Amarcord Giallorosso: Giuseppe D’Avino, il bomber che fece la storia delle Aquile

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  12 febbraio 2025 13:21

di BRUNO GEMELLI

Nell’album dei ricordi della “Catanzarese” (così si chiamava la squadra di calcio del Catanzaro sino al 1945), che non era solo un aggettivo e un sostantivo con cui si indicava l’abitante nato città ma soprattutto un marchio calcistico, c’era un personaggio molto colorito per quei tempi.   

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Si chiamava Giuseppe D’Avino (Salerno, 9 settembre 1927 – Salerno, 12 marzo 2011), e giocava come attaccante nell’epica formazione giallorossa del tempo.

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Questa era la rosa: Vittorio Masci (abruzzese), Antonio Lionetti (pugliese; soprannominato “Carlo Ninchi” per via del suo naso somigliante al famoso attore), Adelmo Santi, Antonio Tozzo (era di Pizzo Calabro come il suo compaesano Giovanni Fanello, altra gloria giallorosso), Ferruccio Morbidoni, Marco Mariuzza (il mediano morì il 7 ottobre 1955 all’età di 27 anni durante la partita Piacenza - Catanzaro, in seguito ad uno scontro di gioco nel quale riportò una ferita che provocò qualche giorno più tardi un’infezione), Antonio Altobello, Walter Costa (era chiamato “gambe di legno” per la sua postura rigida), Giuseppe D’Avino, Alberto Clementoni, Giovanni Corti, Luigi Ziletti, Sasà Leotta (catanzarese doc), Pietro De Santis (leccese), Antonio Ariagno, Giuseppe Princigalli, Pietro Torrini (chiamato Torrini II per distinguerlo dal fratello maggiore Celso Torrini. Pietro Torrini fu ingaggiato  dal Catanzaro nel 1954. Morì il 28 ottobre 1956 durante l’incontro di campionato contro il Pavia, in seguito ad un colpo di testa fatale, eseguito sull’allacciatura di un pesante pallone di cuoio dell’epoca, che ne provocò lo svenimento e l’emorragia successiva), Giuseppe Jugovaz (triestino), Vincenzo Sestito.

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D’Avino stette a Catanzaro sei stagioni, riportando le aquile in serie C e vincendo uno scudetto di IV Serie nel 1953.

Durante la permanenza a Catanzaro D’Avino, che era chiamato dai tifosi “Popponié” (non Peppiniè) si rese protagonista di una vicenda curiosa. Affrontando la Salernitana (squadra della sua città nonché ex club) segnò un gol pesantissimo, trafiggendo il proprio il portiere Aldo De Fazio che era suo cognato. Tale episodio incrinò i rapporti tra D’Avino e la città di Salerno.

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