Franco Cimino: "Bruno Arcuri, prof e sindaco. Se in questa politica ed in questa Calabria ci fossi almeno tu"

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images Franco Cimino: "Bruno Arcuri, prof e sindaco. Se in questa politica ed in questa Calabria ci fossi almeno tu"
Franco Cimino
  27 maggio 2020 22:09

di FRANCO CIMINO

La nostra amicizia fu fatta da pochi momenti che ricostruivano un tempo che non ci ha conosciuti. Stavo scrivendo tempio, ma forse non avrei sbagliato ché l’Amicizia è il luogo della vita che si consacra. All’Amicizia e al servizio al prossimo più diseredato e sfruttato. È stata, l’Amicizia, la nostra, l’incontro fra le diversità, le nostre molto spiccate: il carattere, l’età, le opzioni e le culture politiche, i luoghi e l’amore per essi, tu per il piccolo paese, nella montagna, io per la grande città, sul mare. Ma non c’è diversità più bella di quella che puntualmente non si incontri in un punto. Puntuale nel tempo. Come da appuntamento rispettato. Noi ci siamo incontrati nel luogo più bello, la Politica, scritto proprio con la maiuscola. Anzi, per rispetto a te, oggi la parola la scrivo per intero in maiuscolo e l’articolo pure: LA POLITICA. Che bella questa preziosa attività umana! Donataci da Dio, per me, come completamento della sua creazione dell’uomo in perfezione, strumento fondamentale del cuore caritatevole nella ricerca del giusto, del bello, del bene. Ovvero, per te, atto fondativo e creativo della Ragione, che si obbliga a cercare Verità e a costruire Giustizia, Libertà ed Eguaglianza, come fine dell’azione umana. LA POLITICA come passione, fuoco acceso nelle vene e furore della mente.

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LA POLITICA come scommessa sulla bontà dell’uomo e sulla Bellezza che, attraverso le sue battaglie, si affermerà. LA POLITICA come amore per la vita, ovunque essa si manifesti, anche nelle cose inanimate se esse partecipano all’inviolabile equilibrio della natura. LA POLITICA come Pace che, attraverso la giustizia sociale e la libertà delle persona e dei popoli, costruirà la felicità degli esseri umani. Qui, su questa terra, innanzitutto. La POLITICA come quell’arcobaleno della Libertà che è premessa della Pace, o come l’acqua per tutti, i tuoi due preferiti passaggi per la rivoluzione. Ci siamo incontrati in quel cortile pieno di sole del Liceo di Catanzaro Marina e ci siamo parlati bene. Anche con i sorrisi e gli occhi. Tu, forse, ti sorprendesti, e magari l’avrai anche detto a chi sapevi mi conoscesse. Ti sorprendesti che un democristiano potesse sentire e dire con te le medesime cose, nello stesso momento e ti interrogasti sul fatto che le strade per raggiungerli potessero essere per un lungo tratto diverse. La POLITICA, ti dissi, ripetendo un concetto che recito da anni sullo stesso palcoscenico delle lotte per la democrazia, è il luogo magico dove le diversità diventano unità e la molteplicità si risolve in uno, pur non perdendo ciascuna parte un solo grammo della loro natura, al pari dell’Io che diventa Noi. Ti ricordai, trovandoti pronto alla memoria, la teoria affascinante e filosoficamente interrogante, delle “ Convergenze parallele” di Aldo Moro e la coraggiosa strategia di Enrico Berlinguer finalizzata all’incontro dei due opposti apparenti. Ambedue le teorie impiegate, e fattesi incontrare, non solo per salvare la Democrazia in pericolo, ma per rafforzarla nello spirito ancora non pienamente realizzato della Costituzione.

