Troppe scarcerazioni in Calabria durante la pandemia: dubbi della Commissione antimafia

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Carcere
  20 novembre 2022 01:46

di PAOLO CRISTOFARO

Detenuti con pene per reati gravi fuori dal carcere, dati che non corrispondono, procedure di trasferimento ai domiciliari poco chiare, sistemi informatici di difficile consultazione, dubbi sull'effettiva necessità di aprire le porte dei penitenziari ad alcuni elementi particolarmente pericolosi, il rischio dietro l'angolo che molti dei soggetti usciti di galera abbiano potuto riprendere contatti con gli ambienti della criminalità organizzata.

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E' quanto emerge dalla relazione della Commissione Antimafia, sezione XIX, che ha analizzato la gestione delle scarcerazioni durante la fase pandemica di Covid per detenuti sottoposti a regime di 41 bis o di alta sicurezza. Tra coloro che il 25 aprile 2020, durante la prima fase di scarcerazioni, avevano lasciato il 41 bis, anche Michele Zagaria, del clan dei Casalesi, e il boss di Lamezia Terme Vincenzo Iannazzo, scarcerato anch'egli in quel frangente e poi tornato al 41bis, dove è deceduto nel 2021.

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Entrando nelle specifico dei dati numerici diffusi dalla Commissione, gli interrogativi sorgono più che spontaneamente. Nella maggioranza dei casi riferiti alle prime 456 istanze di scarcerazione, solo il 13% sono state avanzate su segnalazione sanitaria trasmessa dalla direzione degli istituti. Il 63% delle scarcerazioni sono dipese da domande presentate dai detenuti stessi o dai legali di fiducia. Ben 96 scarcerazioni hanno avuto luogo in Calabria, seguite da 68 in Sicilia. Si tratta delle cifre più alte, in un momento in cui la Lombardia (49 scarcerati) aveva oltre 70mila contagi da Covid contro i soli 1000 casi calabresi. Dai dati è emerso che il massimo di detenuti infetti segnalati contemporaneamente su tutto il territorio nazionale ammontava a 162. In proporzione, rimarca la Commissione, "vi sono state poche scarcerazioni in regioni ad alta intensità pandemica". Inoltre, secondo quanto segnalato dalla relazione "le prime risultanze documentali inviate dal DAP alla Commissione non corrispondono a quanto emerso in sede di audizione del Ministro della Giustizia Bonafede, del direttore generale dei detenuti Giulio Romano e della direttrice Caterina Malagoli". 

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In totale, da aprile 2020 ad oggi, secondo i dati elaborati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, sarebbero usciti dal carcere 1807 detenuti in regime di 41bis o alta sicurezza. Tra i fuoriusciti 552 appartenenti alla Camorra, 372 alla 'Ndrangheta e 246 a Cosa Nostra. La relazione segnala altresì che "i dati forniti dal DAP non consentono dunque di avere esatta contezza del numero delle scarcerazioni avvenute e delle motivazioni ad esse sottese".

Anche la Direzione Antimafia ha segnalato alla Commissione "difficoltà legate alla lettura dei dati così come inseriti nel sistema dal DAP". I motivi sarebbero legati soprattutto al sistema digitale AFIS, in uso presso le amministrazioni penitenziarie. Le informazioni registrate sul sistema in fase di scarcerazione dei detenuti, secondo la Commissione Antimafia e i rilievi della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, risulterebbero in parte errati o fuorvianti, dato che si evidenziano "numerose difformità nella registrazione in AFIS, rispetto ai reali motivi di uscita contenuti negli appositi provvedimenti"

Fatti che destano non poca preoccupazione, soprattutto in relazione, come si diceva, alla possibilità che detenuti usciti dal regime di 41bis, specialmente dato l'elevato numero di questi condannati per associazione mafiosa o reati connessi alle compagini della criminalità organizzata, possano aver ripreso contatti con i medesimi ambiti malavitosi, ricevendo o impartendo ordini, influenzando le attività criminali all'esterno e vanificando, dunque, i colpi inferti dalla magistratura inquirente ai sistemi criminali che tengono il Paese sotto scacco.

 

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