di FRANCO CIMINO
Ieri sera mezza Italia si è incollata, dalle ventuno, davanti agli schemi di canale cinque per assistere alla finale di Coppa Italia, il prestigioso torneo calcistico che rende più che una gratificazione secondaria alle squadre blasonate che hanno perso lo scudetto, mentre a quelle umili e mai decorate la soddisfazione più grande. Infatti, a giocarsela quest’ultima sono state proprie le due squadre più espressive di questa dicotomia, la grande Juventus dal lungo ricco passato e dalla enorme potenza di oggi, e l’Atalanta delle straordinarie ripetute meraviglie. La Juve, di quella coppa, ne ha vinte fino alla vigilia sedici. l’Atalanta nessuna. A giocarsele più personalmente sono anche i due tecnici, il potente Massimiliano Allegri e il celebrato Giampiero Gasperini. Il primo, antipatico oltre che di suo anche perché ininterrottamente in cima al successo. Il secondo, molto simpatico per via delle sue eccelse qualità tecniche non corrispondenti al palmares rimasto purtroppo vuoto. Allegri quasi sempre primo. Gasperini quasi sempre secondo. Il primo di coppe ne ha vinte cinque, il secondo nessuna, pur raggiungendo per quattro volte l’ultima gara, quella dell’assegnazione. Era, pertanto, immaginabile che all’Olimpico si sarebbero giocate due super finali. Quella delle squadre e quella dei due uomini al comando. Allegri per riscattare gli ultimi tra anni di insuccessi e per andare via da Torino con orgoglio e onore. Gasperini, per restare a Bergamo a vita, sedendo sul trono del re regnante. E far mangiare le mani a quei presidenti delle società più forti, che non l’hanno mai cercato per incomprensibili motivi o per inspiegabili timori. Con qualche minuto di ritardo per via di una solennità troppo ridondante, il fischio d’inizio. Lo stadio è strapieno. Ci sono tutti a incendiarlo di tifo diverso. Gli juventini perché juventini, i bergamaschi perché atalantini, i romanisti perché antiiuventini, come probabilmente i laziali, forse per prima volta fratelli senza coltelli. Alla tribuna d’onore c’erano tutti. Delle istituzioni mancavano soltanto la Meloni e Mattarella, che la finale anticipatamente aveva onorato il giorno prima al Quirinale ricevendo le squadre e i dirigenti delle società e della Federazione. Tutto intonato, dunque, tranne l’inno di Mameli “ urlato, a fatica da Albano. Si gioca a ritmo intenso. Lo spettacolo non è alto dal punto di vista tecnico, ma l’agonismo acceso in campo rende l’incontro al cardiopalmo. Uno a zero dopo quattro minuti e per i successivi novantacinque, fanno incertezza assoluta la vera protagonista. Meglio di così, questa finale non avrebbe davvero potuto essere. Al novantanovesimo, l’arbitro fischia la fine della dura contesa. Vincono i bianconeri. Con merito e nel rispetto dei nerazzurri “ minori”, che lo confermano. Come detta l’atteggiamento di Gasperini, educato e composto. E quello dei suoi calciatori, uguale. Tutto bene, quindi? Sì, se la nostra attenzione è rivolta alle solite preoccupazioni della vigilia. Quella degli scontri “ bellici” tra le opposte tifoserie che seminano panico nelle Città e di sangue sporcano le strade. Per fortuna lo stadio ha resistito bene. Le uniche immagini toccanti dagli spalti erano i primi piani dei ragazzi. Sì, proprio loro e i più piccoli fino ai bambini, in lacrime per la sconfitta dell’Atalanta. Sarebbe stato davvero uno spettacolo di sport. Purtroppo, c’è sempre un “ ma”, che, se non la rovina, guasta la festa. All’Olimpico si é rappresentato anche il peggiore spettacolo di sé che uno sportivo, per giunta tesserato, potesse dare. Tutti l’abbiamo visto in diretta, mentre le telecamere impietosamente lo inquadravano. É la reazione rabbiosa di Allegri, che, incontenibile anche fisicamente, se la prende, aggredendoli di verbosità violenta, con tutti. Con gli arbitri, in campo e fuori, con il Var e con i dirigenti in tribuna. E con altri che non so. Lo fa con quella fisicità oltraggiosa e aggressiva quando si libera, correndo come un matto, di giacca, cravatta e, intenzionalmente, anche della camicia che aveva iniziato a sbottonare. Spettacolo pessimo degli stessi colori rafforzato nelle più assurde e parimenti aggressive trasmissioni del dopo partita( quelle che durano ,annegate di parole e di liti, fino alle due senza che immagini delle partite vengano trasmesse)
quando la maggior parte
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