Cimino: "Il mio saluto 'affannato' a Franco Santopolo"

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Franco Santopolo
  29 settembre 2025 21:46

di FRANCO CIMINO

Sono arrivato tardi e la funzione civile era già finita. Per cui non ho potuto salutare Franco Santopolo. Lo hanno fatto in tanti nella piccola piazza del cimitero, quella che subito dopo il cancello si apre su un'immensa collina di pace. Lo hanno salutato in tanti, e tutti dicendo sicuramente parole giuste per lui: sobrie come le avrebbe volute, intense come le avrebbe dette lui, parlando di chi gli somigliasse in sincerità di parola, onestà intellettuale e morale, in coerenza ideale e politica. In coraggio di restare sempre dalla stessa parte e di poter essere sempre se stessi, anche nel fare le battaglie in cui Franco ha creduto. Tutte battaglie condotte in direzione della giustizia, dell'uguaglianza, della libertà e della democrazia vera. Quella in cui libertà e partecipazione camminassero insieme. E la libertà di manifestare liberamente, pure i desideri e i talenti individuali, non fossero mai disgiunti dai bisogni di ciascuno. E di chiunque non ce la facesse, anche a causa degli ostacoli che questa società ingiusta frappone ancora nel cammino dei meno forti e dei poco fortunati.

Saranno state dette tutte queste cose e pure di più, nel salutarlo al cimitero. E anche che fosse un'intelligenza speciale, di rara genialità in molti campi, non soltanto in quello della sua conoscenza più scientificamente supportata, l'agronomia. É stato detto che era un uomo di cultura vasta, nella quale spaziava dalla filosofia all'economia, dalla politica come scienza alle altre scienze umane, dai problemi del Paese a quelli della Calabria, per non finire a quelli della nostra Città.

Ma se fossi arrivato in tempo, avrei preso la parola per dire tre semplici cose. La prima: il mio profondo dispiacere, quale cittadino prima che conoscente o “quasi” amico, per la grave perdita che con la sua scomparsa subisce Catanzaro. Se ne stanno andando via i migliori, e poco importa che i migliori di questi ultimi anni di perdite siano persone più anziane, ché non è l'età che segna i valori, ma la vita di una persona e i contenuti pregevoli in essa. Franco era tra i migliori anche a quarant'anni, l'età sua in cui io lo conobbi, stimandolo enormemente. Catanzaro con quest'altra perdita si è maggiormente impoverita.

E con essa, seconda cosa, si è impoverita la cultura e la politica, anche se lui da molti anni non la faceva direttamente, ovvero in senso partitico. La terza: la società di questo mondo, e questo nostro piccolo mondo, hanno perso una voce libera, controcorrente, una voce ostile all'ipocrisia e al conformismo, sempre all'opposizione di ogni convenienza e al bon-ton pigro e servile nei confronti dei potenti e del potere. Una voce d'opposizione per opporsi a ciò che si rappresenta quale ingiusto e fonte di ingiustizia, arrogante e divisivo, contro l'egoismo degli egoisti e ogni forma di violenza. In particolare nei confronti della vita e della natura.

Questo mondo, il nostro piccolo mondo, ha perso una coscienza critica, nobile e rigorosa, una voce forte che la portasse a stimolare e far crescere altre coscienze critiche e rigorose. Una coscienza critica sempre manifestata, quella di Franco, per il solo fatto che potesse esistere lo a critica, onde evitare il rischio che su questo pericolo si possa consumare quella dialettica necessaria alla vita democratica e alla robustezza del pensiero collettivo, quando non a ridurre fortemente lo spessore della democrazia.

Per questi motivi, io ero andato a salutare Franco Santopolo. Meno male che dormisse, altrimenti con il suo solito sguardo severo acceso sotto gli occhiali spessi, mi avrebbe detto: "Cimì, sti democristiani arrivati sempre in ritardo". E io, che non mi sarei privato della risposta, a dirgli: "Noi democristiani siamo sempre puntuali. Sì, tu c'arrivasti prima, ohia!"

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