di TERESA ALOI
I fiori, tantissimi, bianchi. Lo striscione con il suo volto. Felice. Sul triciclo nel corridoio di casa, con il pannolino in una foto scattata qualche giorno prima della tragedia. E' minuscolo il feretro di Marco Pullano il bimbo di 17 mesi investito da un furgone a Catanzaro, nel quartiere di Janò nel cortile di casa.
Quando arriva in chiesa, nella Basilica dell'Immacolata, gli occhi sono pieni di lacrime. Qualcuno singhiozza e rompe il gelido silenzio che aleggia in un pomeriggio di fine estate che avrebbe dovuto avere tutto un altro sapore. Nessuna parola può consolare una mamma e un papà distrutti. Ci prova don Sergio Iacopetta. Cita il vangelo secondo Matteo. "Gesù dice che tutto gli è stato dato dal Padre. Pertanto, nessuno conosce veramente il Figlio eccetto il Padre, e nessuno conosce veramente il Padre eccetto il Figlio" per evidenziare l'intima e unica relazione tra Padre e Figlio, una conoscenza reciproca al di fuori della comprensione umana ordinaria. Conoscenza, basata sull'amore e sulla rivelazione, non sulla sapienza umana.
"Gesù invita tutti i stanchi e oppressi a venire a lui per trovare ristoro, invitandoli a imparare da lui che è mite e umile di cuore". "Non vi sono parole che possono consolare soprattutto quando ci troviamo difronte la bara di un bimbo- dice don Iacopetta - e il silenzio sarebbe l’unica arma nelle nostre mani per continuare a crederee cercare di spiegare il mistero della morte". Pii, l'invito alla speranza. Quella stessa speranza racchiusa nei palloncini bianchi e nell'applauso al piccolo Marco volato in cielo troppo presto.
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