“Grave e perdurante violazione dei principi democratici”. Con queste parole durissime, i consiglieri comunali di minoranza Vito Maida, Claudio Foti e Giuseppe Antonio Rauti hanno formalizzato una lettera al Prefetto di Catanzaro, Castrese De Rosa, denunciando il blocco delle convocazioni del Consiglio Comunale da parte del sindaco Domenico Donato. Quattro le richieste ufficiali presentate tra il 5 novembre 2024 e il 21 gennaio 2025, tutte finite nel nulla.
Nella missiva, i tre esponenti di minoranza non usano mezzi termini: «Il Sindaco, in evidente violazione delle norme che regolano la convocazione del Consiglio Comunale, stabilisce arbitrariamente le sedute esclusivamente in base alle proprie necessità, ignorando le richieste di convocazione avanzate dalla minoranza». Un atto definito «inaccettabile», che «comporta un grave danno alla democrazia», impedendo ai rappresentanti eletti di «svolgere il proprio mandato e intervenire su temi di interesse pubblico».
Le date delle richieste respinte fanno scalpore: 5 novembre 2024, 8 gennaio 2025, e due solleciti il 21 gennaio 2025. Tutte senza risposta. «Non è più possibile perdere tempo – scrivono – l’amministrazione si trincera dietro la non produzione di atti e documenti da parte degli uffici, ma sono scuse pretestuose».
Se la lettera al Prefetto è un atto di accusa formale, tra le righe emerge una questione politica esplosiva: «Perché Domenico Donato non convoca il Consiglio? Cosa teme il primo cittadino? Che la minoranza porti alla luce criticità scomode? Che si discuta di temi imbarazzanti per la maggioranza? O che emerga un dissenso finora silenziato?».
I tre consiglieri non esitano a sollevare il velo: «Chiediamo un intervento urgente per ripristinare le regole. Il silenzio del sindaco è un segnale preoccupante: c’è forse il tentativo di evitare il confronto democratico?».
La minoranza chiede ora un incontro con il Prefetto per presentare documenti e dettagli, ma soprattutto per rompere un muro di opacità. «Confidiamo nella Sua sensibilità – concludono – la democrazia non può aspettare».
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