Calabria zona arancione. Filippo Veltri: "Il Natale dopo il Ferragosto: non ne usciremo"

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Filippo Veltri
  28 novembre 2020 08:59

di FILIPPO VELTRI

L’alto numero dei nuovi contagi registrati sarebbe il frutto di quanto accaduto due settimane fa, e a maggior ragione il numero dei decessi, conseguenza di contagi avvenuti anche un mese prima. Considerazione da cui nessuno, chissà perché, si sente portato a concludere che in tal caso, quanto meno, erano sbagliate le misure di un mese fa, quando pure non mancavano le voci critiche e le grida di allarme, soltanto a volerle ascoltare, da parte di scienziati (sistematicamente ignorati,  forse perché estranei ai comitati governativi), esponenti dello stesso  governo (ovviamente a microfoni spenti) e anche semplici osservatori

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Chi dice che siamo inerti rispetto alla recrudescenza della pandemia, chi sostiene che la seconda ondata ci ha colto di sorpresa, chi dai divani o dalle trasmissioni tv afferma che siamo impreparati e in ritardo non ha gli occhi onesti, non ha la mente libera e neppure la pazienza, oppure non conosce l’aritmetica, ha detto Domenico Arcuri in una delle sue tante e tristi nonché monocordi conferenze stampa, comizi e dichiarazioni pubbliche, a proposito della distribuzione dei vaccini, di cui si occuperà come commissario all’emergenza (visto il successo avuto con le mascherine prima e con i banchi a rotelle poi c'è da rabbrividire), o a proposito dei futuri assetti proprietari dell’Ilva, di cui si occupa come amministratore delegato di Invitalia (obiettivamente non aiuta a distinguere le cose il fatto che il sito di Invitalia apra con la conferenza stampa di Arcuri sull’emergenza Covid e prosegua con la sezione notizie sulle ultime dichiarazioni di Arcuri a proposito dell’emergenza Covid). Essendo anche calabrese, non si capisce come mai il governo non abbia ancora pensato a lui anche come commissario alla sanità.

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A ogni modo, secondo Arcuri, dire che il governo si è fatto cogliere di sorpresa dalla seconda ondata, che sono impreparati e in ritardo, significa non avere gli occhi onesti e la mente libera, o non sapere l’aritmetica. Chissà a quali numeri si riferisce. Probabilmente a quell’indice di contagio che fa ora dire a Conte, tra una lettera su Babbo Natale e l'altra, che le misure "stanno iniziando a funzionare" e quindi le Regioni cambiano colore.

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Il problema è che quando il capo del governo invitava i ministri più preoccupati a tenere i nervi saldi e ad aspettare l’esito delle misure già prese, confidando nel "monitoraggio" e nel "metodo scientifico" elaborato con i vari comitati e cabine di regia tecnico-politiche, i contagi erano circa un decimo degli attuali. Per essere precisi, quando il 13 ottobre il governo Conte varava il primo Dpcm della seconda ondata i nuovi contagi giornalieri erano 5.898. Se davvero i seicento morti al giorno di questa settimana sono conseguenza dei contagi di allora, ora che i contagi sono arrivati a quarantamila cosa dobbiamo aspettarci?

Quello che è sicuro è che in ogni caso, per quanto la diffusione del virus possa aumentare, per quanto la situazione di ospedali e pronto soccorso possa aggravarsi, al governo nessuno ha la benché minima intenzione di assumersene la responsabilità. E questo è un enorme problema, perché fino a quando si penserà solo a come giustificare le scelte compiute, anziché a correggerle, non abbiamo alcuna speranza di uscire dal circolo vizioso di lockdown interminabili seguiti da vacanze spensierate: ieri era l’estate in discoteca, domani il Natale a mezzo, con annesso magari le piste da sci in Slovenia, seguiti da nuovi lockdown.

 Per parafrasare il titolo di uno sfortunato libro recentemente non pubblicato – quel «Perché guariremo» scritto da Roberto Speranza e arrivato fin sugli scaffali delle prime librerie a ottobre inoltrato, prima di essere frettolosamente ritirato – in questo modo non guariremo mai. Chi guida il paese in una crisi simile deve pensare ventiquattro ore su ventiquattro a come tirare l’Italia fuori dai guai, non a come tirarsene fuori lui.

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