Caso Pittelli, la Camera Penale di Palmi: “Diritti stracciati in vetrina a Rinascita Scott”

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  09 dicembre 2021 07:37

“Scriviamo a margine di notizia del giorno ancora una volta legata al trattamento riservato ad un imputato ristretto in un processo di criminalità organizzata e per tale ragione particolarmente esposto, come molti altri nella stessa condizione, all’abuso di un potere giudiziario strenuamente impegnato in quel campo nell'attuazione di politiche repressive. 
Si tratta anche di un imputato esposto mediaticamente per cui insieme al suo caso anche i diritti a lui negati vengono alla ribalta”. Lo scrive su Facebook il direttivo della Camera Penale di Palmi- “Vincenzo Silipigni”, in relazione al terzo arresto in carcere di Giancarlo Pittellli, ex parlamentare, avvocato, nei guai con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo denominato “Rinascita Scott” della Dda di Catanzaro.

“Abbiamo un detenuto agli arresti domiciliari con corredo draconiano di prescrizioni in materia di divieto di comunicazioni che scrive alla parlamentare Carfagna, attuale ministro per il Sud e la coesione territoriale, per raccontare con toni accorati la pena del processo che sta subendo.  Abbiamo la parlamentare ministra che tramite l’apparato burocratico denuncia il “fatto” trasmettendo la lettera alla Procura Distrettuale di Catanzaro;  che, a sua volta ci vede tanto grave manifestazione di tendenza criminale, con accresciuto rischio per la collettività, da chiedere l’aggravamento della misura”, scrive la Camera Penale.

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“Abbiamo un giudice che nella sua ristretta prospettiva vede ciò che vede il potente requirente. Hanno visto bene? Lo dirà un giudice che – auguriamo – prima o poi Giancarlo Pittelli (è di lui che si parla) avrà l’opportunità di incrociare. Secondo noi, fuori da tali angusti confini, con attenzione rivolta verso l’orizzonte dei diritti coinvolti nella vicenda,  la condotta del parlamentare  che denuncia l’imputato detenuto per il sol fatto di avergli scritto,  potrebbe apparire manifestazione di servile viltà; e l’intervento delle componenti della giurisdizione,  miope e brutale vilipendio diritti dell’imputato ristretto. Ci spieghiamo. Vorremmo porre la questione della legalità di una prescrizione annessa al divieto di comunicazione che impedisca al detenuto agli arresti domiciliari di stabilire corrispondenza epistolare con un parlamentare della Repubblica.  Dovrebbe sapere il deputato Carfagna, tanto quanto i rimanenti negativi protagonisti della vicenda, che “libertà e segretezza della corrispondenza, diritti dichiarati inviolabili dall’art. 15 Cost. spettano ad ogni individuo in quanto tale e, quindi, anche ai detenuti” (Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale pronunciata dalla Corte di Cassazione Sez. 1 Num. 20338 Anno 2021)”, continuano i penalisti.

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 “Dovrebbero sapere che nemmeno al detenuto in carcere, sottoposto per atto del Giudice a controllo della corrispondenza, può essere vietata o anche soltanto limitata la corrispondenza epistolare con un parlamentare della Repubblica. Dovrebbero sapere che neanche ai detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare, il famigerato 41 bis, può essere sottratto un simile diritto.  Dovrebbero sapere che la custodia domiciliare non può trasformarsi in regime di più intensa afflizione rispetto alla prigionia carceraria. Dovrebbero dunque sapere che una prescrizione che impedisca ciò alla persona sottoposta agli arresti domiciliari offende i diritti fondamentali dell’uomo imputato e privato della libertà personale.  

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Il paradosso sta proprio nel fatto che nel carcere in cui Giancarlo Pittelli attualmente si trova nessuno potrebbe impedirgli di ripetere la medesima condotta che da detenuto domiciliare è costata tanto spropositata reazione.  La vicenda dice molto della condizione in cui siamo precipitati, con una politica senza il senso della responsabilità e della dignità alta della funzione, ormai in balia degli apparati. E con una giurisdizione con scadente cultura dei diritti che fa irruzione in un ambito inviolabile per dettato costituzionale.  E stigmatizza e sanziona censurando i contenuti di una comunicazione inaccessibile all’autorità in un sistema democratico in cui le libertà fondamentali non siano sospese”, è la conclusione della Camera Penale di Palmi.

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