
di CARLO MIGNOLLI
Il celebre motto di Alexandre Dumas, “Tutti per uno, uno per tutti!”, torna a vivere sul palcoscenico in una nuova, travolgente veste musicale. Il 30 ottobre alle ore 21:00, il Teatro Politeama di Catanzaro ospiterà la lo spettacolo “I Tre Moschettieri - Opera Pop”, inserito nel cartellone della XXII edizione del Festival d’Autunno, ideato e diretto da Antonietta Santacroce.
Sotto la raffinata regia e direzione artistica di Giuliano Peparini, l’opera pop unisce musica, prosa e danza in un racconto emozionante e visivamente potente. Protagonisti assoluti Giò Di Tonno, Vittorio Matteucci e Graziano Galatone, che danno volto e voce rispettivamente ad Athos, Porthos e Aramis, rinnovando il celebre trio in chiave contemporanea.
Con musiche firmate da Giò Di Tonno, testi di Alessandro Di Zio, coreografie di Veronica Peparini e Andreas Muller, scenografie e luci di Marco Palmieri e la prestigiosa collaborazione del maestro d’armi Renzo Musumeci Greco, lo spettacolo - prodotto da Stefano Francioni Produzioni e Teatro Stabile d’Abruzzo - promette un’esperienza intensa e di grande impatto.
Il legame profondo tra i protagonisti è il cuore pulsante di questa nuova creazione, che esplora tanti temi: dall’amicizia e l’onore, alla brama di potere, la rivalità e l’amore. Temi universali che travalicano il tempo e parlano al presente, toccando corde emotive comuni a ogni spettatore.
In attesa del debutto, Graziano Galatone, interprete di Aramis, ha raccontato ai nostri microfoni la genesi dello spettacolo, le caratteristiche del suo personaggio, del rapporto con i colleghi di sempre e tanto altro.
L’INTERVISTA
Graziano, “I Tre Moschettieri” debuttano in Prima Nazionale al Teatro Politeama di Catanzaro per il Festival d’Autunno. Una storia che tutti conoscono, ma che qui si presenta in una veste nuova. Come stai vivendo l’attesa di questa prima nazionale e in che modo questa versione, definita “opera pop”, riesce a rinnovare un classico senza tradirlo?
«Intanto vivo la Calabria in modo emozionante, intenso, perché artisticamente mi sono formato proprio qui. Io chiamo i calabresi i miei “cugini”, da buon pugliese, quindi tornare in Calabria per me è sempre un piacere, senza troppi giri di parole. Quando arrivo qui, mi sento un uomo felice, non so perché… ma è così! Amo la Calabria e amo Catanzaro, sono molto legato al Teatro Politeama dove ho portato tanti spettacoli importanti, dai grandi classici ai musical. Ricordo, per esempio, I Promessi Sposi, dove interpretavo Renzo».
Cosa ti ha colpito di più di questa nuova produzione?
«Questa nuova “Opera Pop” è, a mio avviso, molto moderna, nella struttura e nella semplicità. È uno spettacolo d’impatto, curatissimo nelle scenografie e nelle luci, che riesce a rendere dinamico un romanzo complesso e lungo come quello di Dumas. Gli autori sono stati bravissimi a condensarne l’essenza, senza snaturarlo. Personalmente l’ho vissuto benissimo, anche perché per affrontare questo spettacolo mi sono preparato fisicamente: sapevo che sarebbe stato un palcoscenico impegnativo e molto dinamico, quasi “americano” nel ritmo».
In che senso “americano”?
«Sai, i musical di Broadway hanno una fisicità e un’energia particolari. Noi veniamo dalla tradizione dell’opera, ma qui c’è qualcosa di simile, una grande dinamicità. Abbiamo dovuto imparare anche a tirare di fioretto! Il maestro d’armi, Renzo Musumeci Greco, ci ha allenati duramente: è uno dei migliori in Italia e, credimi, ci ha letteralmente distrutto le gambe!»
Parliamo del tuo personaggio: come hai costruito il tuo Aramis?
