza neppure più grandi pretese. Unicamente per non sentirsi solo. Forse, anche per poter sperare che questa volta chissà che... non pensi a me. Una garanzia, insomma, nella disperazione. E, paradossalmente, in quell’egoismo di cui le società ingiuste e i poteri che la governano, armano i singoli individui per farsi la lotta l’un contro l’altro. Se chi si candida dicesse all’elettore che egli potrebbe dimettersi un giorno, nessuno sarebbe disposto a votarlo. Le istituzioni non sono nella disponibilità personale di alcuno, non sono uno strumento per la propria corruzione, neppure di quella potenzialmente derivante dal carrierismo sfrenato e dall’avidità di potere.

Non sono la porta girevole di un hotel o la prima camera da letto, per cui chi vi entra può fare ciò che vuole, farne ciò che più gli aggrada, uscirne secondo i propri tempi personali. Insomma, dalla carica elettiva non ci si dimette mai, se non in casi di grave impedimento della democrazia o della propria capacità fisica e mentale. Chi si dimette compie un “delitto” contro la Democrazia, un’offesa alla Politica, una grave lesione del diritto dell’elettore e degli interessi concreti del cittadino. Nel caso di un candidato alla più alta carica di una data istituzione, la lesione più grave ancora è prodotta alla stessa dialettica democratica. Questa vive del continuo confronto tra gli aspiranti primi e tra questi e colui il quale primo vi è arrivato. Un confronto tra maggioranza e opposizione, tra governo e vigilanza, ovvero tra proposte diverse e alternative. Pippo Callipo, a cui scriverò pubblicamente, ha compiuto tutto questo. E per un uomo che da quindici anni dice di voler cambiare il mondo, mi sembra proprio una miserrima cosa, tanto da far pensare o che gli mancasse il coraggio o che avesse sempre finto.

Nella Calabria vittima della sua stessa miseria, anche questo potrà dirsi che è accaduto. Purtroppo, lui non è il primo. Ci sono state in Calabria tante altre fughe dalla responsabilità e non meno importanti. A Catanzaro solo negli ultimi nove anni se ne contano tre.

Franco Cimino

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