Cimino: "Un anno dalla morte di un verto artista, il catanzarese universale"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Cimino: "Un anno dalla morte di un verto artista, il catanzarese universale"
Franco Cimino
  14 novembre 2024 16:31

di FRANCO CIMINO

“Salvatore Miglietta, te lo ricordi?” - Salvatore chi? Miglietta, chi? Questo cognome mica è di Catanzaro! Ora che ci penso non “ mi para mancu calabrisa!” Chi è “stu cristianu? Almenu è bonu? Chi fa ‘nta vita?” È l’incontro brevissimo, nella stradina sul Corso del rapido passaggio, del Centro o di Marina, che io ho immaginato di ascoltare tra me “marinotocatanzarese” semplice, di poca erudizione, e lo stesso me, catanzarese “di sopra”, persona sedicente importante, colta e altamente impegnata sulle cose che contano. Addirittura un prof! Nessuno dei due saprebbe dire di Salvatore Miglietta. Moriu n’annu fa, esattamente il diciassette novembre, e sembra un tempo così lontano che avremmo dimenticato anche nostro padre. Invece, Salvatore Miglietta è stato in vita, e rimarrà a vita, uno dei più grandi artisti di quel non breve tempo a cavallo dei due ultimi secoli. Io non sono un critico d’arte e di un bel nulla sebbene discetti su tutto. Mi piace essere curioso intorno alle cose, alla vita delle persone, dei luoghi, delle fatiche delle persone e dei luoghi, e, senza farmi pettegolo, cosa che francamente mi piacerebbe un po’, dirne a tutti, dopo averli guardati da vicino o spiati da più lontano. Ma, per quanto mi sforzi a farlo, non lo so fare.

Ne scrivo quotidianamente, per strapparne la gioia e il dolore, la disperazione e la speranza. Il sudore e il sangue. Il sorriso e il pianto. Affastello parole convinto di rappresentarne i colori. Delle parole stesse. E quelli di ogni realtà, naturale e umana, dalle facce annerite dal sole dei campi o della pesca, a quelli che si vedono sulla terra dei fiori e del grano. Di quella alluvionate o indurita dalla siccità. Della terra rifiorita a frutti e a fiori di campo. E quella incolpevolmente sterile. I colori del mio mare e del mio cielo, il mare e il cielo più belli che vi siano. E davanti ai miei occhi e sopra la mia testa, così vicino, che quando alzo lo sguardo, mi sembra di carezzarlo. Anche con le mani se le allungassi. Non mi bastano le mie parole, neppure quando nell’imprudenza di annoiare ne parlo alle mie figlie e ai miei ragazzi e ragazze della Scuola. E, allora, ne faccio una fiumana talmente alta e possente, che senza distruggere nulla nella sua discesa rapida, si confonde con il mio mare. Mi capita quando voglio dire della luce, il mio gioioso tormento.

