Cimino: “Sul cattivo Prodi e il nostro eroico amore a difesa della Calabria offesa” 

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images Cimino: “Sul cattivo Prodi e il nostro eroico amore a difesa della Calabria offesa” 
Franco Cimino
  01 febbraio 2025 20:23

di FRANCO CIMINO


Prodi l’ha detta grossa. Mi dispiace che qualche passaggio verso la seconda età più bella, in lui abbia procurato questa défaillance. Ha detto una banalità, vero. Una tanto grossa da rendere un vero favore all’avversaria più temuta da quel centrosinistra, che lui vorrebbe ricostruire dopo che tutti insieme, i capi delle singole componenti quell’area, le hanno regalato l’Italia con il più completo corredo di forze rappresentative e di istituzioni. Come spiegarglielo, a lui e agli altri, che Giorgia Meloni sa piegare le piccole frecce lanciatele contro, in piccole armi di feconda gratuita propaganda, che le fa crescere il consenso? Ma oggi, la mia riflessione riguarda altro. Questa grande questione lasciamola ai soliti, che son molto bravi da quelle parti tanto da restare sempre in sella. Oppure, anche a me per un altro spazio e altro momento, in cui potermi ripetere nelle affermazioni più volte fatte, sin da quando la Giorgia “ nazionale” stava, non vista neppure dai suoi alleati, marciando verso Palazzo Chigi. Cosa ha detto Romano Prodi, il professore del perché oggi sia ritornato in cattedra? Ecco, le sue testuali parole:” Lo stesso campo, se lo volevano fare, non si poteva fare in Calabria, così tra l’altro si dava lavoro in zone che ne avevano bisogno?” Pregiudizio antimeridionale? Espressione di quella cultura, anche politica, che considera ancora la Calabria alla stregua di quelle regioni africane considerate incivili e da negare anche alle carte geografiche? Può essere. Prodi potrebbe aver dimenticato, magari per stanchezza e frustrazione, di essere cattolico, cattolico democratico, cristiano e “democraticocristiano”. Capita. Può capitare. Anche ai migliori di testa. Lui è “emilianoromagnolo” e si sa che da “Roma ladrona”a salire, una certa influenza “nordsettentrionalista” per retaggio o per distrazione coglie tanti se stanchi, distratti, o goliardicamente euforici. Nelle trattorie di quelle parti, poi, di battute “ oscene” se ne sentono tantissime. Comunque, per me, è sempre meglio essere un cattolico democratico dimentico, che non un democratico e cristiano, cattolico e democratico, inventato sul campo delle migrazioni politico-etiche-ideologiche-culturali. E dell’opportunismo, di diversa specie. Ma torniamo a noi, “all’offesa gravissima, insopportabile, alla Calabria” , come dicono alcuni. Pochi, in verità, diversamente da altre analoghe “ offese”. Vi ricordate una delle ultime, quella della moglie del generale nominato commissario alla sanità calabrese, che costrinse il marito a rifiutare l’alto incarico perché non voleva venire a Catanzaro, città brutta? In quell’occasione, a ribellarsi furono in tanti, sempre della politica, di destra e di sinistra e di “centro”. Indignati e offesi, ne dissero tante contro quella poveretta anche di scienza e conoscenza, che se l’avessero incontrata per strada l’avrebbero accoppata solo con gli insulti. “ Catanzaro non si tocca, guai a chi ci provasse!” Questo il ritornello, che si è udito altrove, altre volte, quando è stata mossa una qualche critica o espressione stupida alla Calabria. Non sono stati risparmiati neppure gli artisti, eccentrici e folli di loro. Vi ricordate Antonello Venditti e quel rapper, Fedez mi sembra, che hanno detto parole tanto sceme da mettere in dubbio non l’educazione ma l’intelligenza dei due? Per non dire di quel passaggio di Fabrizio De Andrè, in pieno concerto in Calabria, sulla ‘ndrangheta? Era chiaro, ma volutamente incompreso. Forse, qui, l’ignoranza ha fatto di più. Il grande Faber “ ha offeso la nostra terra. Non si azzardi più a venire qui. “ Lui, proprio lui, tra i più grande intellettuali del novecento, il più attento ai poveri e agli esclusi, alle terre sfruttate e derubate di tutto, messo alla sbarra dei colpevoli anticalabresi. De Andrè aveva detto, con coraggio e schiettezza, della ‘ndrangheta una di quelle verità nascoste da quei poteri che, proprio sulle considerazioni poetiche e sociologiche del genio genovese, hanno lasciato crescere ogni forma di mafia e di altra mafiosità. Ma non è bastato. La Calabria non si tocca! Romano Prodi, ha fatto sì che ritornasse questo amore sperticato dei soliti calabresi, che dal loro piccolo potere si sono sentiti offesi sul sentimento a favore della terra nostra. Questa volta le dure proteste sono venute dal Centrodestra. Un’altra buona circostanza per batterli, quelli del centrosinistra, sull’Amore per la nostra terra. “ Chi è chiù ‘nammurat e me?” Direbbero a Napoli. A me, personalmente, queste dispute e queste calorose difese di Catanzaro o della Calabria e via dicendo , mi ricordano il tempo lontano della mia fanciullezza quando il classico insulto a una madre o sorella, scatenava litigate a schiaffi e pugni anche tra amici e compagni di scuola. “ A mammama e a sorma, on ci dici sti paroli…” Chi se le ricorda queste scene, che non so se ancora si ripetono? E, allora, io dico e ripeto, “non sarebbe meglio utilizzare questo grande amore nell’esercizio quotidiano delle nostre responsabilità nei confronti della Città, la nostra, delle città, le nostre, della Calabria, la nostra terra? Responsabilità di cittadini e di operatori della Politica e nelle istituzioni, intendo. Perché se la Calabria, e la nostra Città, non se la passano molto bene, la colpa è certo di Prodi, di Berlusconi, di Renzi e Meloni, del Centrodestra e del Centrosinistra, oggi, come della DC e del PCI, del PSI della cosiddetta prima Repubblica. La colpa per le cose non fatte non per le parole stupide o bugiarde dette. Ma c’è una colpa non meno grave, che pesa enormemente sulla Calabria e le Città, anche per la sottrazione di coscienza civile e democratica, che sono indispensabili per rafforzare le battaglie politiche e il tessuto democratico, in vero oggi sfilacciato. La colpa di dividerci sempre su tutto. Partiti e territori, mille campanili ancora distanti e contrastanti. Divisioni tra città e all’interno delle Città. Si guardi, a Catanzaro, in particolare. Se, invece di difendere le nostre realtà dagli attacchi e dalle cosiddetti offese esterne, le difendessimo da noi, dalle nostre pigrizie, dalle nostre indolenze, dal nostro egoismo e dalla vecchia cultura del “ eu mi fazzu i fatti mei”, la Calabria tutta intera sarebbe anche più rispettata, oltre che servita dagli impegni di Parlamento e Governi. Se fossimo uniti, e per davvero, sulle grandi questioni che attengono alla crescita dei nostri territori e ai bisogni delle persone, allo sviluppo vero della nostra regione come per la sua prima necessità, il rafforzamento delle istituzioni tutte, anche quelle locali, io credo che il nostro amore, quello vero, si trasformerà in atti politici concreti, in una nuova responsabilità individuale e collettiva, che farebbero più grande la Calabria. E più belle e sane le nostre Città.

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