Cimino: “Don Mimmo è tornato nella Satriano da Cardinale. E ha parlato al mondo”

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images Cimino: “Don Mimmo è tornato nella Satriano da Cardinale. E ha parlato al mondo”
Franco Cimino
  04 gennaio 2025 20:58

Di FRANCO CIMINO

 

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“ Ma’ mangiano presto ohia, per favora” - “ Va bene, perché?” - “ Devo andare, e presto, a Satriano?” - “ E che ci devi fare lì, così presto?” - “ Dirà la prima Messa da Cardinale, don Mimmo( non mi azzardo a dirlo amico e perché Lui è amico di tutti, e perché moltissimi sono quelli che se ne vantano, come si fa con le persone importanti). - “ Satriano, ma guarda, un piccolo paese diventato così importante!” Questo il primo grande risultato che arriva a un paese da sempre bello, anche per il suo splendido affaccio sul mare del golfo prospiciente. La prima opera da Cardinale di don Mimmo per il suo paese natio, tanto amato. Dove è cresciuto, ha giocato a pallone. Scherzato con i suoi coetanei. E dove probabilmente, ha preso la sua prima cotta, il primo innamoramento. Chi lo può sapere, di questa sua vita tanto seria e riservata. Ma è bello immaginarlo. Il paese dei suoi genitori. Del suo ammirato papà, scomparso da tempo e del quale porta negli occhi le sue fatiche, il suo amore per la famiglia.

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La sua dedizione al lavoro. Il paese dove vive la sua mamma, del cui infinito amore e del cui legame profondo non serve dire, perché riguarda, in tutto, quello che i ragazzi di sempre, i ragazzi per sempre, provano per la propria. Come tutte le madri di una volta, non si muove dal proprio borgo. Napoli è bella, lì potrebbe vivere più serena, accanto al suo Mimmo. Ma lei è Donna, madre e figlia insieme, radice delle sue radici, tempio di un amore immenso. Quello che insieme tiene il legame con il suo sposo, il bisogno di andarlo a trovare, al campo dei santi. Quello che accoglie tutti e ne conserva, con le spoglie, il loro valore. Quello di aver servito, in particolare, quel cocuzzolo di terra, che s’apre al mondo e con il vento leggero e freddo lo ristora. Si chiama Maria, ed è mamma anche di una figlia, tanto cara, e nonna e zia di tanti nipoti, una, la più grande, mia alunna per cinque anni al Liceo delle Scienze Umane, a Marina di Catanzaro. Satriano, qui ci sono le donne del vicinato, la storia personale e del luogo. C’è l’affaccio costante dalla porta di casa per vederlo tornare, quel figlio oggi così importante. Ché il suo figlio, torna sempre. Come da Squillace, quando giovinetto studiava. O da Catanzaro, dal Seminario, in cui ha studiato, probabilmente inquieto per quella sua voglia di andare per strada. A cercare persone da aiutare. Ma Satriano, era il suo porticciolo sicuro. Dal quale non si sarebbe allontanato quando ne è diventato prete e “ parroco”, per un po’, della Chiesa in cui ieri sera è andato vestito di un abito di un altro colore. Ha ragione mia mamma. Da oggi Sartiano è uno dei borghi più popolari d’Italia. Il Paese di don Mimmo, il Cardinale. Il primo Cardinale calabrese dopo circa cinquecento anni.

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Per sempre Mimmo, quel ragazzo degli anni gli resterà devoto quale figlio che ha ricevuto beni immensi. Ma oggi un bel po’ gliel’ha restituito. Questa popolarità che gli ha portato, farà bene al borgo. Ma farà bene anche al territorio. E alla Città di Soverato, che ne deve diventare la guida. La guida di una nuova unitaria realtà urbana. “La Città grande sullo Ionio”, ecco il nome che le darei. Ma dove sto andando con il testo? Ah, mia mamma che si affretta a fare il pranzo. Consumatolo rapidamente, raggiungo la bellissima coppia di amici, di Squillace Mare, che avevano aderito al mio invito più per accompagnarmi che non per Lui, che non conoscevano se non per il nome. “ Guagliò, sbrighiamoci, ché non troveremo posto in chiesa, e io voglio vederlo da vicino. Voglio vederlo entrare, in processione, in chiesa, la Sua. Quella delle prime messe da chierichetto. E della prima Comunione. Arriviamo mezz’ora prima. E, infatti, era già gremita. Faccio il furbo, vedo una delle prime file con qualche posto libero. La raggiungo. È riservata elle autorità. Chiedo permesso, me lo consentono. Mi siedo. E ben sicuro. Chi è più autorità di chi ama don Mimmo? E, comunque, se ne arrivassero, di titolati, in numero bisognevole del posto, io lo cederò ben volentieri. Ma da quello spazio, non mi muoverò neppure con le cannonate. Ecco arrivata l’ora. Si muovono tutti. Ci si alza in piedi e ci si rivolge verso il portone principale. Si intravede la croce portata in da un chierichetto. Ad aprire la processione. Tanti chierici. Molti sacerdoti. Al centro, solitario, una figura piccola. Anziana. È un vescovo. Chi è? Via via che si avvicina, è Mons Bregantini, il prete operaio di Crotone, eletto vescovo della difficile Locride e poi, per evitargli la vendetta della ‘ndrangheta ,“ spedito” a Campobasso, invece che nominarlo a Palermo o a Reggio Calabria. Misteri. Dopo di il Vescovo, altri sacerdoti. In fondo Lui, don Mimmo. Non a chiudere la fila, ma per allungare la Chiesa alla strada.