Ché la Luce è la ragione di tutto. La logica senza verbo, che non può spiegare il mistero della Verità che attraverso la Luce a noi si rivela. Rivelandosi Verità, mantenendosi imperscrutabile e misteriosa. La luce, che anche quale squarcio sottile e illuminazione piena e calda, ovvero come flebile fascio che discende, rompe il buio. Quello spazio scuro scuro, quasi nero(a volte lo è), che non è l’opposto della Luce, perché il buio non esiste. Come la bruttezza, che prende il posto della Bellezza, quando questa si allontana. Ovvero, è violentemente coperta da quegli uomini che oscurano la luce che hanno dentro, per cui creano tutte le tragedie che davanti alle nostre porte, o in terre più lontane, seminano morte e miseria, povertà e disperazione. Le parole mie non mi bastano per rappresentare questa realtà, che dal reale e dal sogno trasformi l’Utopia in vita vissuta, in felicità possibile. Per tutti. In particolare, per i bisognevoli di giustizia. Coloro che ne sono stati privati, come della loro stessa dignità umana. E coloro che l’hanno negata dal potere usato come pugnale minaccioso sul collo degli esseri umani. Soprattutto, di quelli senza potere. E senza alcuna forza che non sia nelle proprie braccia e nella propria volontà. In quella della Ragione per i non credenti. E in Dio per chi ha la fede. Con il passare dei miei anni e l’indurimento delle mie gambe in crescente contraddizione con il pensiero che si fa sempre più fertile parimenti alla sensibilità dei miei occhi, mi affliggo di non riuscire a dare forme e colori, e verità e speranza, al mio sentire e al mio dire. Vorrei essere un artista, ché solo un artista può. Sempre nei tempi e nel passaggio di tempo, l’artista rappresenta la realtà vera, così com’è. E il futuro di essa che incessantemente si muove. L’artista, prevedendone la decadenza e intravedendo il buio che su di esso scenderebbe, senza la Luce, offre sempre la via della speranza e della bellezza. L’Arte è la via privilegiata verso di esse. L’artista è la prova dell’infinitezza umana e dell’esistenza di Dio. Finché c’è l’arte, e chi da essa crea, c’è speranza di Vita nuova. Di Pace. Di Libertà. Mannaggia a me, ché mi sarei perso in questa fiumana di parole. Stavo parlando all’altro me di Salvatore Miglietta. Non so chi dei due abbia parlato così a lungo del niente. Al massimo di sé stesso, la cosa meno interessante per chi legge. Aspetta, che torno indietro e mi rileggo. Ecco, sì. Non ho parlato di me, proprio no. Ma di lui, del grande pittore. E del grande artista, che non volle farsi maestro. Perché in lui è sempre rimasto quel bimbo che a sei anni “ aveva iniziato a scarabocchiare” e poi quel ragazzo che, lasciata la sua Puglia e il Salento che gli ha iniettato spirito e cultura in tutto il suo essere, si fa perenne allievo di Giorgio Morandi. In lui, nella via di Marina sulla quale si apriva, in tutti i sensi, il suo ultimo laboratorio di pittura, ho trovato tutto ciò che del mio naturale sentire si è via via fatto più concreto agire nel mondo. Più chiara la mia visione del realtà. Più accesa la mia Utopia di poterlo cambiare. Anche da solo se io non avessi la forza trascinante che hanno gli artisti. Quelli veri. La forza che Miglietta ha trasferito in me, offrendomi una ragione in più per migliorare il mio cuore, e l’attenzione con cui lasciarlo adagiato delicatamente sulla mente. Se dicessi ancora che ho conosciuto profondamente l’uomo con cui non ho mai parlato, se non in quelle poche parole quando mi fermavo davanti ai quadri, che egli stava realizzando sulla stretta via, sarei considerato pazzo o scemu d’a capu? Probabilmente sì, ma chiamerei chiunque abbia fatto la stessa mia conoscenza per dare conferma certa della mia “ conoscenza”. Miglietta era, è, artista vero perché parla attraverso le sue opere. E dice le stesse molte cose che io ho detto di me parlando di lui. Miglietta era, è, un uomo pieno. Buono della sua bontà, umile della sua umanità, sincero della sua onestà. Un uomo generoso del suo continuo donare. Dai sorrisi ai quadri. Molti dei quali, per ragioni diverse, cedeva a buon prezzo valendone già una parte del molto che valgono oggi. Miletta, l’artista che non volle farsi maestro, era un amico bello. Un amico dell’alto senso dell’amicizia, che era in lui. Il maestro che si faceva bastare solo il nome, era, è, un catanzarese marinoto del mondo globale. Il mondo, che era nella sua ansia di ricerca della bellezza. Nel suo desiderio di conoscere tutti gli uomini dell’umanità di cui fanno parte. E tutta l’umanità, che è in ciascun uomo. L’uomo e l’artista erano, sono, il visionario illuminato della sua innata visione della Natura e di ogni vita che c’è in essa. La visione di un mondo in cui i diversi facessero della diversità una grandezza, il più alto valore. Un mondo in cui, tutti, i più umili e più fragili, in particolare, facessero valere le proprie fatiche, i propri dolori. E i vinti le proprie sconfitte, come segno di non arrendevolezza e di volontà di lottare ancora. Per la Pace e per la Libertà, le passioni pulsanti nel suo cuore. I due pensieri agitati nella sua mente. Salvatore Miglietta, il catanzarese che ha scelto di divenirlo vivendo qui, da noi, respirando l’aria del nostro mare, resta con le sue opere e la storia della sua straordinaria vita. La lezione che ci lascia è assai preziosa e utile per la nostra Città, che ha tanto bisogno di uomini e artisti come lui per riprendere a crescere dopo molto tempo di un buio strano che l’avvolge. Io ho detto ciò che ho potuto. Ma assai poco. Delle sue caratteristiche artistiche, delle sue tecniche pittoriche, delle correnti artistiche che egli ha attraversato, ne hanno parlato diffusamente intellettuali e critici esperti nel video molto bello, che il centro culturale “Albatros Roberto Bagnato”, ha realizzato. Un video ben costruito, in ogni suo passaggio. Dalle musiche alle parole, anche quelle della narrazione fuori campo. Un vero regalo per tutti noi. Che il Comune farebbe bene, con altri enti a supporto, a farlo proprio, per accompagnare la mostra delle opere di Miglietta, che mi augurio sia presto promosso nella nostra Città e poi, sempre sotto la sua egida, in giro per l’Italia e non solo. Intanto, partendo dalle nostre scuole, tutte, affinché i ragazzi riprendano ad affezionarsi all’idea che la Bellezza ci sia. Come la Luce. Sempre e ovunque. Perché se gli artisti la ritraggono la Bellezza non è morta. Non è sparita. Se si è nascosta, è solo perché vuole che venga cercata. Desiderata. Mostrata. Questo ci dice il maestro Salvatore quando usa le parole di monito del grande suo maestro, Giorgio Morandi. Queste:” non imbrattate delle tele se non avete intenzione di creare un punto, una virgola, che siano vostri. “ E lui, il nostro, ad aggiungervi:” oggi con l’arte, la pittura, la poesia…si scherza. Ma non bisogna scherzare con l’arte.” Che bello! Grazie Salvatore Miglietta, l’amico anche mio. Prezioso assai!

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner