di FRANCO CIMINO
Io c’ero ieri sera nella bella cornice del bar più antico della città, ancora per fortuna fermo solennemente sulla parte più importante del Corso. C’ero a completare la mia presenza alla bella manifestazione che, come ogni anno, Fernanda Tassone, e la sua Alliance Française, offre alla Città per rafforzare quel ponte, che altrove, segnatamente in politica, da molti anni viene indebolito. É quello culturale tra l’Italia e la Francia, per la conoscenza, qui, della cultura e della lingua francese. E per la promozione, lì, in Francia, di quella italiana. Il tutto nello scambievole gesto antico di generosità tra i due paesi che hanno creato cultura e arte, diffondendola nel mondo. Ci sono andato anche(non me lo sarei perso per alcuna ragione) per assistere al concerto di Peppe Fonte, il cantante, cantautore, poeta della canzone, profondo conoscitore della musica. Della canzone europea, e non solo. È stato bravissimo! Forse, per la presenza della mamma, Maria Carbone, la sua esibizione è stata di una tale forza interpretativa che ha suscitato in tutti emozioni profonde. E in taluni anche commozioni vibranti, che resteranno sicuramente anche per molti giorni a seguire. In me sicuramente. Se Peppe, non vivesse in Calabria, non abitasse a Catanzaro. e si fosse stabilito in qualsiasi Città del Nord, o avesse fatto la necessaria emigrazione nella Francia che accolse, amandolo grandemente, Paolo Conte, il suo destino artistico sarebbe stato di gran lungo diverso. Successi e denari gli sarebbero piovuti a temporale. E, soprattutto, non avrebbe “ scandalizzato” alcuno quando avesse esternato un qualche giudizio politico o sociale sul mondo e sulle realtà. Come fanno quasi a ogni spettacolo la maggior parte degli artisti. Ciascuno ricevendo rispetto, se non consenso, per le parole “ politiche” pronunciate. E da tutti. Ché l’artista non va solo ascoltato o visto unicamente per la sua arte. Non va giudicato solo per le sue prestazioni. Non è un idraulico o un falegname, che deve rispondere del lavoro commissionatigli. Ma va respirato in ciò che, nella complessità e vastità culturale, la sua arte esprime. L’artista è un creatore. Un realizzatore delle sue creazioni. Ma è anche un pensatore profondo. Una sensibilità oceanica. Che, come ogni profondità e ogni mare, si muove sempre inquieta e e ribelle. E s’agita vulcanica dove c’è troppa quiete. Calma piatta. Gli intellettuali, in essi gli artisti, sentono l’anima del mondo. Soprattutto, quando essa si é dimenticata di sé e del mondo. Sentono il dovere, avendo la capacità di comprenderla, e di svegliarla se dormiente o stordita sta. Gli artisti sono uomini liberi, più di chiunque.
Hanno un cuore enorme e una testa robusta. Insieme fanno sì che quella libertà si trasformi in liberazione del pensiero e dell’anima, nella necessità che questi vengano portati alla sensibilità di chi li segue, di chi li ascolta. Gli artisti, se veri, sono rivoluzionari. Loro hanno un compito che è anche sociale e politico, sensibilizzare le persone. Portarle a vedere con i loro occhi ciò che lo strabismo imposto impedisce loro. Altrimenti, la loro presenza nella società e nel mondo e nella storia sarebbe poca cosa. Ovvero, non sarebbe quella di cui l’umanità ha bisogno. Non sarebbe come quella che nella storia umana gli artisti hanno prodotto, trasformando la società e l’impegno delle persone. E, tuttavia, ridurre il bellissimo concerto di Peppe Fonte all’ultima battuta del finale dei saluti, mi sembra davvero una cosa assurda. Battuta, la sua, portata come una carezza sulla sua Città, la Città che tanto ama e, a suo modo, serve. L’artista ha detto quasi testualmente che Catanzaro dal punto di vista culturale è in declino. È un’opinione che, tra l’altro, hanno in molti catanzaresi e non solo. La gran parte degli uomini di cultura, pur se responsabili essi stessi di questo declino, la pensa allo stesso modo. Dov’è, allora, l’offesa? Dove il torto? Dove sarebbe l’ umiliazione e a danni di chi, poi? Si dice che vi sia stato risentimento di una parte della politica governante rispetto alle parole del nostro chansonnier. Se qualcuno si fosse sentito leso, in maestà o in sensibilità, io, risparmiando i chiarimenti all’artista, chiedo scusa a nome del mondo intero, che, con i dazi di Trump e le guerre distruttive, non vorrei si preoccupasse di quel che accade nella nostra Catanzaro. Ma non si vada oltre e non si provi a processare il libero pensiero. Piuttosto, che quel giudizio sia fondato, e quanto, la politica nostrana, tutta intera, farebbe bene a interrogarsi. Per migliorare il Capoluogo, facendolo crescere in ricchezza. Economica e culturale. Fossi il sindaco, domani inviterei a pranzo l’artista col cuore catanzarese, e gli chiederei di dirmi più compiutamente le sue critiche. E con esse i consigli per far meglio. Ché se la Bellezza salverà il mondo, la Cultura porterebbe più bellezza a Catanzaro, la Città già bellissima di suo, nonostante i danni che continuamente subisce.
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