A Soverato c’è ‘Tensioni Creatrici’: dal 17 aprile la personale di Janto

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images A Soverato c’è ‘Tensioni Creatrici’: dal 17 aprile la personale di Janto

  15 aprile 2025 11:35

di FRANCESCO IULIANO

L’artista Janto, al secolo Antonello Iuliano, torna ad esporre dopo quasi 20 anni di silenzio. Negli spazi espositivi della Lega Navale di Soverato, in piazza Nettuno 3, giovedì 17 aprile prossimo, alle 17,30, Janto aprirà le porte della sua personale dal titolo ‘Tensioni Creatrici’. 

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Una mostra che segna un ritorno tanto atteso e che si presenta come un’affascinante esplorazione della dialettica tra forma e materia, visibile e invisibile, ordine e caos. 

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Ventisei, in totale, le opere esposte ed inserite nelle sezioni: ‘Realtà celata’, ‘Simboli’ ed ‘Astratti’, che l’artista ha inserito anche in un catalogo disponibile con Qr code. 

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“Torno con una personale - ha commentato Janto - che mi auguro incontrerà il gusto di quanti verranno a visitarla. Un’attesa lunga qualche anno, è vero, ma che mi ha consentito di sperimentare tecniche innovative. Per questa nuova avventura artistica devo ringraziare l’Amministrazione comunale di Soverato ed il commissario dell’Ente Parco Marino della Regione Calabria.  Raffaele Greco, Una mostra che non è solo da vedere, ma da vivere. Un’esperienza che mi auguro, lasci un segno indelebile nell’anima di chi la osserva”.

La mostra rimarrà aperta sino al 27 aprile prossimo con orari: dalle 10,30  alle 12, 30 e dalle 17 alle 20.

Hanno detto di lui: D.S.

Antonello Iuliano, in arte Janto : il poeta della pietra tra Puglia e Calabria

Nato a Taranto da genitori catanzaresi, Janto ha ereditato la forza tellurica del Sud, tradotta in un linguaggio artistico che fonde la rudezza della materia con una sensibilità quasi lirica. Trasferitosi in Calabria nel 1987, ha trovato in questa terra – aspra e generosa al tempo stesso – il suo humus creativo. Un luogo dove la luce mediterranea e la memoria storica si fondono in un dialogo perpetuo con la pietra, sua materia prediletta.

Maestro nella lavorazione del travertino e del prezioso marmo verde di Gimigliano, Janto ha lasciato il segno nel paesaggio urbano con opere che sono insieme monumenti e narrazioni silenti. Il suo legame con le origini pugliesi riaffiora nei lavori in pietra di tufo, materiale poroso e vibrante che sembra assorbire il respiro del mare Jonio e delle antiche masserie. Non a caso, la critica lo ha definito «scultore spontaneo e raffinato», capace di tradurre in forme «morbide e candide» un immaginario che lascia spazio all’interpretazione emotiva di chi osserva.

La sua arte ha varcato i confini regionali approdando alla Fortezza da Basso di Firenze, dove nel 1999 ha partecipato alla seconda edizione della Biennale Internazionale dellArte Contemporanea, e poi a Vienna, nel 2000, nella galleria Mouratti. 

Ma è a Catanzaro che il suo genio si è radicato con opere diventate parte dell’identità collettiva: dallobelisco dedicato a Nicolas Green – toccante monito di pace nei giardinetti di Corso Mazzini – alle epigrafi che punteggiano la città come versi scolpiti nella memoria. La targa della Camera di Commercio, liscrizione marmorea sullex Albergo Centrale (che omaggia il passaggio di GeorgebGissing nel 1897),  sino ai portali in pietra che incorniciano gli antichi vicoli: ogni suo intervento è un sigillo artistico che coniuga rispetto per la storia e slancio contemporaneo.

