L’esperienza tragica del Coronavirus ci suggerisce la necessità di riavviare il processo di unità dell’Italia

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Sabatino Nicola Ventura
  07 aprile 2020 15:34

Da molti anni sostengo che avere modificato il titolo V° della Costituzione è stato un grave errore, che ha fortemente violato i dettami e lo spirito della Costituzione. Infatti, l’ossatura, l’impalcatura della nostra Repubblica poggia sulla necessaria unità nazionale, quale essenziale spirito di comunità. Registro con più consapevolezza, e ora lo realizzano anche gli scettici a causa del Coronavirus, che l’Italia è stata avviata, purtroppo, ad essere la somma geografica di molte piccole nazioni. Tanti italiani, bombardati dalle prediche nazionaliste/sovraniste, trovano un unico scopo alla loro identità nell’essere contro, a seconda del momento e delle convenienze, l’Europa, o a singole nazioni; a volte la Francia, ora la Germania, l’Olanda, etc. Ma anche contro i rom, lo straniero, soprattutto se ha la pelle nera, se è immigrato, se è musulmano. Il nazionalismo/sovranista condisce ed amalgama il tutto con l’installazione delle paure: sulla paura e l’essere contro il diverso si costruisce una pericolosa identità nazionale. Il Nazionalismo per sua natura, per sopravvivere ha bisogno del nemico, che costruisce, inventa: è uno dei dati salienti che lo distingue, e molto, dal patriottismo.

Il nazionalsovranismo italiano, soprattutto leghista, aggiunge a quella identità nazionale, quelle territoriali, le Regioni. Dunque l’Italia è sempre più una somma geografica di territori (piccole nazioni) che non fanno una Patria. In questo periodo di attacco del Coronavirus, lo stiamo scoprendo nettamente.

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l’Italia soffre dell’assenza del Sistema Sanitario Nazionale: della Patria.

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La gran parte degli italiani apre il suo orizzonte e constata, verifica le qualità e le capacità dei diversi “Sistemi Sanitari Regionali”: scoprono, sulla propria pelle, quali possibilità hanno di essere curati adeguatamente o non, a secondo della Regione in cui vivono. Ma scoprono soprattutto e definitivamente che il diritto universale alla salute, sancito con legge, oltre quarant’anni fa, non è ugualmente garantito nella qualità e quantità sul territorio nazionale: manca alla nazione l’essere Patria.

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Scoprono, anche, che ogni singola Regione, soprattutto le più forti economicamente, assume per contrastare l’epidemia, in autonomia, in aggiunta e anche diversamente a quanto disposto dal Governo e dal Parlamento, ogni decisione che ritiene opportuna. (si insiste, concretamente, sulle disuguaglianze). Sono attività che confermano lo spirito di nazionalistaregionale, che ha preso strada; “prima una parte d’italiani”.

Con l’Autonomia Differenziata (secessione camuffata), se il Parlamento dovesse votarla, l’unità nazionale andrebbe a carte quarantotto.

La decisione, di questi giorni, di organizzare un tavolo di regia Stato/Regioni è un tentativo di riportare a un minimo comun denominatore una situazione chiaramente sfilacciata e gravemente disuguale su tutto il territorio nazionale dell’intervento sanitario.

Si pone, dunque, la necessità, una volta superato questo grave periodo, di rimettere in campo il tessuto connettivo patriottico minato dalla riforma Costituzionale del 2001 e bloccare ogni tentativo di Autonomia, rivendicato dalle Regioni del Nord.

