di FRANCO CIMINO
La guerra mi fa schifo. La mia natura non coltiva l’odio. Non lo conosce. Neppure nel suo significato etimologico. Ma se dovesse un giorno provarlo, questo è il sentimento che nutrirei verso la guerra. La guerra in generale, intendo. Quella che da sempre viene mossa dall’interesse più bieco e dall’egoismo più cieco. La guerra, che nel risultato ha lo stesso principio e lo stesso fine, il disprezzo della vita umana. La sua soppressione. Anche la propria di chi va in guerra, di chi la dichiara e la fa. Tranne, evidentemente, i signori della guerra. I padroni degli armamenti, i ricchi che li possono fabbricare e comprare. I comandanti degli Stati, che mandano i ragazzi a morire e le popolazioni lasciano sotto i bombardamenti, mentre loro stanno al sicuro delle loro sfarzose residenze in luoghi lontani dai conflitti. Nel disprezzo della vita, c’è l’umiliazione della sua dignità, quando “ i nemici” risparmiati(si) dalle bombe, sono costretti a (soprav)vivere in completo stato di soggezione e di assoggettamento al conquistatore, qual è sempre il vincitore. La guerra mi fa schifo perché genera le guerre. Tante che non si contano, mentre in contemporanea si svolgono in più parti del pianeta. Guerre locali, tribali, regionali e in altri modi che dir si voglia, vengono chiamate da quelle diplomazie internazionali che non le vogliono neppure annoverare tra quelle di loro interesse …diplomatico. Non c’è ciccia da quelle parti. Non c’è il grano e il mais, non c’è il petrolio. Non c’è oro o altri metalli preziosi o quelle “pietre” dalle quali si ricava energia illimitata. Sono le guerre non viste. E quelle dimenticate, come la Siria o la lunghissima contro il popolo curdo. Qui arrivano solo le armi che non sono più in uso nei regimi dei” paesi amici”, che quei territori usano come possibile allargamento della loro base di influenza sugli scenari della politica mondiale. Oltre a quei quattro ferri vecchi, in queste regioni abbandonate non arriva nulla. Nè acqua, né cibo, né indumenti. Non arrivano tende e ospedali da campo, né medici e personale sanitario se non quei pochi soliti di Emergency. Non arrivano santi e profeti e nessuno prega più il proprio Dio. Se lo si pensa quando si vedono i propri figli morire sotto i bombardamenti o di sete e fame o quando le donne vengono stuprate e i vecchi padri, che le vorrebbero difendere, massacrati di botte, gli gridano contro il dolore ingiusto e la fede sputano verso il cielo “cattivo”. Mi fa schifo la guerra e la rabbia che sento dentro si fa rullo di tamburo. Così forte da confondersi col tuono. Ah se avessi forza, li mescolerei e ne farei un boato supersonico da farlo sentire in tutto il pianeta. Una sorta di chiamata in trincea all’incontrario. Non il suono dell’attacco e non quello della ritirata. Ma quello della chiamata di tutti gli uomini oppressi, aggrediti, affamati, offesi. I derubati della loro dignità e della loro identità di popolo come della terra e del diritto di costruirvi la propria patria istituzionalizzata. Con loro e per loro la chiamata di tutti gli uomini e le donne liberi dei paesi liberi. Ne farei il più grande esercito contro la guerra. Un popolo senza stati di confini, che faccia la guerra alla guerra e cacci a calci nel sedere quei signori che costruiscono potere economico e potere politico con la morte di milioni di innocenti. La guerra fa schifo. Dovrebbe farlo a tutti solo al pensiero di quanti miliardi di euro e dollari, i soldi di tutti, vengono gettati per uccidere la vita, bruciare i campi di grano e di fiori e quelli di ogni frutto. Per comprare armi destinati a essere distrutte anch’esse. Ovvero, a ricostruire le città rase al suolo. La guerra fa schifo, perché ha bisogno dell’odio come carburante per tutti i mezzi impiegati in essa. E si sa che se una guerra prima o poi finirà, l’odio non morirà. Si riposerà per riprendere ad agire con le nuove generazioni ad esso educate, come nuovo attacco o come vendetta. Fa schifo la guerra, perché per farla, pensarla, agirla in altri modi più diffusamente, si nutre della menzogna e dell’ipocrisia. Qui, richiamo, solo come esempio più esplicativo, l’invasione che la Russia di Putin( padrone cinico e arrogante, mezzo criminale e mezzo governante), ha consumato il 24 febbraio del 2022.
Doveva essere nelle sue schifose intenzioni un giochetto di qualche giorno, al massimo cinque. Cento carri armati, un migliaio di soldati, il volto truce del regime, la timidezza dell’Occidente, la paura dei paesi di quella parte d’Europa che guarda ad Oriente, un migliaio di morti tra gli ucraini, civili e militari, uomini e donne, indistintamente, e il giochino è fatto. Il disegno della grande Russia, quella degli zar, sarebbe potuto andare avanti. La Crimea era già stata conquistata, la Polonia è lì a due passi. La Bielorussia, dovrà elidere solo metà del nome che porta. Era questa l’intenzione, della quale per mesi quel tiranno parlava come di un atto riparatore, un fatto ordinario e semplice, mai pronunciando la parola guerra. E, invece, guerra è stata. E lo è ancora. Da ventinove mesi tra quattordici giorni, anche se, con lunghe parentesi di preparazione e deboli interventi della comunità internazionale, questa guerra è iniziata nel febbraio del 2014. I giornali ne dicono, con sempre minore clamore tutti i giorni, ma senza fornire alcun numero. Ne parlano più per mostrare i volti dei nostri governanti, che sulle guerre degli altri e i soldi dei connazionali si fanno belli. E intelligenti. E influenti nel mondo, quando sul tavolo di questa guerra decidono e decidono e decidono…mentre la morte e la distruzione continua a parlare in modo diverso. Lontano da quei palazzi eleganti. Ho sotto gli occhi alcuni numeri. Non saranno esatti. Ma per difetto. Eccoli, 500 mila soldati sono morti, un terzo sono russi. Un numero quasi uguali dei feriti. I civili morti sono ventimila, più di mille i bambini. Tutti ucraini in questa strana schifosa guerra, tra l’altro, nella, come in un ring in cui solo un pugile può colpire mentre l’ altro, se ne è capace, può solo difendersi, l’esercito russo può attaccare da terra e da cielo i territori nemici e colpire indiscriminatamente tutto ciò che si trova davanti, senza che nessuno si avvicini ai suoi territori. Il fatto strano, per fortuna risparmia altre vite umane innocenti. Ché i cittadini russi non hanno colpa di ciò che fanno i loro governanti, anche se il voto democratico, che li ha recentemente confermati con un plebiscito, appare più strano della strana guerra. Ma le vediamo le immagini televisive e quelle sui giornali? Di corpi straziati, di madri con in braccio i bambini morti, non se ne mostrano più da tempo. Ma le città completamente distrutte, però, si vedono, eccome! Macerie, scheletri di ferro e cemento, case, palazzi, scuole, strade, università, chiese, ospedali, tutti rasi al suolo. Quante vite lì sotto? Non si contano. Ma è vita anche in quei corpi antropici distrutti. Le città sono vita. La terra è vita. Se per un solo attimo ci pensassimo noi, i nostri figli, sopravvissuti in quel cimitero di civiltà e umanità perdute, sicuramente ci arruoleremmo tutti in quell’esercito contro la guerra. Dicevo che non c’è guerra senza falsità e ipocrisia. Oggi, per la forza dell’avanzata tecnologia massmediale, questo enorme potere è il primo “ cannone”. Il più potente. Una bugia (abbiamo avuto e abbiamo maestri ben preparati anche in Italia, che l’hanno ben appresa dal filosofo che l’ha teorizzata), ripetuta, senza contraddittorio, più volte diventa verità. È di ieri l’ultima. La recita sempre Putin. Dal cielo sono cadute sull’ospedale pediatrico di Kiev un “ grappolo di bombe”. Sono morti, in un numero ancora imprecisato, tanti bambini. Molti, terrorizzati, sono fuggiti nel buio salvandosi tra urla di disperazione e la morte negli occhi. La propaganda russa accusa Kiev di aver bombardato il proprio ospedale. Non è la prima volta che lancia accuse simili. Ora, per reprimere la mia rabbia e attenuare il dolore, mi sovviene alla mente, dalla mia fantasia, l’immagine ironica di un uomo che, accusato di omicidio, preso in flagranza, dichiara che la pistola è sua, ma che a darsi la morte sia stato “ l’ucciso”. Chiamati i periti per comprovare che a sparare con certezza sia stato l’imputato, lo stesso risponde:” sì, è vero, ma gli ho sparato perché sapevo che gli avrebbe fatto piacere.” Ecco, la guerra fa schifo anche per questo.
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