Artigiano del sacro e poeta del quotidiano, Janto ha elevato elementi funzionali – caminetti rivestiti, insegne, targhe  a opere d’arte uniche, dove la materia canta sotto il suo scalpello. E oggi, in una sorprendente evoluzione, sperimenta con tele che catturano la stessa essenza tellurica delle sue sculture: lavori recenti ma già capaci di attrarre l ’ attenzione di importanti ‘interior designer’, trasformando spazi privati in gallerie di emozioni minerali.

Nella sua ricerca incessante, Janto continua a dimostrare che la vera arte non ha bisogno di clamori : basta un frammento di pietra, una curva scolpita nel tufo, o una macchia di colore materico per raccontare storie senza tempo.

Architetto Salvatore Tozzo

Scrivere di Antonello Iuliano, in arte Janto, per me è sempre un piacere. Me ne occupai molti anni addietro scrivendone su una rivista calabrese. All’epoca Janto scolpiva su pietra morbida. La tenerezza del materiale gli permetteva di velocizzare le sue opere. Il suo essere creativo aveva incontrato la materia giusta e così nascevano molti suoi capolavori. Non erano pensati o studiati.

Antonello, quelle forme e quei colori, li portava dentro.  Nato a Taranto nel ‘56, il sole ed il mare gli hanno regalato sensazioni fluttuanti. Cosi era nata “l’Onda” un bassorilievo che raffigurava le onde del mare con il bianco del materiale su cui operava. 

Si trasferisce in Calabria dove ritrova la luce e le acque della sua Taranto. Catanzaro è la sua città. Ma è sulla costa che si ritrova con il suo essere artistico. La fascia Ionica diventa la sua Terra con i suoi paesaggi, le sue albe ed i tramonti. Il suo essere sensibile immagazzina tutto per poi riportare tutto sui suoi lavori. E’ un ambientalista nato. Ha un grande rispetto della natura. Ed è con i materiali che trova sulle spiagge che fa nascere alcune sue opere. Si specializza in sculture e bassorilievi con materiale povero. A Janto non interessa la povertà del materiale lui vuole far passare un messaggio, sì artistico ma anche di grandi ideali: rispetto per la natura, per gli animali ma, soprattutto, per il genere umano spesso maltrattato da una economia dominante che tende a far scemare il rapporto umano a favore del dio denaro. 

Molte sono le sue partecipazioni a collettive e personali. Basti ricordare la partecipazione alla biennale di arte contemporanea di Firenze e personali allestero. Ma Janto non si ferma. Una volta raggiunta una mèta,  il suo animo cerca e ricerca. Si concentra sempre di più sulla spiritualità dell’uomo. Il suo lavoro abbandona sempre di più l’arte figurativa per addentrarsi nel magma delle sensazioni interiori. E’ l’anima che deve “sentire” la sua arte impadronendosene sempre di più per diventare essa stessa materia. Nascono cosi le ultime sue opere “Tensioni”. Con un linguaggio nuovo riporta in vita le sue sensazioni iniziali fatte di forme fluttuanti che ricordano le onde del mare. Ma questa volta, per esprimersi, si serve dello “scuro” di fondo o “degli scuri”. Non ha più importanza abbinare forme fluttuanti con i colori del mare. Adesso è il magma, il caos, a far  nascere l’idea che prende forma ben definita. 

Per Janto, non è più la “costruzione” del sentimento che si materializza attraverso l’opera, ma e l’opera stessa che induce lo spettatore ad essere esso stesso autore dell’opera, dandogli di volta in volta l’espressione a lui più congeniale. 

Janto ci “costringe” questa volta a “partecipare” componendo, attraverso la visione delle sue opre, dal proprio caos la libertà.  Non a caso la sua personale l’ha intitolata “Tensioni Creatrici”. Una mostra da vivere”. 

Ancora una volta Janto centra l’obiettivo: fa riflettere sulla vita e sulle cose ad essa care. Fa navigare lo spettatore nell’ignoto liberandolo di sovrastrutture che lo tengono prigioniero,  facendogli riassaporare la bellezza della vita. 

Una mostra, dunque, vitale. Non statica. Percettiva ed accattivante che ha il potere di non farci ricadere nel magma contemporaneo.

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