Ricorrono cinquant’anni dalla strage di piazza Fontana, e da altri attentati realizzati lo stesso giorno, il 12 dicembre 1969, e nei mesi e anni seguenti. La “strategia della tensione” (con tale denominazione quel periodo è passato alla storia, iniziato alla fine degli anni ’60 del secolo scorso e proseguito con dinamiche diverse sino agli anni di piombo e delle Brigate Rosse) caratterizzò un ciclo tremendo, pieno di lutti, dolori e grandi preoccupazioni politiche e sociali. Per lungo tempo la democrazia italiana, nata dalla resistenza, fu sottoposta a dure prove di sopravvivenza.
In questi giorni sono ripresentati in libreria testi pubblicati nel corso di mezzo secolo, che ricordano la strage di piazza Fontana e quella fase storica, ma anche altri di recentissima edizione. La stampa e i media sono ritornati su quegli avvenimenti e sulla fase politica, ora “storica”, che li caratterizzò.
Catanzaro fu scelta sede, nel 1974, di uno dei processi che riguardò la strage. Gli imputati, i vari Ventura, Freda, Giannettini, Valpreda furono per un lungo periodo “di casa” nella mia città. Ricordo alcuni protagonisti delle numerose udienze: Il Presidente della Corte, Scuteri, il Giudice a latere Antonini, l’Avv. Calvi. Ho ancora bene in mente quel periodo e gli esiti processuali, che la Cassazione solo nel 2005 definì. La massima Corte dichiarò colpevole la destra eversiva: la strage fu opera “di un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo e capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”. Per ogni approfondimento sulla vicenda, ci sono resoconti, studi e analisi a iosa; pertanto non intendo proporre gli avvenimenti, ma esternare un pensiero che mi nasce dal vissuto di quel periodo per incrociare il presente storico/politico.
Gli anni dell’eversione “iniziati” con piazza Fontana, durati per molto tempo e con espressioni diverse, sono stati il tentativo cruento di colpire al cuore le istituzioni democratiche organizzate dalla Carta Costituzionale. In quella fase storica iniziale resistevano ancora le dittature fasciste in Portogallo e Spagna; colpi di stato militari facevano fuori in diversi paesi del mondo e dell’Europa le democrazie, soprattutto quelle nate dopo la seconda guerra mondiale. L’Italia della Costituzione democratica più avanzata non era gradita alle forze del neo fascismo, della restaurazione e di gran parte del capitalismo novecentesco, che iniziavano a subire le conquiste della classe operaia, ma anche dei movimenti che rivendicavano la piena applicazione della Costituzione, soprattutto per la parte che riguarda i diritti civili e sociali.
La democrazia italiana, in quegli anni 70/80, aveva, però, spalle forti e vinse.
Negli anni ’90, a seguito del terremoto giudiziario che prese il nome di “mani pulite”, crollò la prima repubblica e iniziarono a sparire tutti i partiti del tempo. Il moto d’indignazione spontaneo, determinatosi nel corso e a seguito dei processi giudiziari, che videro implicati i massimi esponenti dei Governi e i dirigenti dei loro partiti, riguardò la maggioranza degli italiani: nacque così la “Seconda Repubblica” che mantenne intatta la Costituzione italiana, ma modificò procedure importanti e realizzò una nuova legge elettorale. Con la seconda repubblica apparvero formazioni politiche che poco o niente avevano dei vecchi partiti. Il leaderismo fu la principale novità: Berlusconi, Bossi, Fini furono le figure più rappresentative.
Si misero in discussione l’unità d’Italia (Lega) e l’antifascismo costituzionale. Che subì lo sdoganamento del partito e degli eredi del fascismo: iniziò una fase inedita della politica. Un vulnus allo Stato democratico voluto dai costituzionalisti, si andava affermando. Una “democratica cultura eversiva” contaminava le istituzioni.
