di CATALDO NIGRO*
"Il caldo rovente delle Ferie, in via di estinzione, e il rallentamento delle attività professionali mi hanno portato a riflettere su due temi scottanti che il nostro paese si trova a dover considerare. La democrazia. Dopo aver celebrato tre festività importanti quale Il 25 Aprile - festa della Liberazione - il Primo Maggio –festa del lavoro- e il 2 Giugno- festa della Repubblica - credo sia opportuno riflettere sul significato e sulla importanza della Democrazia quanto sul ruolo di ognuno di noi in quanto cittadino di uno Stato ricostruito dopo la tragedia della Seconda Guerra mondiale.
Pensare che democrazia significhi andare a votare per eleggere e scegliere i parlamentari, i sindaci, i governatori regionali è una visione ristretta e parziale. E’ questo, certamente, ma anche molto, molto di più.
E’ piuttosto un metodo di lavoro, un modo di come stare insieme all’interno di uno Stato; è un modo di dialogare, di convivere, nella continua e creativa composizione di esperienze culturali e sensibilità diverse.
Nell'Italia del 1945 e 1946, uscita divisa dalla guerra dove si fronteggiavano schieramenti ideali contrapposti, è stato possibile scrivere una Costituzione unitaria perchè con grande accortezza, sagacia, senso della collettività e del bene comune, i costituenti hanno disseminato la Carta di riferimento ai valori: rispetto delle religioni, rispetto dei diritti, rispetto della libertà di coscienza, diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, etc. etc.
Valori cristiani e allo stesso tempo valori umani, universali che fondano la coesione sociale, forniscono un orizzonte di significato allo stare insieme soprattutto come comunità umana, fratellanza universale. Ce lo ricorda con chiarezza Papa Francesco nella enciclica Fratelli Tutti.
E di fronte alle crisi politiche, alla guerra in Europa, alle crisi umanitarie, alle crisi economiche, di fronte alle sfide etiche portate dai progressi tecnici e scientifici, di fronte all’individualismo, è la democrazia quel collante che aiuta ad andare avanti in un orizzonte comune, ricordandoci che IO senza NOI non esiste. L’individuo senza famiglia, senza il valore della solidarietà dovuta, senza le risorse che la sussidiarietà può mettere in atto, non esiste.
A patto che ognuno di noi pensi alla democrazia non in astratto, ma la senta radicata e viva nell’impegno quotidiano a fare bene il lavoro che abbiamo, a cercare elementi di coesione e non di divisione, a guardare agli altri con rispetto, attenzione e spirito di fratellanza all’interno di uno Stato in cui ci si impegna a fare in modo che le disparità economiche siano al minimo e dove la politica -nel senso di arte di governo e composizione- agisca non nell’interesse particolare ma nell’interesse di tutti.
Ma democrazia vuol dire anche cittadinanza attiva, partecipazione responsabile e collaborazione positiva finalizzata a rafforzare istituzioni, territorio e servizi a disposizione del cittadino, senza sentire lo Stato una entità staccata, lontana, estranea. Oggi con l’incompetenza e la superficialità su Social e TV la democrazia diventa tifograzia. Ci si divide seguendo non la luce di una idea o di un ideale, ma la schiera dei pifferai del momento. Una simile interpretazione praticata quanto largamente vissuta, va sostituita e corretta in quanto comporta un errore rilevante non più accettabile né tantomeno discutibile perchè offende il pensiero e deturpa l’azione di quanti si sono spesi e impegnati nel tempo a sostenere la democrazia in questo nostro paese, garantendo pace e sviluppo a tutti NOI.
Il codice di Camaldoli. L‘occasione dell’anniversario degli ottant’anni della stesura de “Il Codice di Camaldoli” magnificamente messa in rilievo dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella deve essere momento prezioso di ricerca e studio non solo per fare memoria e ricordare le ragioni e gli impatti di quella ’esperienza ma per ritrovare quella tensione generosa e quella visione coraggiosa che segnò il percorso democratico della pace e dei diritti universali della persona in una area dove Monarchia e guerra hanno arrecato danni e distruzioni, che hanno prodotto solo ritardo sullo sviluppo complessivo.
Oggi c’è da augurarci uno sforzo collettivo per ritrovare lo spirito di “Camaldoli” al fine di costruire prospettive nuove e modelli di soggettività politica chiare tanto da impegnare la politica come stile da abitare la complessità, quale spazio trasformato da un nuovo agire sociale più fraterno e più prossimo come speranza di un futuro diverso che superi disparità e disuguaglianze di diritti oggi diffusi nel paese, da pretendere invece sempre più umano, più solidale e meno disuguale.
Necessita pertanto una maggiore dimensione culturale in sinergia tra valori universali, diritti e visione per quello che dovrà essere il domani dei nostri figli, figlie e nipoti, ma anche il vivere delle persone anziani nella consapevolezza di un comune impegno forte e chiaro per costruire quella casa di tutti, chiamata paese".
* Presidente Anteas Calabria
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