L’esperienza tragica e dura del Coronavirus ci suggerisce, fra altro, la necessità di riavviare con determinazione il processo di unità dell’Italia, per come agognato dagli uomini del Risorgimento e della Resistenza, ma anche dai padri della Costituzione.   L’Italia unita, soprattutto nei diritti universali, e la sanità ne rappresenta il centro alto per spessore di civiltà, ma anche politico, umano, culturale, potrà essere finalmente una patria e non solo una nazione. L’Italia, fermo restando ogni riconoscimento di peculiarità ai vari territori della “penisola lunga”, che dovrà essere garantito nell’ambito delle politiche nazionali, ma anche europee, dovrà recuperare ogni politica e scelta volta al riconoscimento dei diritti di cittadinanza (sanità, Welfare, scuola, infrastrutture, etc.) alla pari, per tutti, indipendentemente dalla Regione in cui si vive.

Alla costruzione dell’Europa politica, l’Italia potrà e dovrà dare un contributo con maggiore autorevolezza soprattutto se recupererà una univocità, e non si presenterà a macchia di leopardo, come somma geografica di territori disuguali. L’Italia unita, come Paese esempio nell’esercizio dei diritti universali, per rivendicarne l’estensione al di là dei propri confini geografici, potrà essere punta di diamante per l’unità politica dell’Europa.

Trascorso questo brutto periodo, non tutto dovrà tornare come prima, ma sarà necessario avviare una significativa svolta, soprattutto nella qualità politica. È inimmaginabile tornare alle giaculatorie degli imbonitori della politica ingannevole e falsa. Recuperare la politica di qualità, di alto spessore sarà indispensabile per rilanciare l’Italia e contribuire alla costruzione dell’Europa. Sarà, anche, importantissimo il ruolo delle forze sociali che, dovranno contribuire molto, e anche in modo innovativo, alla ricostruzione; per come quello degli intellettuali, da troppo tempo assenti, salvo poche eccezioni, che avranno l’obbligo di misurarsi concretamente con questa contemporaneità così nuova e difficile. La TV di Stato non potrà continuare a essere un’arena di lotta fra gladiatori, spesso senza muscoli, ignoranti o falsamente tali, per compiacenza o comodità di comunicazione, che tanto male fa all’emancipazione democratica e culturale degli italiani. Torni in Tv l’agorà del ragionamento, del confronto, del sapere.

Bisogna rilanciare gli istituiti della rappresentanza democratica: non si dovrà uccidere il Parlamento, ma riscattarlo elevandolo nella qualità. Recuperiamo la politica, l’Italia ha un urgente bisogna di alta politica.

L’antipolitica diversamente espressa dai sovranisti e dai populisti dovrà essere sconfitta. Mi viene da dire che l’antipolitica è la morte del riscatto e del rilancio di una nazione/patria, quale dovrà essere l’Italia. Voglio ricordare che la politica potrà essere sostituita solo dalla “Politica”: non esiste altro al suo posto. Lavoriamo dunque  per la politica con la P maiuscola

Recuperiamo i grandi valori che restano profondamente di attualità, ripartendo dalla patria non dal nazionalismo.

Giuseppe Mazzini ha scritto molto sul concetto e il valore della Patria, riporto un suo breve pensiero: “la patria è una comunione di liberi e d’eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine […] La patria non è un aggregato, è una associazione. Non v’è patria dove l’uniformità di quel diritto è violata dall’esistenza di caste, di privilegi, d’inuguaglianze”.

L’antifascismo italiano, concretizzatosi nella guerra di liberazione e nella Carta Costituzionale, fu patriottico non nazionalista. La nostra patria, scrive Rosselli, “non si misura a frontiere e cannoni, ma coincide col nostro mondo morale e con la patria di tutti gli uomini liberi”.

Recuperiamo l’amore di patria che ci insegnarono i padri costituenti e bandiamo il nazionalismo, causa sempre di sciagure nazionali e internazionali.

La divisone dell’Italia in cittadini non uguali rispetto ai diritti universali, (il Coronavirus è una quotidiana conferma), è una forma di gretto e vigliacco nazionalismo separatista, che mina l’unità risorgimentale, recuperata ed esaltata dalla Costituzione.

 

 Sabatino Nicola Ventura     

 

 

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