Cimino: "La nostra Madonna Regina è scesa dall'altare per andare nelle vie della sua Catanzaro"

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  08 dicembre 2025 20:50

Di FRANCO CIMINO

Ma che bella festa, oggi, è stata. La festa dell’Immacolata, la nostra. La Madonna di Catanzaro, la città di cui, protettrice e matrona, è da secoli la regina. È sempre bello l’otto dicembre, qui da noi. Ma questo lo è di più. Un’aria nuova si è sentita oggi mentre il vento riposava. Per non scompigliare i capelli , far volare i capelli degli uomini e svolazzare le gonne delle donne. Per non scoraggiare le persone a scendere sul Corso. E  non fare rumore che disturbasse la preghiera dei fedeli in chiesa, le belle e intense parole del nostro Vescovo, i canti durante la Messa che rinnova il patto antico fra la vergine Maria e la Città. E per non disturbare la salita dei pompieri e del Vescovo nel portare la corona di fiori bianchi alla bella scultura in bronzo che la Vergine Santa,

 ritrae,  posta sulla  colonna alta, che  lancia gli sguardi fino al cielo. C’era un’aria nuova quest’anno, senza vento che la muovesse. Un’aria quieta, per consentire l’ascolto dei cuori. I cuori nostri, delle singole persone. Che battono all’unisono con il dolore e la speranza. I  cuori delle famiglie, che desiderano allontanare da sé ogni dolore e vivere la gioia di un Natale che resti tutto l’anno. Un Natale di nascita della vita nuova, che porti la pace nel mondo  e con essa cancelli la povertà. Un’aria quieta, per sentire il cuore della Città, la nostra, che sembra dormire, ma che in fondo avverte quest’aria diversa. Un’aria che può rinfrescare le menti e rinvigorire le coscienze, cui restituire quella voglia di libertà, che è liberazione da ogni forma di soggezione e dal bisogno. Un’aria quieta, quella che da stamattina fino a sera ha sostato nel cielo. Il nostro cielo, è sempre terso. Quasi sempre Celeste.  Pungente appena di freddo, per farci sentire un po’ l’inverno. E allontanare la paura di quella pioggia che rovina. E fare della nostra lunga primavera, quella del mare che dona ricchezza. Del lavoro che la ricchezza produce. Della giustizia, che la ricchezza equamente distribuisce. Della ribellione, che l’ingiustizia combatte e la libertà di tutti e di ciascuno crea e conserva. E  diffonde, anche fuori dalle sue mura. Ché Catanzaro non è solo il capoluogo di regione, o  la punta più alta dell’istmo che si apre sul due mari. Catanzaro è di più. È braccia che si aprono su tutto il territorio circostante per rendere fisica l’amicizia che deve legare tutti i calabresi tra loro, tutti i paesi insieme.  E tutte le grandi città, senza abbattere alcun campanile, come certa retorica a buon mercato vorrebbe. Ma, liberati, paesi e città,  da ignoranza, invidie, egoismi e gelosie, si innalzino fieri per gli occhi dell’Italia che li veda quale segno di civiltà antica. E di forte volontà per conservarla ancora   mentre ne costruisce una nuova più forte in quanto unitaria e unificante. Oggi è stata festa grande.  Si è sentita un’aria nuova. L’abbiamo respirata a pieni polmoni. In particolare, quando, alle cinque della sera in punto, abbiamo visto l’Immacolata uscire,  dopo oltre vent’anni, dalla sua casa,  la Basilica, per essere nuovamente portata in processione sul Corso e per le strette vie delle città. L’aria quieta della sera, quasi non respirava. Per farci sentire il battito scrosciante degli applausi che si sono levati non appena la Madonna si è affacciata. Una bella festa davvero quella di oggi. C’era un’aria nuova. Quieta. E senza vento. Durante la processione si sentiva solo il bisbigliare delle preghiere, la musica della banda che suonava allegra e festosa. E le lacrime di tanta gente. Tanta che non la si contava. Tanta che da molti anni non la si vedeva. Neppure alla Naca più recente. Belle lacrime. Tutte per la Madonna. Ciascuna di queste conteneva un sentimento e una preghiera nascosti nel cuore di chi le versava. In quel mare  c’erano pure le mie, che scendevano dall’immutato dolore per le mie due amate donne, che alla Madonna erano devote e alla Madonna, insieme a me, hanno intensamente rivolto l’ultima preghiera. Che bella festa dell’Immacolata oggi e che aria bella e nuova è rimasta ferma sulla Città! Un Cielo quieto, dipinto di nero come la seta. 
Ferma l’aria e quieto il cielo. Anche quando, in ultimo della festa, la banda ancora suonava e sopra il campanile un felice tuoneggiare di fuochi d’artificio gioiva di noi. 
Franco Cimino.


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