Calabria malata dei giorni nostri, "il grido" di tre intellettuali calabresi

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Da sinistra: Leonardo Spataro, Ettore Bruno Marisa Casciaro
  29 luglio 2025 17:05

L’affondo di Bruno, Casciaro e Spataro: «Non ci stiamo più al tormento dei proclami trionfalistici e alle passerelle vuote e spesso costose, è tempo di una rivoluzione culturale silenziosa ma efficace». 

«Da centro del Mediterraneo a fanalino di coda in Europa, da prima della classe alla Calabria degli ultimi: adesso basta», è "il grido" di tre intellettuali calabresi per un’ipotesi di rinascita non effimera ma duratura della regione. Si tratta di Ettore Bruno, saggista, Marisa Casciaro, umanista, e Leonardo Spataro, filosofo.

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Si mettano in campo la volontà e il coraggio di affrontare una decisa inversione di rotta per non ritrovarci prima o poi a piagnucolare di fronte al rischio concreto che il declino che da troppo tempo interessa la Terra di Erodoto e Lisia, di Telesio e Campanella assuma davvero i caratteri della irreversibilità. 

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Tra spopolamento devastante e maglie nere che report e statistiche ci ricordano di continuo, se per un verso è necessario e urgente non assistere passivamente, uscire dalla rassegnazione, (avrebbero detto i Latini) "non ristare" e scalzare quello che i tre intellettuali chiamano "attendismo involutivo", per altro verso occorre sfatare pregiudizi e smontare la logica delle retoriche e degli slogan troppo presto dimenticati e troppo spesso destinati a rimanere tali.

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Le Sibariadi, un sogno di gloria ingoiato dal fango del Crati

«In questa direzione, gli esempi ci vengono da un passato che benché distante riguarda direttamente e da vicino noi Calabresi – dichiara Marisa Casciaro, umanista e autrice teatrale –, per esempio dalla vis eroica e sportiva antica: si pensi a quell’agone all’ombra della storia e nel cuore della gloriosa Sibari, dove pulsava un agonismo solenne accompagnato dal desiderio di sfidare gli dei e gli uomini: le Sibariadi, un sogno di gloria destinato a rimanere tale».

Il riferimento è ai Giochi di Sibari, che richiamavano sullo Jonio calabrese, allettati dai ricchissimi premi in palio, gli atleti più forti del Mediterraneo, e che andarono persi per sempre a causa della distruzione della città per mano dei Crotoniati.

«Un lampo di gloria eterna nel desiderio di eccellere in tutto – continua l’umanista cosentina – che malissimo si concilia con la constatazione che la Calabria di oggi non sforna campioni e stenta da sempre pure in ambito sportivo».

La Terza Via indicata da Bruno e Spataro

«Le azioni concrete per risollevare le sorti della nostra Calabria – afferma Ettore Bruno, saggista e studioso del diritto magno greco –, non spetta certo a noi praticarle; diversamente, avvertiamo forte la necessità e sentiamo il dovere di indicare quella che noi chiamiamo La Terza Via, da imboccare al di là della mai sopite retoriche e dei disarmanti  luoghi comuni a venatura romantica, poiché a imporsi è la messa in campo di rimedi non solo concreti ma pure urgenti». 

«E infatti – conclude Leonardo Spataro, docente e filosofo – la via da seguire si colloca equidistante dalle due antitetiche tentazioni della humanitas calabrese, vale a dire è posta a metà strada tra i deliri di onnipotenza e i complessi di inferiorità, la percezione di abitare una periferia dell’Europa da una parte e di sentirsi il centro del mondo dall’altra; dichiarare che tutto è oro o fango nuoce ai Calabresi, chiamati invece a scovare tante e inattese pepite proprio nel fango».

In tale ottica, il proposito dei tre intellettuali è stimolare le menti e far prendere coscienza della reale condizione calabrese dei giorni nostri: per "non ristare", per scegliere tra la Calabria di Peppone e quella di una rinascita vera, tra la Calabria dei concerti di capodanno e i Calabresi che facciano rete e fronte comune. C’è un gran lavoro che ci aspetta. 

 

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