La storia di zio Riccardo e dell’amore che lo ha salvato, tra buona e mala sanità in Calabria

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La storia di zio Riccardo raccontata in una lettera aperta del nipote acquisito

  03 dicembre 2022 18:17

di FRANCESCA FROIO

Ci sono storie di vita che hanno dell’incredibile. Storie che mostrano al mondo quanto grande e potente possa essere l’Amore, anche e soprattutto nelle difficoltà e nella sofferenza. Quella di  Riccardo, nato a Sersale nel 1959,  è una di queste.  Sordomuto sin dalla nascita ha vissuto circondato dall’amore dei suoi cari che, nonostante gli ostacoli che un caregiver si trova purtroppo sempre più spesso a dover affrontare, non si sono mai arresi. Neppure quando arrendersi poteva sembrare l’unica opportunità. Una storia a lieto fine che da Sersale giunge a Catanzaro e poi a Cosenza. Fatta di ostacoli, ma anche di umanità e speranza,  che raccontiamo condividendo il pensiero di un familiare, il nipote Domenico.

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Il mio nome è Riccardo classe 1959. Vorrei presentarmi così, ma non riesco. Sono sordomuto dalla nascita e ho problemi psichiatrici, ma in compenso sono quasi autonomo, non do fastidio a nessuno e posso definirmi una persona buona.

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Per moltissimi anni ho vissuto con mia sorella, che amorevolmente si prendeva cura di me. Ora non più, perché il tempo scorre inesorabile e, con il passare dei giorni, è divenuta anziana e stanca fisicamente.

“Germania”, questa parola è da sempre il mio motto. Sarà perché ad essa mi legano preziosi ricordi di un tempo ormai lontano, quando da bambino vivevo in quella nazione per via del lavoro del mio papà, che negli anni ’60, come molti nostri connazionali, migrò per cercare fortuna altrove”.

“Probabilmente queste sarebbero state le parole di Zio Riccardo, se solo avesse avuto la possibilità di esprimersi”. A parlare è un nipote, Domenico, che a La Nuova Calabria, raccontando una storia speciale, spiega: “ A Zio Riccardo non mi vincola un legame di sangue, perché posso definirmi un nipote acquisito, ma ciò che mi tiene stretto a lui è molto di più: un amore profondo. Profondo come l’azzurro dei suoi grandi occhioni, che da sempre non chiedono altro che di essere guardati come si guarda un bambino bisognoso di attenzioni, di cure e soprattutto di delicatezza verso la sua persona.

Un essere speciale, non posso non definire così Zio Riccardo, che non ha mai permesso ai suoi problemi di offuscare o ostacolare l’immensa bontà d’animo che lo ha reso l’amico di tutti.

Alla disabilità che lo accompagna sin dalla nascita, e allo sfortunato periodo storico dell’epoca, caratterizzato da una scarsa attenzione verso  le malattie mentali,  si è aggiunto nel tempo un nuovo drammatico tassello che ha complicato il suo affrontare  la mezza età: quello della crisi e dei tagli alla sanità. Un aspetto che ha generato il caos negli ospedali pubblici definito "Mala sanità" e quindi i suoi problemi di salute subentrati con gli acciacchi dell'età, e una caduta che gli ha provocato la rottura del calcagno, hanno sancito l’inizio di una nuova  sventura per Zio Riccardo (nella Sanità regionale)

A Settembre scorso parte dalla sua abitazione per raggiungere il pronto soccorso, e poi ci ritorna il giorno dopo. Stavolta riparte con lo stato di TSO, ma arriverà in P.S. con il codice modificato in ASO.

Giunti sul posto, dopo attese e valutazioni, viene refertata la "dimissibilità", non poteva essere ricoverato per le cure in quanto sono stati chiari pronunciando queste parole: "Non è un paziente psichiatrico e neanche ortopedico, quindi, portatevelo a casa".

Sorvolando sullo sconforto iniziale, diveniva sempre più difficile comprendere il senso di questa schietta e indegna risposta,  che vedeva zio Riccardo al centro di un secco no perché, a loro dire, in ortopedia il fatto che sia un paziente psichiatrico potrebbe creare problemi e nel reparto di psichiatria, invece, non curano i traumi ortopedici.

Quel giorno noi parenti non ci siamo proprio rassegnati a questa cruda realtà e con la nipote diretta, e amministratrice di zio Riccardo, non abbiamo esitato un attimo a rifiutarci di portarlo a casa in quelle condizioni.

Da qui un susseguirsi di serie di difficoltà, sopportate da tutti noi  ed in particolare dall'amministratore responsabile, che ha richiesto il supporto di un legale, con deposizione di verbali presso la caserma dell'arma del territorio competente, al fine di spiegare le ragioni di questa assurda vicenda e del nostro rifiuto alle dimissioni.

E visto e considerato che al peggio non vi è mai fine, accade dell’incredibile. Dopo cinque giorni zio Riccardo non ce la fa più a restare parcheggiato in quella stanza chiamata O.B.I. e di primo mattino esce, indisturbato, dall'ospedale, ritrovandosi solo e disorientato a vagare per una città che neppure conosceva.

Lanciato l’allarme e attivati i soccorsi per la ricerca, dopo aver inviato le foto alla polizia per riconoscere la persona dispersa, raggiungiamo la Città nello sconforto più totale. Fortunatamente   Zio Riccardo  viene, dopo poche ore, ritrovato da una volante della Polizia. Le condizioni del suo piede erano notevolmente peggiorate.

Pioveva quel giorno e io non dimenticherò mai quel suo abbraccio nel vedermi. Bagnato fradicio e tremolante dal freddo e dalla paura si tranquillizza. Gli agenti della Polizia di Stato fanno immediata richiesta di un'ambulanza ma, il rifiuto di riportarlo in ospedale continua ad uscire forte dalla stanza del pronto soccorso,  dicendo che il paziente è stato dimesso e quindi “se lo devono venire a prendere i parenti”. Solo l'intervento degli agenti che lo hanno trovato in quelle condizioni è stato risolutivo e finalmente gli viene assegnato un posto in un reparto.

Alla Medicina Generale viene accolto e visitato e poco importa se non è un paziente di loro competenza.  Le cose sembrano cambiare, si apre un mondo nuovo dove prevale umanità e professionalità.  Zio Riccardo viene finalmente curato per il trauma subito e seguito per tutte le sue patologie in modo esemplare. Per oltre due settimane e fino a quando le sue condizioni di salute si stabilizzano.

Contemporaneamente l'iter della ricerca di una R.S.A tramite il C.S.M. e A.S.L finalmente si sblocca e viene trovata una residenza sanitaria per la riabilitazione e assistenza a zio Riccardo.

Le sue condizioni sono nettamente migliorate, viene dimesso con i saluti degli amici di stanza, di tutto il personale sanitario e con non poca emozione per quel lato umano che avvalora e rende nobile, in questo caso, ancor di più quello professionale.

Così il 30 Settembre  inizia per Zio Riccardo una nuova parentesi di vita presso la casa di cura Villa Igea nel comune di San Fili di Rende (CS ). Finalmente da subito “zio Richard”, così lo chiamiamo ogni tanto evidenziando il suo bell'aspetto, trova l'ambiente e le persone che cercava.

OSS e infermieri che si fermano per ascoltarlo quando ha voglia di parlare della "sua" Germania, assieme a coloro che affettuosamente gli danno la pacca sulle spalle e anche gli abbracci che lui accoglie con piacere. Gli stessi che, la sera del 19 Novembre, attenti più del solito, si accorgono subito che il loro nuovo ospite si stava appisolando in un orario non consueto. Professionalità e occhi attenti permettono al personale di comprendere subito che quello che appariva sospetto si stava rivelando essere  un arresto cardiaco seguito da un arresto respiratorio.

Immediatamente tre angeli di turno nella struttura si attivano per le manovre di primo soccorso e chiamano il 118.  Iniziano i massaggi cardiaci e le insufflazioni e grazie al DAE presente in struttura, che attivato riconosce la mancanza di battiti, vengono erogate le scariche.  Si continua alternandosi nelle manovre perché i tempi di arrivo dell'ambulanza saranno lunghi. "Non è disponibile dal PS di Cosenza, sta partendo da Paola”, la risposta della sala operativa del 118.

Ecco che ritorna l'ombra cupa e terrificante della malasanità. Gli angeli di Villa Igea non si arrendono e proseguono per interminabili 50 minuti le manovre vitali, arriva anche il medico di turno della struttura (mentre l'apparecchio del defibrillatore, DAE. registra tutte le operazioni eseguite e anche l'audio del luogo) fino a quando, finalmente, zio Riccardo riprende le sue attività vitali e arriva sul posto il 118.

È  festa a Villa Igea, alla preoccupazione subentra la gioia nel vedere Zio Riccardo riprendere coscienza. Il suo sguardo parlava per lui, un rischiato addio è divenuto un immenso grazie. Presso il policlinico di Cosenza, dove viene trasportato, zio Riccardo viene messo in sala d'attesa per gli accertamenti del caso ma, insieme a circa 45 pazienti in attesa di cure e destinazioni, ad operare solo 2 medici e pochi infermieri e un via vai di gente e di parenti in attesa di notizie dei propri familiari.

Noi siamo arrivati il giorno dopo e sembrava un campo di battaglia, tramite il Triage seguivano l'interminabile fila dei poveri pazienti, chi aspettava rassegnato, chi firmando le sue responsabilità scappava per andare ad altre postazione mediche.

In quel caos Zio Riccardo rimane per tre giorni e vengono eseguiti quasi tutti gli accertamenti. Sottolineo quasi perché  manca una coronografia, che forse non si è potuta fare, quella che forse avrebbe evidenziato le coronarie compromesse e ostruite, quelle che il giorno dopo dalle sue dimissioni gli avrebbero provocato un infarto facendolo di nuovo ritornare di corsa nei corridoi del P.S. dell'ospedale, stavolta però lo mandano subito in Terapia Intensiva Cardiologica.

Ora, nell'alternarsi di  una serie di vicende con grande impatto emotivo, soprattutto per zio Riccardo, il nostro piccolo grande  uomo speciale  ha finalmente una diagnosi chiara, anche se grave.

È   riuscito finalmente a fare capire che stava male. La Terapia Intensiva Cardiologica dell’Ospedale di Cosenza si sta meticolosamente occupando del povero paziente. Anche se le sue condizioni sono gravi ha finalmente visto chi, per la seconda volta, si sta prendendo cura di Lui. Con l’auspico che situazioni come queste possano un giorno non accadere più, vorrei ringraziare le persone e gli specialisti che in tutta questa vicenda sono emersi nella loro grande umanità e professionalità.

Infinitamente grazie di cuore a:

Studio Legale Greco

Polizia di Stato

Reparto di Medicina Generale Osp.Pugliese nella persona del Primario Dot. Pintaudi.

Personale della casa di cura Villa Igea di San Fili ( CS )

UTIC cardiologico dell'ospedale Annunziata di Cosenza.

A tutti loro dedico un profondo pensiero pronunciato dal nostro immenso Papa Francesco:

“Prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza; significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità.”

Grazie, Grazie, Grazie.

 

Riccardo assieme ai suoi pronipoti durante un desiderato viaggio in Germania 

 

 

 

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