di EDOARDO CORASANITI
Vent'anni di reclusione. E' questa la condanna che oggi la Corte d'Assise di Catanzaro, presieduta da Alessandro Bravin, ha emesso nei confronti di un uomo di 54 anni di Gizzeria accusato di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata.
L'uomo, stando all'accusa, avrebbe costretto per quasi dieci anni a vivere una donna di 29 anni a vivere in una piccola baracca rovinata in campagna, senza luce e servizi. L'ambiente è di quelli orribili, sporco e privo delle condizioni igieniche minime.
Lei di appena 29 anni, ex badante romena della moglie deceduta di lui, 52enne, ne diviene poi la compagna: tra il 2007 fino al 2017 ha vissuto chiusa in alcuni appartamenti, in baracche, costretta in schiavitù e subendo diverse violenze sessuali. I due avevano anche due bambini, ora di 5 e 11 anni.
Da quanto ricostruito dalle indagini, alla 29enne non era consentito avere relazioni sociali o ricevere cure mediche, soprattutto durante le gravidanze. Quasi sempre era rinchiusa nella baracca dove immobilizzata e legata al letto subiva per ore le violenze.
Le indagini sono state svolta dai militari di Gizzeria Lido e sono nate da un controllo fortuito. L’uomo, difeso in tribunale dagli avvocati Antonio Larussa e Bernardo Marasco era stato fermato in auto e ad attirare l’attenzione dei carabinieri erano state le condizioni fatiscenti del veicolo a bordo del quale viaggiava con il figlio di 9 anni.
Prima della sentenza di oggi, la Procura della Repubblica ha chiesto 26 anni di reclusione, mentre la difesa l'assoluzione con l'inutilizzabilità delle dichiarazioni della parte offesa perché, a loro dire, rilasciate ad un Tribunale incompetenze funzionalmente.
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