Leandro, ucciso dal treno: per la Procura non ci sono colpevoli ma la famiglia chiede giustizia

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Leandro Celia
  09 luglio 2019 12:08

di EDOARDO CORASANITI

La regolarità della guida, l’imprevedibilità delle circostanze. Una tragedia non prevedibile e non collegabile al lavoro degli autisti di quel treno che ha ucciso il giovane Leandro l’otto marzo del 2017 (Leggi la notizia).
Per il sostituto procuratore Domenico Assumma non c’è responsabilità penale che può legarsi ai due che guidavano il veicolo. Di conseguenza, il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione per i macchinisti che risultavano iscritti nel registro degli indagati. Le ragioni che inducono il sostituto procuratore a motivare per l’esclusione della responsabilità penale si leggono nella richiesta che è stata notificata agli interessati.
“I dati estrapolati dalla scatola nera del locomotore indicano come il convoglio ferroviario coinvolto nel sinistro mortale viaggiasse alla velocità regolamentare di 120 km/h”, esordisce.
E continua sostenendo come “la presenza dei tre ragazzi lungo il ferroviario configura una circostanza eccezionale. Inoltre, corre un altro ponte specificamente destinato al transito dei pedoni.
Dalle indagini svolte dai carabinieri è emerso che i giovani fossero arrischiati ad attraversare il ponte esclusivamente per finalità ludiche”.
Su quanto riportato dalla Procura dovrà decidere il giudice delle indagini preliminare, Claudio Paris.
Chi non ci sta sono i genitori della vittima, rappresentata dall’avvocato Francesco Carello. Sono loro che “ritengono di non aver ottenuto risposte chiare ed univoche circa tutte le (con) cause che hanno causato la tragica morte del loro figlio”, come si legge nell’opposizione alla richiesta di archiviazione.
L’avvocato Carello articola la memoria in 5 punti ed è finalizzata a convincere il Gip sulla necessità di approndire ed ampliare le indagini: il punto di inizio della frenata, la richiesta di indagini sul mezzo ferroviario, la richiesta indagini sulla manutenzione della linea ferroviaria- visibilità in curva, l’omesso esame dell’apparecchio telefonico della vittima e l’esame dello zainetto della vittima.
Il primo punto è diretto a fornire una nuova valutazione sui dati di inizio della frenata del mezzo ed il punto di impatto: elementi che, secondo la difesa, non coincidono guardando tutti i dati della Polizia scientifica di Catanzaro, Polizia ferroviaria e quelli raccolti dal legale. E che potrebbero, dunque, focalizzare lo sguardo su una presunta negligenza dei macchinisti e di una carenza dell’impianto ferroviario.
Anche la velocità del treno non convince l’avvocato Carello: 120 km/, infatti, è la velocità massima che quel mezzo può raggiungere. Troppo, se si considera che si tratta di un treno dell’epoca fascista.
Si insiste anche sul veicolo: per i genitori di Leandro deve essere verificata “la condizione tecnica e di efficienza del locomotore, circostanza ancor più pressante se si considera che si tratta di un mezzo in servizio da oltre 40 anni con tecnologia (anche frenante), ormai vetusta”.
Altro problema: la vegetazione che non avrebbe consentito di avere una visuale ampia e regolare sul tratto di ferrovia stradale.  Quindi, “in relazione a chiari obblighi di pulizia, manutenzione, sicurezza e prevenzione infortuni, a carico della società del gruppo Ferrovie, proprietaria della strada, non è stata indagata”.
Qualche dubbio nasce anche sulle ragioni che hanno spinto Leandro ed i suoi amici a scegliere quel percorso così complicato e, tra l’altro, quando il sole sta per andar via.
E ancora: per i genitori e per l’avvocato Carello l’attenzione va concentrata anche sul telefono del ragazzo, che potrebbe offrire dati, immagini, suoi idonei a chiarire la dinamica.

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