di FRANCESCO IULIANO
Questa volta il premio è tutto suo. Nadia Paone, la giovane catanzarese, professionista del suono, ha ricevuto il premio ‘Federico Savina’, nella rassegna concorso ‘Le professioni del cinema’, inserita nel programma del ‘Festival del cinema - città di Spello’.
Nata e cresciuta nel quartiere di Gagliano, Nadia, ha lasciato giovanissima Catanzaro, e si è trasferita a Roma dove ha frequentato i corsi del Centro Sperimentale di Cinematografia, la più antica scuola italiana di insegnamento, ricerca e sperimentazione nel campo della cinematografia.
Nella sua breve carriera nel mondo del suono per il cinema, Nadia si è già presa qualche soddisfazione partecipando a lavori che hanno lasciato il segno nel mondo del cinema e della televisione italiana degli ultimi anni.
“Il professore Savina - ha raccontato Nadia - è stato una guida, una spalla, un confidente, un amico. Era sempre un passo indietro ma presente perchè non voleva che nello studio le persone pensassero che ero lì grazie a. Voleva che gli altri vedessero il mio talento e che tutto era stato guadagnato con bravura e sacrificio. Di lui ricordo quando mi lasciò un libro. Non mi fece chiamare. Passando dalla reception la ragazza mi disse che era passato un signore anziano e mi aveva lasciato questo. Corro fuori e riesco a raggiungerlo. Professore non ki ha fatto chiamare? Gli dissi. Lui, allontanandomi mi disse: vai, vai, vai. Io la mia vita l’ho fatta. Adesso tocca a te. In quel momento mi sono rattristata. E’ stata l’ultima volta che l’ho visto. Lì ho capito che lo aveva fatto per me.
Un giorno, a scuola ridisse: ‘io non ti devo insegnare questo mestiere perchè vedo che lo sai fare e pure bene, ma ti posso insegnare come stare in sala’. Mi ha dato tante chiavi per smussare il mio carattere ed essere quella che sono oggi.
La cosa bella che mi diceva era: noi due siamo due testardi io torinese e tu calabrese.
Di aneddoti ne avrei tanti da raccontare. Dalle registrazioni di piccole orchestre, alle serate al cinema e subito dopo l’Old wild west. Le gite e sopratutto le telefonate serali. Sembrava che avesse una telecamera perchè, ogni volta che usciva tardi mi chiamava e mi diceva “allora! Hai chiuso lo studio! Come va la vita? Tutto bene? Allo studio come va? E poi mi raccontava che aveva letto cose nuove e interessanti. Sino all’ultimo giorno è stato un uomo gentile, di cuore e curioso della tecnologia e delle cose belle. Mi mancherà anche se in ogni movimento di musica che faccio, lo sento vicino a me, in consolle”.
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