"La recrudescenza delle violenze ai danni del personale sanitario, con gli ultimi episodi registrati a Soriano e Vibo, dimostra, ove ce ne fosse bisogno, che al di là dell’allarme sociale contingente, in coincidenza di ogni singolo episodio, il problema è ancora lungi dall’essere risolto. Tutto questo, nonostante i dati ufficiali dell’Inail siano a dir poco impressionanti, con una media di circa 1600 aggressioni all’anno. Dati che appaiono ancora più gravi se osservati dal punto di vista del genere, perché oltre il 70% delle violenze subite riguarda le donne. Il cerchio si chiude drammaticamente sottolineando che parliamo di dati ufficiali emersi a fronte di formali denunce. Nulla sappiano delle minacce velate, degli atteggiamenti aggressivi, delle violenze verbali, che pure sono all’ordine del giorno all’interno di strutture sanitarie al collasso come lo sono i pronto soccorso. Insomma è una vera emergenza, di cui tutti, a cominciare dalle istituzioni, hanno piena consapevolezza ma a fronte della quale si ha la sensazione che poco o nulla sia stato fatto e si stia facendo".
Lo riporta una nota della vicesindaco di Catanzaro e presidente dell’Assemblea regionale del PD, Giusy Iemma.
"È chiaro che la portata del problema è tale da rendere impossibile l’adozione di misure immediatamente risolutive. Le violenze nelle strutture sanitarie nascono in un contesto in cui i tagli progressivi alla spesa pubblica ne hanno compromesso la funzionalità e l’organizzazione. Ma questo non significa che non vi sia nulla da fare e che occorra rassegnarsi. Si può operare sul piano della prevenzione e quindi sollecitare un confronto con prefetture e forze dell’ordine affinché le situazioni più a rischio possano godere di una tutela stabile che garantisca sicurezza. Ipotesi peraltro contenuta nella proposta di legge regionale presentata dal consigliere Ernesto Alecci. Si può agire sul fronte della sensibilizzazione dell’opinione pubblica, attraverso campagne mirate che facciano comprendere meglio ai cittadini le condizioni difficili in cui operano le strutture sanitarie. Ma a questo proposito, è la politica che deve farsi carico di ottimizzare ogni opportunità.
L’esempio dei pronto soccorso è emblematico: si mantiene un carico di lavoro insostenibile quando è noto che la riorganizzazione della medicina territoriale potrebbe contribuire in modo decisivo al suo alleggerimento, esattamente come sta avvenendo in Emilia Romagna con i Centri di assistenza e urgenza per la cura e il primo soccorso. Ma in capo alla politica vi sono anche altre responsabilità non solo sul piano squisitamente organizzativo. Il pensiero va inevitabilmente alla vicenda catanzarese, dove la creazione del secondo pronto soccorso nell’ambito della neonata azienda Dulbecco, sembra dilatarsi ben oltre i tempi che le normali complessità tecnico-burocratiche impongono.
Una cosa è comunque certa: non è più possibile andare avanti di emergenza in emergenza. Non è più possibile mettere a rischio ogni giorno l’incolumità dei lavoratori e delle lavoratrici della sanità, che già sono gravati da responsabilità enormi nei confronti dei pazienti di cui si fanno carico con scrupolo e abnegazione. È in atto un’emergenza e non se può parlare solo a danno avvenuto, salvo poi dimenticarsene il giorno dopo. Occorre intervenire subito, ciascuno secondo le proprie responsabilità.
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