di MARCO CALABRRSE
Un percorso che ci ha offerto l’ascolto di alcuni Stabat Mater: da quello monodico gregoriano a quello polifonico di Palestrina - di cui quest’anno ricorrono i 500 anni dalla nascita-; da quello di Alessandro Scarlatti, composto nel 1724 su commissione della Congregazione dei Cavalieri della Vergine dei Dolori, sostituito poi nel 1736 da quello di un giovanissimo Giovanni Battista Pergolesi, che lo concluderà frettolosamente - “l’amen” finale ne è testimonianza - poiché la tubercolosi mise fine ai suoi giorni terreni.
Il pathos, e tutte le forme di retorica musicale, sono una costante nella scrittura di Pergolesi; una pagina musicale di affetto ed affezione, di dolore, di lacrime e di sofferenza che trova conclusione nel carezzevole duetto che accompagna la preghiera e la speranza della gloria del Paradiso.
La prima esecuzione dello Stabat di Pergolesi è del 1736; la consacrazione della Chiesa del Monte dei Morti Catanzaro del 1739. La musica ha abbracciato, oltre che i nostri cuori, anche l’architettura dell’edificio sacro che ci ha ospitato.
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