«Il mio personaggio mi appartiene molto. Aramis è quello più riflessivo, più pensieroso, ma quando deve “stoccare” non ha esitazioni. È versatile: può passare dalla malinconia alla leggerezza in un attimo. Ho voluto dargli delle sfumature personali, rispettando ovviamente la scrittura, ma cercando di renderlo vivo e tridimensionale. Gli altri due, Athos e Porthos, sono personaggi molto fedeli al romanzo, io invece ho voluto lavorare sul lato più umano e cangiante di Aramis».
E quali aspetti ti hanno divertito di più nel portarlo in scena?
«Mi sono divertito tanto, non mi sono mai annoiato. A volte capita di affrontare ruoli che rischiano di diventare ripetitivi, ma qui no. Ci sono momenti di pathos, di malinconia, ma anche tanta ironia: Aramis e Porthos si prendono in giro, scherzano. Questa alternanza di toni mi ha divertito molto, dà ritmo e vita allo spettacolo».
Parliamo ora del cast: lavori ancora una volta con Giò Di Tonno e Vittorio Matteucci, con cui hai condiviso tanti successi. Com’è stato ritrovarvi in questa nuova avventura?
«Beh, con Giò e Vittorio ci conosciamo da venticinque anni. Ormai ci chiamano “il trio” e direi che è un nome che ci rappresenta bene! Sappiamo perfettamente come muoverci in scena, conosciamo i pregi e i difetti l’uno dell’altro - quelli simpatici, che ogni tanto ci mettono in difficoltà, ma che ci fanno anche sorridere. Giò, oltre a essere protagonista, è anche autore delle musiche, ma nonostante questo non è stato affatto autoritario: ci ha lasciati liberi di esprimerci, con grande fiducia e rispetto reciproco».
Tra i temi principali dello spettacolo ci sono il potere, l’amore e la rivalità. Quale senti più vicino a te e quale emerge di più in scena?
«L’amore è sicuramente presente, ma secondo me il tema che emerge di più è la forza della vita. I Tre Moschettieri lottano per la giustizia, per difendere ciò in cui credono. In un certo senso, oggi potrebbero rappresentare chi difende davvero la nostra società: polizia, carabinieri, persone che rischiano per gli altri. Sono i difensori della giustizia e, prima di tutto, della vita. E questo è un messaggio molto attuale».
Hai citato il maestro d’armi Renzo Musumeci Greco. Quanto è stato importante il suo lavoro per rendere credibili i duelli in scena?
«Moltissimo. È stato un lavoro durissimo, ma fondamentale. Io avevo già avuto modo di incontrarlo ai tempi dei Promessi Sposi, ma allora non duellavo in scena. Stavolta sì, e devo dire che è uno degli sport più faticosi che esistano. Richiede forza, equilibrio, concentrazione. A 52 anni non è proprio una passeggiata! Però la preparazione fisica è stata preziosa: ci ha permesso di affrontare le coreografie di spada con sicurezza e realismo. E poi è bello continuare a imparare, anche dopo tanti anni di carriera: ogni spettacolo è una scuola nuova».
Hai interpretato grandi ruoli: da Tosca a Notre Dame de Paris, fino ai Promessi Sposi. Cosa aggiunge questo personaggio al tuo percorso artistico?
«Credo che in questo spettacolo emerga molto la fisicità. Gli abiti, le armature, le spade… tutto contribuisce a farti entrare davvero nell’epoca e nel personaggio. È come fare un salto indietro nel tempo. Rispetto ad altri ruoli, qui mi sono divertito di più fisicamente: salto, mi arrampico sulle impalcature, duello… È tutto molto coreografico e spettacolare. Un’esperienza bellissima, che mi ha dato energia e nuove sensazioni».
E per concludere, che cosa speri che il pubblico catanzarese porti con sé dopo aver visto lo spettacolo?
«Credo che si aspettino un musical classico, ma resteranno sorpresi. Il pubblico catanzarese è molto attento e colto, abituato al teatro di qualità. Penso che apprezzerà la forza visiva e musicale dello spettacolo: è pieno di energia, con musiche travolgenti e una storia che richiede attenzione. Non è semplice, ma proprio per questo colpirà. Mi aspetto un pubblico coinvolto, curioso e partecipe: uno spettacolo così merita di essere vissuto fino in fondo».
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