Basso profilo. Antonio Gallo e i 18 Rolex comprati a Natale nel centro di Catanzaro per gli affiliati

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Rolex

  02 febbraio 2021 19:36

di PAOLO CRISTOFARO

Non solo business e affari, ma anche regali reciproci per ingraziarsi affiliati e amici degli amici. Emerge anche questo dall'ordinanza dell'operazione "Basso profilo", della Dda di Catanzaro, coordinata dal Procuratore Nicola Gratteri. In questo giro costoso di premi, ricompense e omaggi, il caso di un acquisto extra lusso fatto a Natale nel cuore di Catanzaro: ben 18 orologi Rolex da spedire per le feste ai vari sodali.

Caulonia, Cirò, Petilia Policastro, Isola Capo Rizzuto, Cutro, sono soltanto alcune delle località presso cui venivano inviati soldi e doni dal sodalizio, per la maggior parte da Antonio Gallo. Quest'ultimo, come sottolineato nelle carte dagli inquirenti, era perfettamente a conoscenza del fatto che non avrebbe dovuto effettuare lui queste consegne speciali, poiché i contatti con appartenenti ai clan o con persone attenzionate, in giro per la Calabria, avrebbero potuto favorire ipotesi investigative a suo carico. Suo preciso impegno, emerso dalle intercettazioni, quello di affidare a terzi il compito di portare regali e omaggi, raccomandando di non telefonare a nessuno. "I 5000 li devo mandare a Isola per Natale", riferiva Gallo, che a Tommaso Rosa, in un'altra conversazione, chiedeva invece di portare regali a Bagnato, della cosca di Roccabernarda, nel Crotonese. "Lascia il telefono quando parli o lo lasci da qualche parte", spiegava Gallo al "corriere" dei regali.

Sempre dalle carte degli inquirenti è emerso un altro caso di doni extra lusso e di un acquisto fatto in una gioielleria di Catanzaro. Per le feste di Natale, Antonio Gallo, Andrea Leone e "amici di San Giovanni in Fiore", hanno acquistato insieme in questa gioielleria 18 Rolex. Di questi Rolex 6 erano per lo stesso Gallo (di cui 3 da regalare), 3 per Andrea Leone, 3 per soggetti di Verona non meglio precisati e 6 per Pasquale Spadafora. L'acquisto lussuoso è stato confermato dagli inquirenti esaminando i documenti fiscali della gioielleria in questione e constatando che i sodali, per rendere difficile l'identificazione degli autori dell'acquisto, avevano pagato tutto con carte di credito legate alle società di copertura che essi stessi gestivano, spesso intestate formalmente a nullatenenti o a teste di legno manovrate dal clan. 

 


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