Quanto accaduto a Rende, con il bimbo di 8 anni isolato e lasciato solo in classe dai nuovi compagni di scuola perché dai genitori di questi ultimi ritenuto un “disturbatore”, ha davvero dell’incredibile. Ho riletto più volte la notizia perché non potevo crederci. Da padre, non oso nemmeno immaginare la delusione del bambino e la rabbia della sua famiglia di fronte a quanto accaduto. Un fatto increscioso, su cui occorre fare necessariamente chiarezza al più presto, in modo da individuare eventuali negligenze o comportamenti non professionalmente adeguati. Quanto accaduto, però, oltre ad indignarci, credo ci costringa ad effettuare una profonda riflessione sul rapporto tra la famiglia e la scuola e i rispettivi ruoli nella formazione sentimentale dei nostri ragazzi. Una riflessione che va fatta, a mio avviso, assumendosi la responsabilità di quanto si afferma, cercando di affrontare la problematica in maniera quanto mai oggettiva, anche se questo potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno.
Questo incredibile avvenimento mette in luce con evidenza la frattura che molte volte si crea nel rapporto tra le famiglie e la scuola. In certe età caratterizzate da grande fragilità e grande sensibilità, come quelle dei bambini che frequentano le elementari e le medie, queste due istituzioni dovrebbero essere molto vicine e dialogare continuamente per il bene di tutti gli studenti. Invece, spesso, ci si trova davanti ad alcuni insegnanti, per fortuna una piccola parte, che svolgono la loro professione non per passione, ma perché soltanto alla ricerca di un posto di lavoro. Si tratta di un ruolo importante, che diventa fondamentale soprattutto in condizioni di disabilità o disagi da parte degli alunni, in situazioni in cui il “sostegno” andrebbe svolto solamente da professionisti che hanno nelle proprie corde lo spirito di sacrificio fondamentale per assistere un alunno in tutte le sue esigenze, e ne conosco per fortuna tantissimi.
Dall’altra parte le nostre famiglie, che spesso preferiscono trovare delle scorciatoie più semplici da percorrere (come ad esempio non mandare un bambino a scuola) piuttosto che parlare con i bambini, aiutarli a “scoprire il mondo” e le sue relazioni, nel bene e nel male. Il rapporto tra scuola e famiglia sembra ormai basato sui soli diritti, e non sui doveri, dove la contrapposizione ha preso il sopravvento sull’aiuto e sul dialogo. La politica dovrebbe investire molte più risorse in favore delle scuola, attraverso progetti e riforme innovative e rivoluzionare, che coinvolgano anche i genitori. Provengo da una famiglia di insegnanti e mi accorgo ogni giorno di più che i vecchi modelli non possono funzionare. Dall’inizio del mio mandato ho intrapreso una battaglia sull’assistenza specialistica, ho presentato una proposta di legge sull’inserimento della figura dello psicologo scolastico, e continuerò ad avere un atteggiamento sempre propositivo nei confronti di una istituzione che deve essere sempre più inclusiva e moderna, capace di formare ottimi studenti, ma anche e soprattutto buoni cittadini.
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