Il pastrocchio sulle regole dell'OTA. Il siluro dei ministeri: "Non garantite autonomia e imparzialità"

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Saverio Cotticelli
  24 settembre 2019 06:55

di GABRIELE RUBINO

I ministeri silurano il decreto di Cotticelli sull’Organismo Tecnicamente Accreditante (OTA). Diventato all’inizio dell’estate un argomento assai scivoloso nel dipartimento regionale di Tutela della Salute, il verbale dell’ultima seduta del Tavolo Adduce (Leggi qui) certifica che sull’OTA non si doveva “ritoccare” in quel modo il precedente regolamento. L’Organismo Tecnicamente Accreditante è una sorta di autorità parallela nel servizio sanitario regionale. Un’autorità con il potente potere di decidere le sorti degli operatori privati (e non solo), poiché dal suo giudizio dipende il riconoscimento dei requisiti per effettuare prestazioni con i crismi dell’accreditamento. È il passaggio immediatamente antecedente alla possibilità di sedersi al tavolo per prendersi una fetta della ricca torta fatta di soldi pubblici che si spartisce ogni anno la sanità privata. Centinaia e centinaia di milioni di euro. Con il Dca 95 del 25 giugno, l’OTA era stato incardinato in un settore del dipartimento di Tutela della Salute e nessun particolare requisito era stato posto per entrare a far parte di questo team speciale di “accreditatori”.

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“NON GARANTITA AUTONOMIA E INDIPENDENZA DELL’ORGANISMO”- Elementi che hanno fatto storcere il naso ai burocrati ministeriali. «Si ritiene – si legge nel verbale- che gli accorgimenti adottati non siano sufficienti a garantire la posizione di autonomia, indipendenza, terzietà ed imparzialità dell’OTA». «Nel caso di specie, risulta controverso se per “autorità regionale che concede l’accreditamento” debba intendersi – si spiega nel documento- il settore n. 5 “Rilascio Autorizzazioni e Accreditamento Strutture Sanitarie – Servizi Ispettivi” ovvero il Dipartimento Tutela della Salute nel suo complesso». Il Tavolo preferisce la seconda. I provvedimenti di accreditamento si finalizzano con un decreto del commissario ad acta ma sono comunque istruiti e predisposti dal personale dello stesso dipartimento. «Il Dirigente Generale del Dipartimento è, dunque, coinvolto nell’iter amministrativo finalizzato all’adozione del provvedimento di rilascio o diniego dell’accreditamento istituzionale definitivo. Il Dirigente Generale del Dipartimento, in assenza di diversa indicazione fornita, è colui che designa il nominativo del coordinatore dell’OTA e che, eventualmente, potrebbe revocare l’incarico conferito ovvero esercitare poteri disciplinari nei suoi confronti». Altro che autonomia.

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IL COORDINATORE DEVE ESSERE UN DIRIGENTE- Poi arriva un’ulteriore precisazione sulle figure che compongono l’organismo. Proprio riferendosi a quella controversa del coordinatore, si legge: «soggetto che, per i compiti che è chiamato svolgere, sembrerebbe chiamato a rivestire un profilo dirigenziale, anche in considerazione del fatto che è chiamato ad esprimere il c.d. parere di accreditabilità, atto amministrativo a rilevanza esterna».Una puntualizzazione concreta del Tavolo perché sicuramente anche da Roma avranno saputo che per quel ruolo era stata designata una dipendente, in dolce compagnia in dipartimento, per l’appunto non dirigente. Per fugare ogni dubbio «circa l’assenza del requisito dell’autonomia» i ministeri chiedono l’adozione di un provvedimento correttivo sull’OTA. Insomma, dipartimento e commissario avevano proprio combinato un pastrocchio.

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