Lui, il Vescovo e prete e cardinale, anello delicato e forte di congiunzione. Il coro eleva il canto come una preghiera. Don Mimmo a incarnarsi preghiera comune, che, passo dopo passo(il suo allentato dallo stretto corridoio che lo porta all’altare, e dalla forte emozione che gli piega le gambe), lo fa diventare sempre più piccolo che sembra un bambino che nella folla cerca la mamma. E, forse, questo è stato, ché la madre era a pochi metri seduta più avanti. Ad aspettarlo. Da quel momento, il silenzio che è calato in chiesa dopo i primi lunghi buoni mormorii di stupore per quel satrianese tornato da “ molto lontano”, è diventato rumore. E che rumore! Battiti di cuore e pensieri. Occhi incollati su di Lui e ricordi. Emozioni intense e domande. Preghiere, che non escono dalla bocca e speranza. Fede sentita e fede cercata. Credo in Dio. E credo laico nella vita e nella ragione. Speranza di fede e ottimismo della ragione. Mistero e certezza. Tutto questo rumore in quel silenzio della profondità del mare. Inizia la Messa. Tra i momenti diversi in cui l’officiante non parla, Lui scruta la Chiesa e quella folla incalcolabile. Cerca con lo sguardo. Sorride. Trova. Gli occhi, roteanti e luminosi, guardano i presenti. Uno per uno li guarda. Tutti li conosce. Quelli nuovi, i non averli visti prima, li interroga con gli occhi. “ Siete venuti per me, qui, o per Gesù e Dio?

Nel primo caso, vi correggerò portandovi da Lui, l’unico che conta veramente nelle nostre vite.” Sembravano una promessa generosa, quegli occhi. Difficile da mantenere. Un giovane sacerdote legge la pagina del Vangelo dedicata. Poi, arriva lui, Lui, strappa dalla base il microfono, come le star del concerto rock, e il rock lo parla Lui.

Scende dall’altare, si mette ai suoi piedi, e sempre puntando gli occhi di ciascun dei quasi mille presenti e si “ mette” a cantare. Mi fa solo arrabbiare che “ mannaia a lu mannaia mannaia” (da una vecchia mia espressione gergale) stavo facendo la diretta Facebook per registrare un’omelia che sentivo memorabile, quando ci “ impone” cortesemente di chiudere i cellulari e di ascoltarlo senza registrare. E ha fatto bene. Perché ci ha fatto respirare il fiato di Dio e il profumo dell’Umanità. Don Mimmo, parlerebbe anche da muto. Catturerebbe anche senza le sue magiche parole. Gli bastano gli occhi e il battito del suo cuore. Ma quando parla, senti il pennello di Dio dipingere le pareti del tuo cuore. E quando reclama pensieri profondi come fossero poesie, quello stesso Architetto del Cielo sembra che, suo tramite, tessa belle anime e buone intelligenze per farne il migliore Damasco sul letto degli sposi. Quella di ieri, è stata un’omelia ispirata. Bellissima. Una lezione da portare nelle scuole e farla spiegare dai ragazzi agli adulti, che non ne hanno fatto, né imparato prima. Non una predica, ma una lettera al mondo. Come quelle cui il prete- cardinale ci ha abituati. Una poesia lunga quanto il pensiero che la detta. Un rapporto all’Umanità intera, inaridita dai bisogni più estremi. Spaventata dal terrore e dalla violenza. Resa indifferente dalle guerre continue cui si è assuefatta, fino a non riconoscere più il confine che separa il bene dal male. Anzi, a non conoscere più quale sia il bene e quale il male. Voleva parlare poco, don Mimmo. E, invece, dietro la domanda da furbo maestro “ siete stanchi, posso continuare?” , ha camminato su concetti e parole per molto tempo ancora, senza che si levasse un solo respiro in “ aula”. Eccoli, i più importanti. Di quelli che, faticosamente, sono riuscito, davanti ai suoi occhi di rimprovero, ad appuntare. Da questo momento sarà solo Lui a parlare, anche qui, direttamente con le sue parole. Tre sono quelle guida, Speranza, Bellezza, Amore. Eccone alcune.

