di STEFANIA PAPALEO
Fallita nel 2011 la propria società che si occupava di pulizie presso Enti Pubblici, avrebbero pensato bene di cedere beni ad un'altra ditta gestita da familiari al fine di distrarre beni destinati ai numerosi creditori in attesa di incasso. Ma la Guardia di finanza gli stava col fiato sul collo e così per i soci di entrambe le società era scattata la pesante accusa di bancarotta, sfociata nella relativa condanna in Tribunale. Immediato il ricorso degli imputati per tentare di ribaltare la sentenza di primo grado. Oggi la conclusione del processo in Corte d'Appello (presidente: Roberta Carotenuto; a latere: Maria Rosaria Di Girolamo e Giannina Mastroianni) con una riduzione delle condanne, avendo i giudici preso atto della volontà di concordare la pena rinunciando ai motivi di appello.
Così la Corte ha condannato Annamaria Corigliano a 3 anni tre e 4 mesi di reclusione (in primo grado aveva riportato 5 anni di reclusione), Alessio Gualtieri e Angelo Tolomeo a 3 anni di reclusione (in primo grado 4 anni e 6 mesi di reclusione) e Salvatore Corigliano a 2 anni e 4 mersi di reclusione (in primo grado 3 anni e 6 mesi), dichiarandoli anche inabilitati all'esercizio di un'impresa commerciale e incapaci a esercitare uffici direttivi preso qualsiasi impresa per tutta la durata della pena riportata.
Gli imputati, infine, sono stati condannati a risarcire in solido i danni alla parte civile Sarina Cannistrà (assistita dall’avvocato Francesco Gigliotti) in qualità di ex dipendente della società che ad oggi vanta un credito di oltre 100 mila euro per non essere stata reintegrata sul posto di lavoro nonostante l'ordine di essere reintegrata da parte del Tribunale competente. La dipendente, licenziata dalla società poi dichiarata fallita, aveva infatti impugnato subito il suo licenziamento per mano dell'avvocato Gigliotti, che era riuscito a farlo dichiarato illegittimo dalla Corte di Appello, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato una prima sentenza di rigetto.
Insomma, ci sono voluti più di 10 anni ma alla fine la donna ha trovato giustizia, per buona pace anche dell'avvocato Gigliotti che l'ha affiancata fin dall'inizio nella sua battaglia a colpi di carta bollata.
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