Catanzaro, l'Università e i diecimila studenti "invisibili"

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  04 settembre 2019 19:18

di GIORGIA RIZZO

Sono circa diecimila gli studenti universitari a Catanzaro. Una componente giovanile importante, che si colloca in modo frammentario nelle varie zone della città, fra Centro storico, quartiere marinaro e campus di Germaneto. Una fetta di popolazione quasi invisibile, che non riesce a trovare la sua collocazione nel tessuto cittadino e che soffre quotidianamente la mancanza di servizi anche minimi. Primo fra tutti il problema della mobilità e dei trasporti, che riescono a stento a coprire la distanza fra luoghi di residenza e  di formazione, con poche corse, autobus sovraffollati e poco sicuri. Gli studenti pendolari provenienti da altre città devono inoltre confrontarsi con il problema del caro fitti, che si aggira intorno ai 250 – 300 euro fra quartiere marinaro e centro cittadino. L’isolamento è invece il rischio dei giovani beneficiari di borsa di studio che ottengono l’alloggio presso il campus dell’Umg. In ballo, adesso, la proposta di istituire alcune residenze presso la scuola Chimirri in Centro. 

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E’ invece il quartiere di Lido il luogo preferito dai giovani universitari, l’unico in cui esista una timida vita universitaria seppure solo legata a locali commerciali notturni. Inesistente è, però, la presenza di spazi di socialità e cultura, studio e confronto fra studenti, anche slegati da una logica di profitto. Il centro cittadino, al contrario, non riesce ad assicurare neanche quel minimo di vivacità serale, quasi rimanendo impermeabile a questa presenza giovanile in città, seppure attualmente vi sia il tentativo di invertire la rotta.

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Al netto della situazione, manca in maniera evidente una visione di città che sappia tener conto e trarre beneficio da questa composizione studentesca. Il dibattito istituzionale ormai avviato da anni su “Catanzaro città universitaria” è fermo, nonostante le sollecitazioni delle opposizioni e qualche insufficiente risposta o iniziativa che non modifica lo stato delle cose attuali. 

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Quanto ancora si potrà andare avanti in questa direzione? Quando finirà questo colpevole silenzio? Sarà forse necessario che i diretti interessati trasformino le personali indignazioni in rivendicazioni collettive per uscire da questa condizione di “invisibilità” o, per dirla con Sergio Dragone (LEGGI QUI ), da quell'apatia "che  si lascia passare tutto ciò che accade al campus come acqua sul marmo".

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