di STEFANIA PAPALEO
Non si è tirato indietro Daniele Furriolo. Comparso davanti al gip Luca Bonifacio, ha parlato e si è difeso strenuamente dall'accusa di tentato omicidio per avere accoltellato un coetaneo al culmine di un litigio per una ragazza contesa. Affiancato dall'avvocato Armodio Migale, il giovane ha ribadito la versione già fornita alla polizia nell'immediatezza dei fatti, sostenendo che a portarsi dietro un coltello era stata la vittima e che lui, nel momento di vederglielo spuntare tra le mani, gle lo avrebbe sfilato e lo avrebbe colpito solo per evitare il peggio ai suoi danni Una tesi che, tuttavia, non ha finora convinto il sostituto procuratore Giulia Pantano, che ha chiesto e ottenuto per l'indagato ventitreenne una misura cautelare in carcere contro la quale il legale dovrà ancora valutare in che termini ricorrere al Tribunale della Libertà.
Non ha parlato, ma si è rimesso alle dichiarazioni già rilasciate in un primo interrogatorio, il ventiquattrenne Vittorio Boccuto, che, fin dall'inizio, ha sostenuto di non essersi accorto di nulla in quanto impegnato alla guida dell'auto a bordo della quale sarebbero state sferrate le coltellate al cuore e al polmone della vittima, poi lasciata per terra sanguinante dai tre giovani fuggiti a tutto gas verso l'abitazione di Furriolo. Per Boccuto, infatti, le accuse contestate sono quelle di favoreggiamento personale e omissione di soccorso. A difenderlo gli avvocati Vittorio Coscarella e Domenico Pietragalla.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere, infine, il ventitreenne Daniel Ciambrone, apparso fin dall'inizio particolarmente confuso e quasi ignaro di quanto accaduto quella maledetta notte tra venerdì e sabato scorsi nel quartiere marinaro, ma sempre in silenzio anche davanti al suo avvocato Fabrizio Costarella, chiamato a difenderlo dalle accuse difavoreggiamento personale e omissione di soccorso.
Lunedì mattina, intanto, nei locali della Questura si svolgeranno gli accertamenti irripetibili sui telefoni cellulari sequestrati ai tre indagati, al fine di acquisire eventuali elementi utili a ricostruire quel presunto tranello mortale nel quale la vittima sarebbe stato fatto cadere dai tre indagati, dopo che Furriolo lo avrebbe invitato a salire in auto per un chiarimento relativo alla sua ex fidanzata con la quale il rivale stava intrattenendo da poco tempo una relazione.
Il teso nelle carte della Procura, che ha anche fatto leva su numerose testimonianze raccolte tra gli amici degli indagati e della vittima, quest'ultima assistita dagli avvocati Antonio Lomonaco e Valerio Murgano,.
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