Caso Sara Pedri, assolti l'ex primario Tateo e la sua vice Mereu accusati di maltrattamenti

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images Caso Sara Pedri, assolti l'ex primario Tateo e la sua vice Mereu accusati di maltrattamenti
Sara Pedri
  31 gennaio 2025 15:36

di STEFANIA PAPALEO

Maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione e disciplina. La Procura di Trento ci ha provato fino alla fine a dimostrare un legame tra la morte di Sara Pedri e il comportamento dell'ex primario Saverio Tateo e della sua vice Liliana Mereu nel reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento. Ma la richiesta di condanna a quattro anni, due mesi e venti giorni di reclusione sollecitata per entrambi gli imputati dalla pm Maria Colpani è finita nel vuoto. Il Gup del Tribunale di Trento, che li ha giudicati con il rito abbreviato, ha assolto i due professionisti con formula piena, in accoglimento della tesi difensiva portata avanti dagli avvocati Andrea De Bertolini, Stefano Daldoss e Paolo Demattè, lasciando così l'amaro in bocca non solo ai familiari della ginecologa che aveva trascorso i suoi anni felici a Catanzaro, ma anche alle venti colleghe che si erano costituite parte civile nel processo denunciando un contesto di mobbing nel quale i due professionisti imputati le avrebbero costrette a lavorare per anni.

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La brutta storia al centro del procedimento che si è appena concluso ha inizio il 4 marzo del 2021, con la scomparsa della ginecologa trentunenne forlivese all'epoca fresca di dimissioni dall'ospedale "Santa Chiara" di Trento, dove era giunta da qualche mese in cerca di un contratto a tempo indeterminato che l'Università Magna Graecia di Catanzaro non era riuscita a garantirle. La sua auto era stata ritrovata nei pressi del lago di Santa Giustina, ma di lei nessuna traccia, tanto che la stessa Azienda sanitaria aveva istituito una commissione d'inchiesta interna, a seguito della quale anche il Ministero della salute aveva inviato gli ispettori che avevano evidenziato "criticità oggettive nella gestione del personale del reparto". Da lì l'avvio delle indagini da parte della Procura e l'inizio di un calvario per la famiglia di Sara, intriso di lacrime e inquietanti interrogativi rimasti a tutt'oggi senza risposta. 

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La storia di Sara ha attraversato l'intera Italia, dalla Calabria al Trentino, dove quel trasferimento obbligato ne avrebbe cambiato tragicamente il destino, trasformando quella ragazza solare che tutti ricordano ancora a Catanzaro in una giovane donna depressa senza più il sorriso a illuminarle il volto. Il ritrovamento dell'auto, ma non del corpo continua ad alimentare le speranze dei suoi familiari, che ancora oggi aspettano di conoscere la verità sul destino di Sara che, bagagli alle mani, aveva lasciato il capoluogo calabrese, dove aveva trovato la sua dimensione personale e professionale, per raggiungere l'ospedale di Cles, dove i suoi sogni si sarebbero infranti contro un atteggiamento a lei ostile da parte di colleghi e superiori che l'avrebbero sempre di più relegata in un angolo, quasi a farla sentire incapace a tenere un bisturi in mano. 

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Questo avevano ricostruito gli inquirenti, che hanno poi incriminato i vertici del reparto, senza però convincere il gup della responsabilità degli imputati, oggi rientrati a casa con in tasca una sentenza di assoluzione e lasciandosi alle spalle l'urlo di dolore di chi non ha ancora trovato giustizia.

 

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