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Tu mi facesti parlare, da maestro che non interroga ma ascolta, da uomo che ha bisogno di sapere ciò che non sa, da intellettuale che vuole scrutare nel pensiero dell’altro per coglierne innanzitutto la sincerità. La sincerità prima che la profondità, ché senza sincerità verità non si dona e onestà si inganna. Mi guardavi dall’alto della tua altezza che sfilava quel corpo possente che portavi come minaccia tenera di bontà sul calpestio del tuo incedere veloce. Mi guardavi con un misto di inquietudine e dolcezza dietro quegli occhiali grandi e quei vetri spessi che ti scendevano sul naso man mano che divoravi ciò che da parole e pensieri si materializzava. Poi, ti scatenasti in un vortice di concetti, idee esaltanti e parole accese e il mare, da meno di cento metri distante, avanzò inquieto e calmo, pensoso e rasserenato, verso di noi. Il tuo eloquio privo di vuota retorica mi colpì molto per il garbo, l’eleganza e lo stile classico con cui si porgeva. Mi colpì ancora di più la tua idealità e la tua idea della POLITICA e quel tuo concepirla anche come servizio alla tua comunità per la quale avevi già ricevuto numerose sollecitazione a candidarti a sindaco. Già il comune lo vedevi non quale semplice ente da amministrare, ma come avamposto della democrazia. E come finestra da cui guardare, man mano che si potesse allungare lo sguardo, ai comuni viciniori, al territorio circostante. E poi a quello più vasto, giù giù fino all’ultimo lembo di Calabria, terra non di estremità o di periferia, ma ponte sul Mediterraneo e porta aperta, che dai Sud di questa parte di mondo guarda all’Europa prossima ventura dei popoli e del Progresso. L’Europa-mondo per l’umanità-popoli, che già sognavi. Il sindaco poi lo facesti, a giugno, poche settimane dopo quel nostro parlare. Non ci fu partita in quel di Carlopoli. Fosti di fatto acclamato con quel vasto consenso sulla tua persona, che era molto più che la fiducia verso gli impegni assunti. Era la riscoperta della speranza del popolo, il più piccolo che si racchiude in una piccola comunità, verso le istituzioni e per esse verso la Democrazia. Infatti, la tua intelligenza questo colse. E lo colse da quella promessa che tu, superando anche le strette problematiche locali, hai fatto ai tuoi concittadini. Democrazia, ché di questo essi hanno di più bisogno al pari del pane. Democrazia significa, ce l’hai insegnato subito, POLITICA e, questa, partecipazione. E, di seguito, mai a scendere ma sempre a salire, selezione dei problemi nella loro priorità, condivisione degli sforzi per superarli, solidarietà sociale per suddividerne proporzionalmente il carico, senso della comunità e delle istituzioni. Democrazia, che accoglie la POLITICA e attraverso di essa ripulisce il potere dalle scorie della vecchiezza, da egoismi e prepotenze, significa sogno. questo, visione del futuro, disegno architettonico di quale sarà la nova Città, la nuova Calabria e l’Italia. Il mondo nuovo.

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In quei pochi anni, soltanto tre (proprio tre del tempo umano e calendarizzato), prima che il vento leggero di una notte d’estate calda e quieta ti portasse via, ci insegnasti tutto questo. Lo insegnasti anche a me che pensavo di saperlo già. Sono passati undici anni da quel tempo breve in cui scandisti l’infinito, e la tua assenza si sente. Ogni anno ho scritto a tua mamma, per dirle dell’amore che oltre la tua casa ti copriva. Oggi, scrivo a te. E mentre ti scrivo, parlo a questa Calabria che si fa sempre più sorda e muta e non agita più le mani, ne per alzarle in pugno chiuso come tu facevi, né per levarle a mo’ di protesta in direzione del potere indifferente e neppure in alto verso il Cielo, quale gesto di preghiera. Parlo a questa politica italiana, che ha smarrito ciascuna, e tutte insieme, le cose belle che tu rappresentavi. A volte mi sembra di vivere in una solitudine “ sociale e politica” frustante e dolente. Paralizzante e scoraggiante. Poi, penso a un giovane come te, e a quel giovane antico che sono sempre rimasto anch’io, e l’animo mio torna a votarsi alla speranza.e al sogno. All’utopia, anima del vivere pienamente la vita. E così POLITICA ritorna e si fa promessa. Del tempo nuovo per chi resta. E di memoria ferma per chi da qui va via avendo fatto POLITICA e creduto fermamente negli ideali alti della Democrazia, che la libertà di ogni uomo conserva, difende. Esalta.

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