“ La speranza è l’ostinata ricerca del bene anche dove c’è il male. La si raggiunge cercando di realizzare il bene con gli strumenti che abbiamo a disposizione. La speranza è la certezza che la vita può cambiare. É credere nella bellezza dell’Amore. Credere nell’Amore. É tenerezza. Dolcezza.” E ancora:” Mi hanno colpito le parole del presidente Mattarella: “ la Pace grida la sua urgenza.” Dobbiamo ssere costruttori di ponti, artigiani della pace. La Pace ha bisogno di uno sguardo nuovo. E di mani capaci di abbracciare il mondo intero.” E ancora:” Speranza, Pace, Amore. Questa è l’unica strada da percorrere. Lì, incontrerai Gesù. È lui che ti cambia la vita. Ti restituisce la speranza. “.

E tornando al mistero del Natale, don Mimmo spiega la bellezza, tutta umana della mangiatoia. Dice testualmente:” Gesù nella mangiatoia é un bambino come i nostri bambini. Dio viene ad abitarci. Maria, la Madre, che lo depone nella mangiatoia, la culla del mondo nuovo, compie l’atto d’Amore più alto. È uguale a quello di tutte le madri. Offre il Figlio al mondo. Non se priverà mai, ma sa della sua missione di salvezza che va incoraggiata. Tutti i bambini nascono per questo donarsi. La mangiatoia ci dice che Gesù, abita dentro di noi. Dio abita la tua condizione per farti sentire la sua presenza accanto a te” sono sempre le parole del prete cardinale :” Dio non abita nei salotti del Cielo ma nelle più umili dimore. E poi, il silenzio. “ Don Mimmo fa un’altra lezione ispirata su questo. Dice:” il silenzio, quanto diventa importante in un mondo in cui si fa rumore! Nel silenzio abita l’Amore.” Don Mimmo il satrianese, non si ferma. “ Occorre vivere un’altra parola, cura. Sapersi prendere cura. Quant’é bella una Politica del prendersi cura. Una Politica lontana dalla gente non è Politica.” Rivolto ai sindaci presenti numerosi:” Voi amministratori non abbiate paura, prendetevi cura della vita degli uomini. E tu chiunque e dovunque tu sia, Ama la vita. La tua vita è sempre più grande dei tuoi errori. Non arrenderti. Lotta. Si cade e ci si rialza. Sempre. “ E ai preti:” Uscite dalla sagrestia, abitate la strada.

Lì nasce la speranza. Quando la fede esce dalla sacrestia é credibile.” Infine le due perle di bontà e anche di bellezza espressiva:”I poveri sanno sognare per gli altri. Non si è poveri se non si chiede per gli altri. Non lasciatevi fregare dai pregiudizi, perché perderete il senso dell’incontro e dello stupore. Dio della vita ti sorprende sempre. Ché l’Amore é sorpresa. É stupire. C’è, come Dio, anche quando non lo senti. Quando regalerai un sorriso abbraccerai una persona è in quel momento che si rivela Dio. É questo il modo in cui si è veri cristiani. La vita é dono. Fai come Maria( credo parlasse anche della madre che gli stava davanti, letteralmente a un passo)che ha donato suo Figlio fin dal momento in cui l’ha deposto nella culla. “ Finita la “predicalezione” si torna alla Messa. In conclusione dopo la benedizione, la Sua frase, che diventerà virale, tanto è magica, ma sì, diciamolo, divina:”

La Pace è finita, andate a Messa.” Le parole invertite della liturgia, che lasciano mille domande sul significato. Io ho la mia interpretazione, che potrebbe essere molto vicina alla sua prima intenzione, da cui probabilmente spontaneamente è nata. La nostra Pace, la quiete che dalla indolenza e pigrizia, dalle paure e dall’egoismo, viviamo, è finita. Andare a Messa, tutti, fedeli e laici. A compiere la fatica della lotta e il sacrificio della rinuncia, affrontare l’offesa e la violenza, dare la vita, morire e risorgere, per la salvezza degli altri. Per costruire la Pace, quella vera. Della libertà e della giustizia. Grazie don Mimmo.

 

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