Dalla fine della prima repubblica, auto implosa, ebbe inizio la lunga fase destabilizzante delle istituzioni democratiche nate dall’antifascismo, e che continua ancora oggi. Alla “strategia della tensione”, agli anni di piombo, all’eversione nera, alle Brigate Rosse, Prima Linea, ecc. si sostituì con costanza, alla brutalità degli attacchi eversivi, e con modo democratico, una lenta ma inesorabile attività di delegittimazione e discredito delle istituzioni. Il primo attacco è stato portato da Berlusconi, dalla Lega di Bossi e dalla “legittimazione” degli eredi del fascismo (Fini), che riuscirono, grazie alla debolezza e scredito della gran parte delle forze politiche schierate a difesa della Costituzione, ad affermare un processo culturale di avversità e disprezzo delle istituzioni: leggi ad personam, lotta agli istituti di contrappeso al potere, soprattutto al governo (Corte Costituzionale, Magistratura, ecc.). Si diede il via alle procedure di smantellamento dell’unità d’Italia e delle conquiste civili e del lavoro. Le forze della “resistenza” e progressiste, in ogni caso, anche se con difficoltà riuscirono a contrastare e a impedire una deriva grave. Ma l’obiettivo di assestare un colpo definitivo alle conquiste democratiche, del lavoro, dei diritti civili, non è mai cessato, anzi continua con modi e tatticismi diversi. Si è andato affermando una cultura populista di destra, che contamina anche parte delle organizzazioni progressiste, democratiche e di sinistra; nelle forze “resistenti”, in questi ultimi anni, si sono aperte brecce favorevoli ad una profonda rimodulazione degli istituti democratici e ad una rivisitazione delle conquiste sociali e civili.
La prima concreta difformità di pensiero e azione nel campo democratico, progressista e di sinistra, lo avviano Renzi e il suo Partito Democratico: Jobs Act (diritto del lavoro), la”Buona Scuola”, referendum abrogativo del Senato e per più poteri autonomi dal Parlamento, al Governo. Iniziò l’apertura al populismo, rappresentato, da qualche anno, soprattutto dal movimento 5stelle, che alimenta e capitalizza il rancore, la rabbia dei tanti cittadini smarriti di fronte alle enormi difficoltà di potere realizzare un progetto di vita, anche modesto. Nasce l’odio verso le istituzioni democratiche: riduzione rabbiosa del numero dei parlamentari, disprezzo verso qualsiasi procedura democratica, giustizialismo esasperato, messaggio continuo di denigrazione verso la politica rappresentativa.
Un diverso populismo, ma con un chiaro disegno politico di destra oscurantista, è rappresentato dalla Lega di Salvini, che fomenta la paura, altera la verità, indica nemici inesistenti, strumentalizza il credo cristiano, per conquistare e indirizzare la mente degli italiani verso obiettivi retrivi e pieni di disvalori, continua a propugnare la rottura dell’unità nazionale e diversità di diritti per gli italiani (Autonomia Differenziata); fa della cattiveria e della xenofobia il centro della battaglia politica; insieme a Fratelli d’Italia, partito di estrema destra, chiedono agli italiani il conferimento di pieni poteri.
Nel cinquantenario dell’inizio dell’eversione, diventa necessario avviare il recupero della politica alta e di grande qualità. La difesa, non settaria, delle istituzioni democratiche dovrà essere l’impegno fondamentale della politica. E’ urgente ridare titolarità delle scelte politiche al Parlamento, oggi ridotto a un “votificio” delle predilezioni governative; superare il leaderismo, ripristinando il ruolo costituzionale dei partiti, ovviamente adeguandoli alla contemporaneità, quale importante luogo di partecipazione democratica e palestre d’idee e proposte; ritornare alla qualità degli eletti attraverso la loro formazione culturale, politica, democratica e umana e alla libertà di scelta (preferenza) elettorale dei cittadini: i nominati sono, non potrebbe essere diversamente, obbligati al vincolo di mandato; ripristinare la civiltà giuridica, che è nemica della , avendo quale principio fondamentale la presunzione d’innocenza dell’indagato e dell’imputato.
Il grande valore delle istituzioni democratiche dovrà essere rapidamente recuperato. Spetta ai rappresentanti istituzionali voltare pagina e ridare dignità alle assise elettive: il Parlamento è stato ridotto in questi ultimi anni, di fatto, parafrasando, a un “bivacco di manipoli”.
Contro l’eversione e le tensioni, volute e costruite, oggi sono scese in campo, come spesso capita in Italia, i giovani: il “movimento delle sardine”, che legge nelle piazze la Costituzione, si batte per la difesa dell’ambiente, rivendica più democrazia, si schiera contro il fascismo, i sovranisti, i populisti e chiede qualità e onestà. E’ una novità di grande valore che bisogna sostenere con prassi e atti politici e istituzionali consequenziali. E’ un’occasione che offrono i giovani e da non disperdere, alla quale bisogna dare risposte concrete di condivisione. Loro sono contro l’oscurantismo e la barbarie e per il recupero dei valori costituzionali. I rappresentanti dell’istituzione e le forze politiche che si richiamano ai grandi valori della democrazia antifascista hanno il dovere di rompere ogni indugio e di essere consequenziali. Forse, dopo troppi anni, potranno essere sconfitte le strategie della tensione, diversamente espresse; le strategie eversive, il neo fascismo ammodernizzatosi, il sovranismo, il populismo.
Sabatino Nicola Ventura
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