Cimino: “La mattina del dolore a Taverna”

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Cimino: “La mattina del dolore a Taverna”

  10 novembre 2024 16:19

di FRANCO CIMINO


Si è sentito un fremito d’inverno in questa primavera ferma al sole del cielo celeste limpido. L’aria frizzava di fresco. 

Banner


Si è sentito il venerdì di una domenica ingannata. Da una promessa bugiarda. 
Si è sentito il silenzio muto nella piazza invasa di persone. 
Di ragazzi e bambini. 
Di madri e padri piegati da un dolore anche il loro. Dolore di padri e madri. 
Il din don rauco di una campana ferita, contrappeso al campanile che si rompeva. 
E a tratti si reggeva. 

Banner


Su quel dolore si reggeva. Le rose bianche e rosse, due in ogni mano dei bambini, avevano perso il profumo e, smunto il loro colore, si negavano alla luce di questo giorno. Dietro di loro le insegnanti e a un passo ancora le madri di ciascuno. 
A sostenerne il pianto, a trattenerli al loro petto perché non si allontanassero neppure di uno sguardo. 

C’erano due fasce tricolori intorno al petto di un ragazzo e di un uomo adulto, a rappresentare la Città bella e dolente. 
E la Scuola tutta intera. 
Le parole dei suoi compagni, in Chiesa, a fare lezione d’umanità parlando di lui. 
Gli applausi della folla che si frantumavano tra le stesse mani dei bambini, dei cittadini dei padri e delle madri. 
E c’ero anch’io, venuto dalla Città grande e capitale, che non  sapevo più cosa fossi, se un prof, un padre, un tavernese, un uomo .
E che ci facessi lì, se poi domani sarò altrove, lontano da quel dolore. 
E da quei volti. 
Di quel padre.
Di quella madre.
E di quel fratello.
Già rimasti soli. 
Ché la vita continua, si dice. 
E il mondo gira. 
Franco Cimino

Banner

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner